Bio-Design

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3 min readJun 1, 2018

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Ciclicità. Simbiosi. Tempo. I modelli naturali, differentemente dai modelli tecnologici che generano un rifiuto alla fine dei loro processi, prevedono un ciclo continuo che si autoalimenta, scandito da specifici tempi naturali. Le tecnologie qui analizzate si basano sull’integrazione dei sistemi biologici più semplici, come le microalghe, le spore batteriche e i funghi, con quelli legati all’architettura, al progresso tecnologico e al design, dando così vita a cicli simbiotici virtuosi.

Tecnologie con le microalghe

Le microalghe sono tra quei microrganismi capaci di catturare l’anidride carbonica attraverso la fotosintesi; dalla loro biomassa è possibile ottenere biocarburanti definiti “di terza generazione”. La possibilità di essere coltivate in sistemi chiusi, i fotobioreattori — applicabili su qualunque superficie, come le facciate degli edifici, o in luoghi aridi — le rende appetibili in questa congiuntura particolarmente delicata, dove la penuria di spazio e la crisi economica sono fattori considerevoli a cui trovare rimedio.

Come unica applicazione dei sistemi di coltivazione applicati all’edilizia esiste il BIQ house di Amburgo. Attraverso il sistema integrato di fotobioreattori applicati alla facciata, è possibile sia produrre microalghe, che svolgono il ruolo di biomassa, sia immagazzinare calore, mentre funzionalità aggiuntive come ombreggiatura dinamica, isolamento termico e riduzione del rumore gestiscono il comfort ambientale.

La biomassa e il calore generato dalla facciata vengono trasportate da un sistema a circuito chiuso verso un centro di gestione energetica dell’edificio, dove la biomassa e il calore vengono immagazzinati. La crescita della biomassa e il suo continuo rimescolamento modificano costantemente il colore della seconda pelle (dal giallo al verde al marrone), che si configura come una superficie architettonica in costante trasformazione.

Questa facciata dimostra una nuova versatilità dell’elemento architettonico, che in futuro sarà capace di assolvere a diverse funzioni, guadagnandosi un ruolo che va oltre l’essere un semplice rivestimento.

Tecnologie con le spore

Un team di scienziati della Columbia University sta sviluppando un modo di sfruttare la caratteristica delle spore batteriche di reagire all’umidità per produrre energia cinetica. Le spore batteriche, infatti, sono forme cellulari che si assicurano la sopravvivenza in condizioni ambientali estreme, ossia non compatibili con la vita della maggior parte dei microrganismi. Servendosi della loro capacità di aumentare di volume quando assorbono l’umidità, e di contrarsi quando la rilasciano nell’ambiente, è possibile inserirle in un processo virtuoso per la generazione di energia cinetica. Il prototipo proposto prevede l’utilizzo di milioni di spore, da circa un micron* di dimensione l’una, tenute assieme con una colla speciale e applicate su un nastro di plastica che reagisce ai cambiamenti di volume delle spore stesse. Più nastri imbevuti di spore funzionano come un unico muscolo artificiale, che risponde ai cambiamenti dell’umidità generando movimento capace di essere trasformato in energia. Per il momento, queste articolazioni sono state utilizzate per alimentare piccoli dispositivi, come macchine giocattolo, ma la loro potenzialità di reagire all’evaporazione fa ben sperare all’implementazione della tecnologia su più ampia scala.

Tecnologie con i funghi

Uno dei problemi maggiori della nostra società è che la maggior parte dei rifiuti non sono decomposti in tempi accettabili: ne è un esempio la plastica, che può impiegare f ino a 1000 anni per degradarsi. Ecco che molte attività di ricerca cercano di analizzare come far diventare i rifiuti un input per sviluppi futuri. Nel metabolismo naturale diverse sono le specie che si occupano di gestire i rifiuti, e tra queste, prime per rilevanza, troviamo i funghi. Una ricerca nel campo particolarmente interessante è quella sviluppata da Officinacorpuscoli, la quale ha analizzato come una specie di fungo, Phanerochart chrysosporium, sia capace di sintetizzare materiali tossici come la plastica. Nello specifico, fra la tecnologia, l’arte e la critica alla società, il progetto Continuous body, attraverso soluzioni di design provocatorie, affronta, assieme al problema dello smaltimento della plastica, anche la tendenza odierna di gettare via molto facilmente gli oggetti, senza porsi il problema di quale sia il loro inesorabile destino. Gli oggetti più comuni, come le classiche sedie di plastica, entrano nel metabolismo di questi organismi che li trasformano in materiale organico che può essere usato come fertilizzante naturale del terreno, capace di generare una nuova vita.

Di Olga Beatrice Carcassi

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