Antonio Spallino e suo padre, il senatore Lorenzo Spallino.

25 Aprile 1955

Lorenzo Spallino
2017/2022

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“Si può scrivere e dire molto intorno alla Resistenza. Ma ogni scritto o esaltazione impallidisce e si scolora quando si leggono le lettere di quanti, intimamente e profondamente sicuri che un giorno — non importava se prossimo o lontano — l’Italia avrebbe rovesciato la tirannide e scacciato l’oppressore, pagarono con la vita l’attaccamento a questa nobile certezza.

Si va cercando il significato della Resistenza. Ma forse il significato della Resistenza, più e meglio di quanto non si ritrovi negli scritti dei politici, degli storici, dei militari, sta nelle parole che Franco Balbis — un giovane ufficiale torinese combattente di Ain el Gazala, di El Alamein, in Croazia e, subito dopo 1'8 settembre, del movimento clandestino dell’Alta Italia — condannato a morte nell’aprile 1944 dal Tribunale speciale, scriveva al padre:

Non avrei mai creduto che fosse così facile morire. Davanti alla mia ultima ora mi sento sereno e tranquillo. La divina Provvidenza non ha concesso che io offrissi all’Italia sui campi d’Africa quella vita che ho dedicata alla Patria. Iddio mi permette oggi di dare l’olocausto supremo di tutto me stesso all’Italia nostra ed io ne sono lieto, orgoglioso, felice. Possa il mio sangue servire per ricostruire l’unità italiana e per riportare la nostra terra ad essere onorata e stimata nel mondo intero.

Prego i miei di non voler portare il lutto per la mia morte: quando si è dato un figlio alla Patria, comunque esso venga offerto, non lo si deve ricordare con il segno della sventura. Possa il mio grido di viva l’Italia libera sovrastare e smorzare il crepitio dei moschetti che mi daranno la morte, per il bene e per l’avvenire della nostra Patria e della nostra bandiera per le quali muoio felice!

Con eguale nobiltà il sacerdote don Aldo Mei di Monsagrati (Lucca) fucilato il 4 agosto 1944: Muoio travolto dalla tenebrosa bufera dell’odio, io che non ho voluto vivere che per l’amore: Deus charitas est e Dio non muore. Muoio pregando per quelli che mi uccidono.

Bisogna leggere queste ed altre lettere per avere indelebilmente luminoso il concetto di ciò che ha significato e significa la Resistenza, che giganteggia nel tempo, esaltandone l’Idea, la sete di giustizia, l’amore alla libertà, la difesa della umanità, la devozione alla Patria.

Resistenza non significa soltanto contributo al movimento di Liberazione, ma significa, soprattutto, attacco, volontà di sgretolamento del fascismo e del suo correo, l’hitlerismo. E fu resistenza di vecchi e di giovani, di militari e di sacerdoti, di donne e di ragazzi. A 10 anni di distanza dalla Liberazione, questa volontà deve consacrarsi col punto primo d’una conquista di tutto un popolo senza distinzione di classe. Gli italiani, anche se divisi politicamente e ideologicamente, troverebbero immediatamente la loro unità per la difesa della democrazia e della Repubblica, il giorno in cui una minaccia diventasse evidente ed effettiva. L’Italia, restituita a sé stessa, deve restare Italia democratica, pacifica, datrice di lavoro e di benessere.

Qualcuno vuole e stampa che il 25 aprile non debba celebrarsi in nome di una curiosa pacificazione. È un errore. I vinti, gli sconfitti, devono impararne la lezione. Può darsi che nella esasperazione degli animi nelle giornate dell’aprile ’45 qualche eccesso sia stato commesso. Ma ricordarsi per un momento solo di quanti eccessi e quanto sangue di italiani innocenti fu versato in tanti anni di fascismo, da Matteotti al tragico Tribunale di Verona, e dopo, dopo ancora! Bisogna accettare, ai fini di una vera pacificazione generale, il 25 aprile. Accettarlo e rispettarlo.

La sua esaltazione non ha bisogno di cippi marmorei o di bronzei ricordi. Ha bisogno di manifestarsi in opere concrete. di essere vissuta ogni giorno, di essere ricordata ogni ora, fatta nota alle nuove generazioni e immortalata. Deve diventare materia di amoroso studio nelle scuole.

Io ricordo che nella seduta del 1° febbraio 1952, il primo Senato della Repubblica, su proposta dell’on. Conti, all’unanimità approvò un articolo aggiuntivo alla legge 20 giugno 1952, n. 645 che obbligava la Presidenza del Consiglio a bandire dei concorsi per la compilazione di cronache dell’azione fascista, con l’intento di informazione obiettiva di tutti i cittadini — e particolarmente dei giovani delle scuole — per i quali dovevano compilarsi apposite pubblicazioni. Ricordo ciò per rammaricarmi che il voto del Senato non sia stato adempiuto, e per esortare, a chi spetta, di compierlo.

Il Risorgimento non finì con la guerra nel 1918: il Risorgimento si concluse al 25 aprile 1945. Abbiamo bisogno, quindi, di storia e di opere quasi quotidiane. E abbiamo bisogno di unità, che per noi è quanto dire Italia e Italia.

Libertà e giustizia, per l’Italia e per tutti: tutti gli italiani.”

Sen. Lorenzo Spallino, 25 aprile 1955

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