Palazzo Cernezzi, Comune di Como.

Trasparenza a Como. Una scelta politica.

La Provincia, ed. Como, 25/06/2023

Lorenzo Spallino
2017/2022
Published in
4 min readJun 25, 2023

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Poco tempo fa questo giornale è ritornato sul tema della difficoltà di accesso ai documenti del Comune di Como attraverso il portale istituzionale: trascorsi quindici giorni dalla pubblicazione all’albo pretorio gli atti sono rimossi e si è costretti a inoltrare istanza di accesso.

Sindaco e presidente del Consiglio comunale hanno da un lato affermato di non comprendere “la richiesta di dare in consultazione gli atti per soli quindici giorni” e dall’altro esserci “un problema di tutela della riservatezza”. La questione non è nuova, essendo stata trattata dalla precedente amministrazione nel 2022 in risposta a un quesito dell’attuale presidente del consiglio comunale, quando questi, dalla minoranza, chiedeva conto delle ragioni dell’oscuramento. La risposta del primo cittadino, dr. Landriscina, fu che era prossimo il passaggio ad un applicativo che avrebbe permesso di identificare le informazioni personali da omettere, consentendo così la pubblicazione oltre i quindici giorni. Che è quello che accade di prassi.

Sarebbe facile ricordare le posizioni assunte dagli attuali esponenti della maggioranza sul tema della trasparenza quando erano consiglieri d’opposizione, ma si formulerebbe un giudizio che spetta agli elettori. Più complesso può essere cercare di comprendere perché nessuna delle giustificazioni addotte oggi a sostegno della mancata pubblicazione ha fondamento e perchè la mancanza di trasparenza è una scelta della politica, non un’imposizione di legge.

Sostiene il presidente del Consiglio comunale che la pubblicazione degli atti deve avere un termine per ragioni di tutela della privacy, che non è possibile lasciare gli atti alla libera consultazione per sempre e che il soggetto incaricato della privacy dal Comune di Como avrebbe richiamato l’amministrazione sul punto. È lecito dubitare di ciascuna queste affermazioni.

Non è vero, infatti, che la pubblicazione degli atti è impedita da ragioni di tutela della privacy. È vero che le linee guida del Garante per la Protezione dei Dati Personali escludono dal principio generale della trasparenza delle pubbliche amministrazioni la pubblicazione dei “dati personali” contenuti negli atti pubblicati: sono i dati che non possono essere diffusi, non gli atti. Questi possono essere pubblicati senza alcun problema una volta oscurati i dati in questione. Nemmeno è vero che non è possibile lasciare gli atti alla libera consultazione senza una limitazione temporale: il periodo di mantenimento di dati, informazioni e documenti di cui è obbligatoria la pubblicazione è quello di cinque anni di cui al D.Lgs. n. 88/2013 e comunque sino a quando producono effetti. Si tratta di un periodo minimo, non massimo. Sostiene infine il presidente del Consiglio comunale che l’attuale politica sulla privacy dell’amministrazione sarebbe il frutto delle indicazioni del soggetto incaricato del trattamento dei dati personali (Dpo). Questo parere non è rintracciabile nella pagina dedicata del portale del Comune di Como. Vale la pena ricordare che nelle pubbliche amministrazioni la regola è quella per la quale non esiste documento che non rivesta la forma fisica. Se il documento esiste, va reso pubblico.

Sorge spontanea la domanda: cosa succede altrove? A Milano, trascorsi i termini di pubblicazione all’albo pretorio, il cittadino può trovare delibere di Giunta, Consiglio e Municipio nell’Archivio Delibere dove rimangono per cinque anni, sia che si tratti atti di cui la pubblicazione è obbligatoria sia di atti resi accessibili per scelta dell’amministrazione. I cugini di Lecco rendono disponibili le deliberazioni di Consiglio e Giunta tramite due archivi distinti: fino all’11 giugno 2018, partendo dal 2008, e dal 2018 in poi. Ancora meglio fanno i varesini: il Comune di Varese pubblica le delibere sino al 2003. Prima di allora sono comunque disponibili gli estremi e l’oggetto. Spostandoci in Valtellina, il Comune di Sondrio ha due archivi storici online: uno per gli atti sino al dicembre 2021 e uno dall’ottobre 2021. L’anno di partenza è il 2006.

In conclusione: nel 2013 il legislatore ha ridefinito, ampliandoli, i confini della trasparenza, definita come «accessibilità totale dei dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, allo scopo di tutelare i diritti dei cittadini, promuovere la partecipazione degli interessati all’attività amministrativa e favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche» (Dlgs. 33/2013, art. 1). A dieci anni di distanza è imbarazzante che un comune capoluogo oscuri tutto ciò che eccede i quindici giorni di pubblicazione all’albo pretorio trincerandosi dietro la tutela della privacy. Ci sono risorse, ci sono addetti, quello che manca è la volontà: se non si vuole procedere alla verifica dei dati che impediscono la pubblicazione degli atti, allora la scelta di non abbracciare la trasparenza è tutta della politica.

La Provincia 25/06/2023

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