La città è la condizione della famiglia e dell’uomo

9 agosto 2016

Lorenzo Spallino
2012/2017
Published in
2 min readFeb 10, 2017

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Questo post non è scritto per chi ritiene che alla stazione di San Giovanni, a Como, e nei giardini adiacenti ci sia una situazione di illegalità da sanare. Questo post non è nemmeno scritto per chi ritiene invece che di illegale ci siano solo le frontiere. Neppure è scritto per quelli che ritengono sufficiente annotare che la situazione è sotto controllo. O per chi ritiene che si tratti di un problema locale. Ciascuno di loro resta legittimamente fermo nelle sue convinzioni. Questo post è scritto per chi, di passaggio alla stazione o recatosi a Sant’Eusebio, ha come prima sensazione quella di avere a che fare non con migranti, profughi o clandestini, ma con delle persone. Devono essere in molti, perché in molti si sono mobilitati e in molti hanno dato la loro disponibilità. Non urlano, non insultano, non gridano, non accusano sui social o sui giornali. Nemmeno invocano incontri e tavoli. Semplicemente si danno disponibili. Usano i social per dare un segno di presenza, ma poi sono presenti fisicamente. In tanti modi, in tutti i modi diversi in cui possono rendersi utili. C’è il gruppo su Fb della mensa di Sant’Eusebio, c’è la parrocchia di Rebbio con don Giusto Della Valle, c’è la Caritas di Como con Roberto Bernasconi, c’è la Croce Rossa Italiana, ci sono i medici e gli infermieri volontari, c’è, attivo su Fb, WelCom — Osservatorio Migranti Como e ci sono molte altre sigle (le trovate qui). Ma dietro alle sigle ci sono le persone, il loro senso di appartenenza ad una comunità. Nessuna sigla, per quanto potente, apre il cuore delle persone. Altri si occuperanno di ripristinare la legalità. Altri utilizzeranno il potere che hanno per creare un corridoio umanitario attraverso la Svizzera, se questa è la soluzione. Nel frattempo, in molti hanno scelto di testimoniare la partecipazione alla vita di questa comunità attraverso il coraggio dell’umanità.

La città è la condizione della famiglia e dell’uomo singolo. Se infatti ognuno non basta a se stesso, sarà rispetto alla città nella stessa condizione della parte col tutto. Chi non è adatto a partecipare alla vita cittadina, o non ne ha bisogno, non può nemmeno dirsi propriamente un uomo, ma piuttosto una bestia o un dio (*).

* Aristotele, Politica, I, 1252a ‐ 1253a

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