Il cacciatore di bufale

Intervista a Paolo Attivissimo, giornalista informatico, divulgatore e studioso di bufale nel Web

AISM onlus
7 min readApr 21, 2016

Il diritto all’informazione è strettamente collegato alla sfera della libertà personale e alla capacità di autodeterminazione e ha — rispetto alla salute — un ruolo fondamentale. Per questo abbiamo incontrato Paolo Attivissimo: per parlare con lui di internet, dei social network, delle notevoli opportunità che la rete offre e di come possiamo imparare a difenderci e a tutelarci dalle false informazioni, dalle bufale, dalle truffe.

Negli anni, c’è stato chi ha pensato di curare la sclerosi multipla con il veleno per api, chi con la camera iperbarica, chi con opache cellule staminali somministrate in improbabili viaggi della speranza, chi con rimedi miracolistici che hanno fatto alzare dalla carrozzina persone paralizzate da lunghi anni. Alla fine, nessuna di quelle soluzioni ha funzionato davvero.

Perché ci caschiamo?
Credo che sia soprattutto una questione di emotività: le bufale che circolano speculano tantissimo sulle nostre emozioni, lavorano sulle paure, sui sentimenti negativi, come l’invidia, il risentimento, il razzismo, la paura del diverso, l’avidità, la curiosità di ficcare il naso nella vita degli altri. Quando dunque c’è di mezzo un tema emotivamente molto forte, come la salute, le difese razionali si abbassano. Tutti siamo tentati di trovare soluzioni semplici a problemi difficili, anche quando non sono soluzioni reali. A maggior ragione quando una persona le ha provate tutte senza trovare una soluzione alla propria malattia.

Come funziona questo meccanismo a perdere?
Arriva qualcuno a dirci che per curare una malattia terribile, che sinora la scienza non ha saputo debellare, basterà farsi due iniezioni di bicarbonato. E poi c’è la testimonianza, il video di quelli che si sono fatti curare con quel metodo e stanno bene. Poi arriva qualche televisione e parte la grancassa mediatica. E noi siamo portati a cascarci. Invece, dobbiamo sempre conservare un sano spirito critico e domandarci: è vero davvero? Quali implicazioni dovrebbero venirne, se questa prospettiva fosse vera? Non dovremmo avere le cliniche piene di medici che somministrano quella cura? E se questo non succede, qual è il motivo? C’è un complotto delle grandi case farmaceutiche o di chi ha interesse a boicottare quella cura salvifica? O semplicemente non esiste nessuna conferma risolutiva sull’efficacia e sulla sicurezza di quel metodo, che rischia invece di essere tragicamente assassino? Spesso la storia ci ha mostrato che era valida l’ultima ipotesi di risposta.

Quindi, come ci difendiamo?
Dobbiamo diffidare delle soluzioni semplici. Da quelle che sono troppo belle per essere vere. Da quelle che aderiscono troppo perfettamente ai nostri pregiudizi, ai nostri preconcetti, alle nostre paure. Dobbiamo stare attenti al sensazionalismo, diffidare del titolone che annuncia: ‘trovata la cura per quella malattia’ quando invece è quasi sempre solo un piccolo passo avanti che ne chiederà tanti altri. Dobbiamo dubitare di chi dice di essere stato boicottato dal sistema, bloccato dai poteri forti, dai grandi interessi dell’industria. È vero, ci sono le speculazioni anche in campo biomedico, ma questo non vuol dire che di fronte a una vera terapia tutti i medici del mondo magicamente diventerebbero omertosi in ossequio a un diktat di una o più case farmaceutiche. Se una terapia è vera, emerge. Noi sinora non abbiamo trovato purtroppo soluzioni sufficientemente semplici, tra le bufale che circolano, e soprattutto non abbiamo soluzioni che funzionino.

Se volessimo darci un decalogo per scoprire le bufale in Internet, quale sarebbe il primo comandamento?
Non dobbiamo fare circolare nessuna informazione che non abbia solide verifiche. Neanche tra i nostri contatti in Facebook: la calunnia fa male, l’allarmismo infondato crea ansie, terrori e danni anche economici a tanti.

Il secondo?
In Internet ci sono siti di diversa autorevolezza e attendibilità: dobbiamo sapere dove controllare le informazioni, imparare a scegliere bene le fonti. Nel campo della salute , in particolare, il comandamento fondamentale è sentire gli esperti in ogni specifica branca della medicina. Soprattutto bisogna leggere cosa dicono le riviste specialistiche: oggi Google consente l’accesso a tantissime riviste mediche. Purtroppo magari non tutti sono pronti a leggere il gergo tecnico di una rivista medica; ma ci sono tanti siti, come il vostro, che si occupano di fare una divulgazione della medicina che sia insieme seria e accessibile a tutti.

E se uno volesse indagare in prima persona su notizie che trova strane?
Per esempio, conviene cercare sempre su Google o su un motore di ricerca le parole chiave del messaggio che si trova in un certo appello, se temiamo possa nascondere una truffa. Lo stesso vale per le immagini: oggi con il ritocco elettronico è facilissimo trovare immagini inverosimili che sembrano autentiche. Anche in questo caso Google permette facilmente di cercare immagini simili a una fotografia qualsiasi. Se si tratta di un fotomontaggio, spesso esce dalla ricerca l’immagine originale che è stata taroccata. Di recente in questo modo ho smascherato la bufala di un’incredibile affissione in Sud Africa secondo cui gli africani emigrati potrebbero stuprare le donne bianche senza essere puniti. Invece quell’affissione è il fotomontaggio di un avviso di Medici Senza Frontiere che invita le donne a chiedere cure gratuite in caso di stupro in Liberia.

Per contribuire a smascherare sistematicamente le bufale, oltre al suo blog, lei chi segnalerebbe?
Ci sono molti siti antibufala, in diverse lingue. Per l’italiano, oltre al mio (antibufala.info), segnalo ‘bufale un tanto al chilo’ o anche ‘bufale.net’. Nel campo della salute, vale la pena ricordare ‘Medbunker’, gestito da Salvo Di Grazia, medico ginecologo serio e coscienzioso, che sfata alcuni miti del campo medico, sia nel campo della cosiddetta medicina alternativa sia in quello della medicina convenzionale

Lei è consulente per le TV tiene corsi su Internet, sicurezza informatica e diritti del cittadino nell’era digitale. Quali sono, a suo avviso, i più importanti diritti e anche i doveri di ogni cittadino in questa epoca?
Il primo diritto cui non dobbiamo rinunciare è quello di esprimere le nostre opinioni. Purtroppo, questi diritti attraverso i social network spesso vengono filtrati. Per limitarci a un esempio: le opinioni o i punti di vista sull’allattamento al seno, per esempio non sono discutibili liberamente, perché Facebook censura questi argomenti se osiamo illustrarli. Lo stesso vale per discussioni sulla religione o la politica.

Perché?
In generale, due servizi molto diffusi come Facebook e Whtasapp sono ambienti commerciali, servono a raccogliere informazioni sensibili sui nostri usi, costumi e comportamenti. Informazioni che vengono poi vendute a scopo commerciale. Sono servizi gratuiti perché noi non ne siamo i clienti, ma il prodotto. Dunque, non sono forse libere piazze virtuali su cui si può veramente discutere di tutto.

Sta dicendo che faremmo meglio a rinunciare a Facebook e Whatsapp?
Dico che dovremmo essere più attenti a conservarci spazi di privacy autentica. Non so quanti utenti di Whatsapp sanno che due volte al giorno la loro rubrica completa, viene mandata in California da Facebook, che la analizza per fare le correlazioni per tutte le sue attività. Se dunque un amico, un confidente, un paziente, un cliente ci affida il suo numero di telefono privato chiedendoci di non darlo a nessuno e noi siamo iscritti a Whatsapp, tradiamo la sua fiducia anche senza volerlo. Quando ci offrono un prodotto, un servizio, un dispositivo, soprattutto se è gratuito, conviene sempre chiedersi che informazioni raccoglie su di noi, e cosa viene fatto con quelle informazioni.

Quali sono invece le conquiste irrinunciabili che internet ha portato per tutti?
Il punto di forza dei nuovi media è la possibilità che tutti hanno oggi di comunicare a un pubblico immenso. Abbiamo avuto una democratizzazione della comunicazione. Per fare sapere qualcosa o per sapere qualcosa non è più necessario passare per la selezione operata da un editore, da un’agenzia informativa, una redazione di giornale. Per fare sentire la nostra voce non è più necessario che ci sia qualcuno che metta soldi per acquistare una rotativa o per produrre una trasmissione. Ma, se posso continuare a mettere in guardia, questo lo snodo di criticità: tantissimi di coloro che sono attivi in rete non sono abituati a comunicare in pubblico e non si rendono conto che avere un grande potere comporta anche grandi responsabilità. Oggi tutti parlano a costo zero. E quando tutti parlano, purtroppo, parlano anche gli incompetenti, gli speculatori, i corrotti Dobbiamo trovare gli strumenti per filtrare questo rumore perenne e indistinto nel quale rischiamo tutti di smarrirci.

A proposito di trovare la strada giusta per la novità, lei ha intervistato nel 2009 Buzz Aldrin, uno dei due primi uomini a mettere piede sulla luna. Qual è, a suo avviso, la prossima luna su cui arriveremo a mettere piede, la prossima conquista dell’uomo che riscriverà un po’ la storia e le aspirazioni di tutti noi?
Probabilmente avremo grandissime conquiste in campo biologico. Da quello che vedo nella comunicazione scientifica siamo vicini a una vera rivoluzione nel campo della gestione della medicina: da una medicina che usa rimedi che funzionano genericamente passeremo presto a una medicina fatta su misura, a una personalizzazione delle terapie: credo che la biologia ci riservi sorprese straordinarie e spero che siano tutte positive. Nessuna bufala.

foto Antonio Sofi

Nato a York (Regno Unito) nel 1963, Paolo Attivissimo risiede e lavora nella sua casa di Lugano, dove abita con «moglie, tre figli, un numero variabile di gatti e troppi computer». Nel 2006 il suo blog Il Disinformatico si è classificato fra i dieci blog di lingua italiana più influenti e ha vinto tre volte il premio Macchianera (2008, 2009 e 2013) per il miglior blog tecnico-divulgativo di lingua italiana. Tra i suoi libri, ricordiamo: “Facebook e Twitter: manuale di autodifesa” (lulu.com)

Sullo stesso tema abbiamo pubblicato recentemente un’intervista a Roberto Furlan, neurologo dell’Istituto di Neurologia Sperimentale del San Raffaele di Milano; su SM italia 2/2016, il bimestrale dell’Associazione, trovi un’intervista a Enrico Bucci, autore di “Cattivi Scienziati”.

A cura di Giuseppe Gazzola

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Associazione Italiana Sclerosi Multipla. Diritti, persone, ricerca, per un mondo libero dalla sclerosi multipla.