I miei 2¢ a proposito della Ticosa
23 luglio 2018
Siccome me lo state chiedendo un po’ da tutte le parti e non è bello dirlo a cose fatte, ecco quello che penso a proposito della transazione Comune di Como — Multi, che pensavo fosse cosa fatta e che invece ha trovato qualche (superabilissimo) ostacolo.
- Sono il primo ad essere favorevole e felice di un accordo tra Comune di Como e Multi che liberi entrambi dagli impegni presi. La strada della transazione definitiva (trovo poco elegante l’espressione ^tombale^ ma è un problema mio) è quella a suo tempo avviata con il nuovo legale di Multi, che oggi viene riproposta. Cosa che, ovviamente, mi fa piacere. I miei auguri e complimenti, dunque, all’assessore che ha voluto coltivarla.
- Siccome il diritto amministrativo è, piaccia o meno, ancora un diritto di procedure e non ancora un diritto di risultati, il percorso è parte della soluzione. Ai tempi avevamo immaginato un percorso così composto: approvazione in Giunta dei termini della transazione attraverso un testo da inviare al Consiglio comunale, approvazione del testo da parte Consiglio comunale, sottoscrizione dell’atto transattivo, revoca delle delibere relative al Programma Integrato di Intervento. Quello che è stato proposto è decisamente diverso: il Consiglio prende atto della proposta di Multi, la approva e insieme revoca le delibere urbanistiche a suo tempo assunte. Alla luce delle modifiche proposte in aula, l’atto in discussione non prevede più la revoca ma la semplice presa d’atto della inefficacia delle delibere CC n. 7/2005, 22/2005 e 35/2010 assunte in forza della accettazione della proposta di Multi.
- In primo luogo ho molti dubbi che il Consiglio debba limitarsi ad accettare una proposta transattiva senza dare il proprio benestare all’atto che concretizza l’accordo. Non fosse altro perché aveva approvato la bozza di convenzione urbanistica e forse anche il preliminare che il TAR aveva ritenuto valido (Ticosa, il Comune vince al Tar. «Il contratto con Multi resta valido» : Il Corriere di Como, 17 settembre 2011).
- In secondo luogo, un conto è la revoca e un conto la presa d’atto della inefficacia delle delibere assunte. Nella prima l’atto scompare, nella seconda l’atto rimane, pur inefficace. La prima deve essere motivata con riferimento ai sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell’adozione del provvedimento o, salvo che per i provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario. La seconda no. E temo che il motivo per il quale qualcuno abbia pensato di suggerire all’assessore di cambiare il testo della delibera in questo senso stia nel fatto che la bozza di delibera non aveva motivazioni pubblicistiche, nonostante si citassero le norme che regolano la revoca e ne impongono la motivazione.
- In terzo luogo. Quando dicemmo, con mio grande dispiacere, no alla proposta di Multi fu sulla scorta di un articolato parere del segretario Generale il quale, tirando le fila delle riunioni svolte tra tutti gli uffici coinvolti (praticamente quasi tutti) in quei giorni particolarmente convulsi, oppose che il Comune vantava somme maggiori rispetto a quelle cui rinunciava Multi (delibera e parere sono qui). Io non so se sia così, nel senso che non spettava a me stabilirlo, ma come allora gli uffici si assunsero la responsabilità di dire che i termini economici della proposta non erano idonei, oggi gli stessi uffici dovrebbero dire se i 450.000,00 cui Multi rinuncia (in uno con la risoluzione di un problema che tiene bloccati 50.000 mq in convalle) compensano quelle somme. È possibile, è ragionevole e forse è anche altamente probabile, ma da qualche parte andrebbe detto.
- In quarto luogo. Un scrittura transattiva può incidere su un atto di competenza del Consiglio? Ossia: l’approvazione della proposta di Multi esime dal revocare le delibere del Programma Integrato di Intervento? Io non credo: funziona al contrario. Prima transo, poi revoco, motivando anche (ma non solo) con riferimento alla transazione.
Insomma. Come tutti posso sbagliare, ma non è perché il privato dichiara di non voler realizzare un accordo che l’accordo si scioglie, quanto perché la Pubblica Amministrazione ritiene che non sia più nell’interesse della comunità attuarlo. Sarà anche un problema di forma, ma la forma nel diritto amministrativo è sostanza. Nel nostro caso, è evidente che non ci sono più (se mai ci sono stati) i presupposti urbanistici per realizzare un intervento irrealizzabile e pesantissimo sotto il profilo dell’impronta urbana. Tanto che è stato il mercato stesso ad averlo rifiutato. Ma basta dirlo. Dopo di che, lo ripeto, sarò il primo a brindare quando l’accordo sarà risolto. E rinnovo i complimenti.