Terragni nel ricordo di Mario Radice

1 aprile 2017

Lorenzo Spallino
2012/2017

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Così era Terragni: un contestatore, si direbbe oggi, ma non a parole. La contestazione è nelle sue opere più significative. Alcune sono ancora vive come se fossero fatte oggi” (Mario Radice).

Nei giorni in cui si parla della Casa del Fascio come Museo del Razionalismo, vale la pena rileggere l’affresco straordinario che Mario Radice dipinse in occasione del convegno “L’eredità di Terragni e lo sviluppo dell’architettura italiana 1943–1968”, tenutosi a Villa Olmo il 14/15 settembre 1968.

Nell’originale dattiloscritto che inviò a mio padre in vista del convegno, Radice si disse “Pitt.”, ossia pittore, la rivendicazione orgogliosa di chi sapeva di aver avuto il privilegio di aver partecipato a un momento altissimo dell’arte italiana vestendo male, cenando nelle latterie a prezzo fisso, vivendo nel vuoto pneumatico della critica e nell’ostilità della società di allora, pensando a una sola cosa: l’arte.

Celebrare non vuol dire dimenticare, e celebreremmo degnamente il contestatore Terragni soltanto rompendo una volta di più gli schemi, non rifugiandoci nel rassicurante abbraccio del ricordo.

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