Blues dei rifugiati
12 agosto 2022
Poniamo che in questa città vi siano dieci milioni di anime,
c’è chi abita in palazzi, c’è chi abita in tuguri:
Ma per noi non c’è posto, mia cara, ma per noi non c’è posto.
Avevamo una volta un Paese e lo trovavamo bello,
Tu guarda nell’atlante e lì lo troverai:
Non ci possiamo più andare, mia cara, non ci possiamo più andare.
Nel cimitero del villaggio si leva un vecchio tasso,
A ogni primavera s’ingemma di nuovo:
I vecchi passaporti non possono farlo, mia cara, i vecchi passaporti non possono farlo.
Il console batté il pugno sul tavolo e disse:
“Se non avete un passaporto voi siete ufficialmente morti”:
Ma noi siamo ancora vivi, mia cara, ma noi siamo ancora vivi.
Mi presentai a un comitato: mi offrirono una sedia;
Cortesemente m’invitarono a ritornare l’anno venturo:
Ma oggi dove andremo, mia cara, ma oggi dove andremo?
Capitati a un pubblico comizio, il presidente s’alzò in piedi e disse:
“Se li lasciamo entrare, ci ruberanno il pane quotidiano”:
Parlava di te e di me, mia cara, parlava di te e di me.
Mi parve di udire il tuono rombare nel cielo;
Era Hitler su tutta l’Europa, e diceva: “Devono morire”;
Ahimè, pensava a noi, mia cara, ahimè, pensava a noi.
Vidi un barbone, e aveva il giubbino assicurato con un fermaglio,
Vidi aprire una porta e un gatto entrarvi dentro:
Ma non erano ebrei tedeschi, mia cara, ma non erano ebrei tedeschi.
Scesi al porto e mi fermai sulla banchina,
Vidi i pesci nuotare in libertà:
A soli tre metri di distanza, mia cara, a soli tre metri di distanza.
Attraversai un bosco, vidi gli uccelli tra gli alberi,
Non sapevano di politica e cantavano a gola spiegata:
Non erano la razza umana, mia cara, non erano la razza umana.
Vidi in sogno un palazzo di mille piani,
Mille finestre e mille porte;
Non una di esse era nostra, mia cara, non una di esse era nostra.
Mi trovai in una vasta pianura sotto il cader della neve;
Diecimila soldati marciavano su e giù:
Cercavano te e me, mia cara, cercavano te e me.
Da Un altro tempo, di W.H. Auden, a cura di Nicola Gardini, Biblioteca Adelphi, 1997.
“Refugee Blues” è una poesia di Wystan Hugh Auden, poeta, drammaturgo e librettista inglese naturalizzato statunitense (York 1907 — Vienna 1973), tra le massime personalità della poesia in lingua inglese del Novecento. Scritta nel 1939 , “Refugee Blues” descrive la condizione dei rifugiati ebrei dalla Germania nazista negli anni che precedettero la seconda guerra mondiale. Auden, omosessuale, nel 1935 sposò Erika Mann, figlia di Thomas Mann, al solo scopo di permetterle l’espatrio dalla Germania nazista, che le aveva annullato la cittadinanza.
I commenti sono presi dal post Migranti e Barbagia, Rapinese ospite di La7: “Noi sindaci esasperati, qui almeno l’80% dei richiedenti asilo non è in fuga dalla guerra”, pubblicato sulla pagina FB di ComoZero.