La bellezza è l’antidoto alla passività

14 ottobre 2016

Lorenzo Spallino
2012/2017
Published in
2 min readFeb 10, 2017

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Al termine di un piacevole pomeriggio presso l’Ordine degli Architetti di Como, sul tema dello spazio pubblico, ho ieri concluso un breve excursus su cinque anni di urbanistica in questa città ricordando ai presenti le parole con cui Leonardo Benevolo chiude “La città nella storia d’Europa”.

Ossia che la città pre-industriale, con la sua permeabilità fra spazi pubblici e privati attraverso il filtro delle facciate, era strumento di distribuzione e fruizione dei beni culturali, e che oggi gli stessi beni, infinitamente riprodotti sotto forma di immagini, sono affidati alla passività dei loro fruitori nella misura in cui vengono sottratti all’esperienza contemplativa, inserita come sollievo della vita quotidiana negli appositi intervalli di tempo libero.

La città è l’alternativa reale a questi meccanismi, consentendo l’accumulazione della bellezza attraverso la frequentazione degli spazi pubblici in un ampio intervallo di tempo mentre si abita, si lavora, si circola.

La bellezza resa nelle forme dello spazio pubblico assolve a questo compito.

Nonostante qualcuno minacci che in caso di vittoria elettorale provvederà a “coprire le due pozze gasate e farci passare i bus”, sono ragionevolmente certo che piazza Grimoldi non tornerà più come prima.

Perché il successo è dato dal poter percepire l’intorno come opera dell’uomo in cui si può entrare e vivere le singole opere come elementi costitutivi di un ambiente, non solo come immagini vaganti.

Come in piazza Volta ci si approccia un forma colloquiale e aperta, così piazza Grimoldi induce a toni di voce più bassi e atteggiamenti riflessivi: nella misura in cui restituiscono ai cittadini spazi vivi, entrambe assolvono il compito che è stato loro affidato.

Ci saranno altri amministratori, non ci sarà un’altra città.

Abbiamo molti altri spazi di scoprire: agli architetti il compito di suggerire le nuove forme.

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