Bloodborne & Lovecraft

Marco Valle
Obaka79
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4 min readMar 14, 2024

Bloodborne è uno dei miei giochi preferiti in assoluto, per tantissimi motivi, non ultimo il suo continuo rimando alle opere di Lovecraft, vera e propria pietra miliare della letteratura horror del secolo scorso.

I punti di forza di Bloodborne, per chi ancora non conoscesse questo titolo, vera e propria “killer app” in esclusiva Playstation 4, non sono solo identificabili con il sistema di combattimento o con altre specifiche tecniche. La marcia in più del titolo è come riesce a sposare perfettamente le sue tematiche con il sistema di gioco.

Con uno stile comune ai suoi “cugini” della serie Dark Souls, la storia di background e gli innumerevoli dettagli che vanno a comporre la lore del gioco non viene mostrata e, soprattutto, spiegata in modo chiaro, ma va scoperta indagando in lungo e in largo per i livelli, facendo attenzione ai minimi dettagli e cercando di ricollegare i vari indizi tra di loro. Bloodborne ha però, tra le sue tante fonti di ispirazione, una che lo rende di per se molto particolare e che, per ricollegarci a quanto detto in apertura, non lo renderebbe adatto ad un ipotetico seguito. Vediamo come, e perché.

Bloodborne incomincia come un gioco di ambientazione Vittoriana. Il design dei personaggi, degli avversari e dei livelli ricorda moltissimo il film del 2004, Van Helsing. Da metà circa in poi, però, il tutto inizia a prendere una piega ben più strana. Con il progredire del gioco, la storia ricalca sempre più tematiche chiaramente ispirate all’immaginario orrorifico creato dallo scrittore statunitense H.P. Lovecraft, soprattutto per quanto riguarda il concetto di “Orrore Cosmico”.

Girovagando per Yharnam e per le altre locations del gioco, potremo osservare statue, leggere note e descrizioni di oggetti che alludono, in maniera più o meno marcata, all’esistenza di Esseri con un potere superiore, e inquietanti mire sulla città e i suoi abitanti. Il tema della mescolanza genetica e delle volontà di questi Esseri di procreare attraverso un “surrogato” umano, si fa sempre più preponderante man mano che si procede. Questo è il fine ultimo della religione nel gioco, religione che ha dato origine a numerose sette, ognuna impegnata, alla sua maniera, a entrare in contatto con questi misteriosi Esseri e avere l’onore di consegnare loro un nuovo Rinato.

Non ci vuole molto a paragonare I Grandi Esseri (così sono chiamate quelle creature in Bloodborne) con i Grandi Antichi, le mostruose divinità aliene degli scritti di Lovecraft! Come se non bastasse, l’aspetto tentacolare di alcuni mostri, la presenza di una dimensione onirica (il Sogno del Cacciatore) e il concetto di riuscire a “vedere realmente quello che sta dietro”, sono tutti elementi classici della letteratura Lovecraftiana. Non solo, ma anche lo stile descrittivo e narrativo, confuso, imperfetto e talvolta inaffidabile, è praticamente lo stesso, sia in Bloodborne che nelle storie del Solitario di Providence.

Le creazioni di Lovecraft sono molto popolari e i rimandi ad esse sono frequenti in molte altre opere, siano esse racconti, videogiochi, film o quant’altro. Parlando sempre di videogiochi, molti altri titoli si sono accontentati di metterci contro a creature prese dai racconti o ad essi ispirate e inserire nella trama, magari anche con notevoli forzature, il coinvolgimento di Esseri Superiori, senza tentare di integrare al meglio questi aspetti nelle meccaniche stesse del gioco. Prendiamo, ad esempio, Call of Cthulhu: Dark Corners of Earth (peraltro ispirato a uno dei miei racconti preferiti). Il gioco parte bene, con la giusta e coinvolgente atmosfera ma, non appena entrati in possesso di un’arma degna di quel nome, cominceremo a far fuoco su tutto quello che si muove, trasformando il gioco in un comune FPS con mostri lovecraftiani come avversari. Il giocatore non è più indifeso e non deve prestare cautela ad ogni passo. Se qualche schifezza mi sbarra la strada, io la polverizzo! In Bloodborne, come nei Souls, del resto, non puoi permetterti di fare così. La scritta rossa “SEI MORTO” attende inesorabile dietro ogni angolo, se non si usano le dovute cautele. E questo è molto in stile Lovecraft, che non ha mai fatto fare delle belle fini agli avventati.

Come accennato prima, la lore di Bloodborne va scoperta piano piano, non viene subito rivelata e molti passaggi, collegamenti e avvenimenti, potrebbero venir compresi solo dopo aver finito il gioco, magari anche più di una volta. Quello che diventeremo poi noi stessi, le decisioni da prendere e i comportamenti da tenere verso l’end game, contribuiscono a creare il vero senso di Orrore Cosmico, alieno, non tanto perché proveniente “da fuori” ma quanto perché poco comprensibile. Non voglio fare spoiler, nel caso qualcuno non lo avesse ancora giocato, ma dei tre finali possibili, soltanto uno potrebbe, vagamente, dare un senso a un possibile seguito. E comunque, dopo aver giocato e apprezzato questo terribile mondo di incubo, ci renderemo conto che la cosa è, nel bene o nel male (concetti oltretutto estremante labili) chiusa li. Un ipotetico Bloodborne 2, dunque, sarebbe a mio avviso una forzatura.

Prepariamoci dunque per nuove avventure, magari anche più stimolanti, consapevoli che la Notte della Caccia è ormai conclusa. E che non poteva esserci Caccia migliore!

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Marco Valle
Obaka79
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Scrivo di videogames, cultura pop e fatti insoliti. Faccio pure podcast e, nonostante giochi ai videogiochi dal 1987, non sono diventato un serial killer.