#164 © Mister Mourão

Lacuna — Conclusioni

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“Una lacuna, per quanto riguarda l’opera d’arte, è, fenomenologicamente, un’interruzione nel tessuto figurativo, come un’interruzione nel testo di un’opera trasmesso non integralmente. Ma quel che stacca la lacuna dell’opera d’arte dalla lacuna del testo, è che la lacuna dell’opera d’arte assume un’importanza a sé, come una figuratività negativa. La lacuna infatti avrà una conformazione, pur fortuita che sia, e potrà avere anche un colore, se sarà un’interruzione della sola materia come aspetto. Ad esempio se consisterà nella sola caduta della pellicola pittorica o del rivestimento marmoreo di un’architettura. In quanto tale con la conformazione (o anche col colore) che ostende a vista, s’inserisce nel tessuto figurativo come figura rispetto a un fondo, e istantaneamente fa recedere il tessuto figurativo a fondo da figura che è. Donde alla mutilazione dell’immagine si aggiunge una svalutazione intrinseca all’immagine per cui ne soffrono anche le parti intatte. Dall’avere intuito confusamente che qui è esposto in termini di gestalt-psychologie, derivò la prima soluzione empirica della “tinta neutra”, quando, cioè, si rifiutarono le integrazioni di fantasia e d’analogia. Con la tinta neutra si cercava di metterla in sordina con una tinta il più possibile priva di timbro. Il ripiego era onesto, ma empirico e insufficiente.

Fu facile infatti obbiettare che non esiste tinta neutra, che qualsiasi presunta tinta neutra in realtà veniva ad influenzare la distribuzione cromatica del dipinto, in cui ogni colore non vale per sé isolatamente ma per il contesto cromatico dove si trova inserito. La soluzione non poteva partirsi dalla scelta di un colore, ma dalla spazialità del dipinto, in quanto che nella retrocessione della pittura a fondo che veniva a determinare la lacuna, occorreva ottenere che fosse la lacuna a divenire -per la percezione- fondo alla pittura.

Non si trattava dunque di spegnere la lacuna o diluirne i margini, che era soluzione di tutte la peggiore, con cui si diluiva tutta la pittura superstite, ma occorreva scegliere, rispetto al contesto cromatico in cui la lacuna si inseriva, una tinta che non avanzasse ma retrocedesse, e, dove la statica del colore lo permetta, stabilire alla lacuna un livello più basso rispetto alla superficie del dipinto. A questo modo senza illudersi di abolire la lacuna, si ottiene che la lacuna non si proietta in avanti e non si inserisce nel contesto pittorico: simbolicamente rimane come lo spazio bianco del verso dove sia caduta la parola. La soluzione, invece, con cui si ricostituisce la continuità figurativa del contesto pittorico, soluzione che dovrà essere sempre riconoscibile a occhio nudo, si assimila alla parola o alle parole tra parentesi quadre, con cui la filologia letteraria propone di ricostituire la continuità di senso in un testo mutilo.

La probità e la convenienza alla percezione del metodo suggerisce allora soluzioni di volta in volta semplicissime ed adeguate, come la messa in evidenza della tela o del legno originario in una pittura, delle strutture murarie o dell’arriccio per un affresco, dell’ordito per un arazzo o un tappeto.”

Il lavoro fatto fin ora accenna ad alcuni aspetti del tema della lacuna nei campi di letteratura, pittura, arte e architettura. Il percorso è volto a strutturare un conciso background culturale che accompagni una riflessione sul tema della lacuna in urbanistica, riflessione inevitabile a fronte dei Terremoti del centro Italia del 2016, che hanno posto in auge, una volta ancora, la necessità dell’architettura italiana di confrontarsi con il tema della ricostruzione in ambiente storicizzato. Il nostro è infatti un Paese il cui carattere è fortemente determinato dalla stratificazione susseguitesi nei secoli, un tema tanto più delicato dove il patrimonio artistico-architettonico è profondamente radicato, al punto di essere assimilabile all’identità stessa dell’Italia.

Il problema, normalmente ricondotto ai casi di nuova edificazione, riguardante il comportamento che più si adegua alla comunicazione con il tessuto esistente, è adesso attuale nei termini della pianificazione urbanistica e la ri-costruzione nel caso degli eventi catastrofici.

Qual è il problema: il terremoto ha reso urgente e indispensabile recuperare gli edifici distrutti, ma con quale criterio? Nuova architettura? Costruzioni in stile? Edifici neutri? La questione è tanto più complicata perché non ci si può rifare al gusto o alla moda, ma, se da una parte è essenziale rispettare il carattere di un luogo, dall’altra è necessario distaccarsi dai modelli preesistenti, favorendo la capacità di ripresa ed evoluzione e la possibilità di ricominciare, cosa di cui tale evento genera i presupposti.

Le lezioni evidenziate, il breve excursus storico culturale della scuola del restauro e i casi studio di Gibellina, Siponto e New York si rivolgono all’esigenza di maturare una posizione coerente e condivisa che aiuti ad intraprendere la strada diretta alla soluzione di questi fenomeni.

Il principio che difendiamo è l’emancipazione dell’Architettura e dei progettisti da un atteggiamento sottomesso e remissivo, e la cultura di un intervento che disponga di un carattere adeguato e personale, consapevole delle esigenze che vanno recuperate come del genius loci, ma capace di proiettarsi verso un futuro ricostruito, un nuovo punto da cui partire.

È importante sottolineare che questa riflessione non intende affatto presentarsi come progressista e anti-nostalgica. La vera forza della cultura artistico-architettonica italiana sta proprio in questo sottilissimo punto, la capacità di maturare con l’educazione una sensibilità di intervenire con rispetto e consapevolezza del passato, che chi nasce, cresce e vive nella, ricca, e diversificata Italia è più portato a comprendere.

Col timore riverente per chi ci ha preceduti rischiamo di arrestarci o regredire, ma solo guardando verso il futuro diamo a noi e a chi ci sostituirà la capacità di ripartire e il coraggio di prendersene la responsabilità.

Bibliografia: C Brandi, Teoria del Restauro, Electa: 1977

Testo conclusivo del primo numero della rivista di 120g, online qui.

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