Quando il capo è uno stronzo e quello stronzo sei tu.

Anna Turcato
4 min readFeb 7, 2016

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Quando ho letto questo post di Domitilla Ferrari sui cattivi capi un po’ ho riso e un po’ mi è venuta la nostalgia.

Sì nostalgia per i cattivi capi.

Quelli che ti raccontano che non lavano i jeans da un anno perché farebbe male al tessuto.

Quelli che sono innamorati senza speranza del capo sopra di loro e si sono tatuati welcome in fronte, accettando qualsiasi richiesta (e costringono anche te a fare altrettanto).

Quelli che portano il loro cane in ufficio e ti chiedono di pulire i bisognini.

Quelli che quando torni dal bagno ti domandano come mai ci hai messo tanto.

Quelli che ti chiamano alle 23 ricordandoti le cose da fare il giorno dopo.

Quelli che se devi uscire in orario di lavoro ti chiedono “esci presto oggi?”

Che fanno il paio con quelli che sei fai qualche errore ti chiedono “hai litigato con il moroso e per questo sei distratta?”

Nostalgia di questi capi su cui potevo sfogare le mie frustrazioni, che potevo criticare, prendere in giro, a volte incolpare della mia infelicità lavorativa e soprattutto dimenticare durante il week end.

Da quando ho lasciato l’azienda, anche per non aver più a che fare con questi capi, e sono diventata freelance, il capo sono io

E sono il peggior capo che io abbia mai avuto.

Mi costringo a lavorare anche 15 ore al giorno.

Non mi concedo benefit.

Non vedo di buon occhio quando faccio pause, anche per il pranzo.

Impongo di mettere da parte la vita privata e chiedo di trascurare gli affetti, a fronte dell’impegno lavorativo.

Pretendo sempre il massimo e la perfezione.

Non perdono gli errori.

Insomma sono proprio una stronza.

E la cosa peggiore è che sono obbligata a frequentarmi sempre.

Come risolvere la situazione?

Io ho pensato a due soluzioni che ho deciso di mettere in atto da oggi:

1) timbrare il cartellino

Sembra paradossale lo so, chi diventa freelance lo fa anche per sentirsi libero dall’ essere soggetto ad un orario fisso.

Inoltre, a volte, la giornata di lavoro si svolge tra appuntamenti, treni e macchina e non sarebbe fisicamente possibile timbrare questo cartellino.

Dopo un po’ però la frase “preferisco lavorare alla sera alle 22 così la mattina sono libero/a di portare i miei figli a scuola e andare a lezione di yoga”.

Diventa: “oggi lavorerò tutto il giorno, dalla mattina fino a oltre le 22 per far fronte a tutte le incombenze che il fatto di lavorare da solo/a mi porta”.

Perché alla fine sei sempre tu che fai le consulenze, prepari e mandi i preventivi, scrivi i post, gestisci la newsletter, fai networking sui social, prepari i contratti, mandi le fatture, gestisci il sito, scrivi le sales pages, organizzi i corsi, tieni i corsi, compri i biglietti dei treni, prenoti gli hotel, sistemi pure la stampante se è rotta etc.

O diventa anche “alla mattina sono più libero/a e quindi ho fissato quella decina di skype call, mi sa che non potrò portare i bimbi a scuola e dovrò saltare yoga. Poi stasera alle 22 dovrò comunque lavorare che ho la newsletter da mandare”.

Quindi ho deciso di timbrare il cartellino: almeno per rendermi conto di quanto lavoro.

Che significa: segnare ogni giorno le ore lavorate e trarre delle conclusioni.

Perché, in ogni processo di cambiamento rendersi conto delle cose è il primo passo.

Un po’ quello che dico io ai miei clienti quando chiedo, per prima cosa, di interrogare il loro guardaroba e chiedere cosa dice di loro, della loro immagine e del loro approccio allo stile.

Cosa dicono di me tutte le ore che lavoro?

Che se ti impegni tanto i risultati arrivano, certo, ma forse anche che potrei organizzarmi meglio.

O che a volte potrei anche premiarmi di più per gli sforzi fatti.

2) essere il capo (anche) di qualcun altro

Quando in azienda mi è capitato di essere capo di qualcun altro non sono mai stata così stronza come sono con me stessa.

Anzi mi sono impegnata proprio per non essere uno di quei cattivi capi di cui sopra.

Io ho massimo rispetto per il lavoro altrui e ringrazio sempre chi mi fa un servizio.

Se a farmi quel servizio sono io stessa perché le cose cambiano?

Delegare non è il mio forte, lo ammetto.

Quando hai curato una attività dalla A alla Z dare in mano a qualcun altro anche la più piccola delle cose che fai ogni giorno è una sofferenza.

E poi io amo seguire personalmente i clienti in ogni passo verso il loro racconto per immagini, con voce calda e un dolce sorriso.

Ma se il mio obiettivo è crescere e lavorare sempre di più (e ovviamente guadagnare che lavorare per hobby è una cosa che pochi fortunati possono permettersi) in parte la mia mentalità deve cambiare.

Accettando che ho bisogno di un aiuto, pur se di poche ore.

Imparando a delegare quelle mansioni in cui non sono brava e come capo mi sgrido sempre.

Per esempio, riuscire a fare grafiche più belle di queste:

O semplicemente evitandomi di perdere tempo con le noie burocratiche o pratiche, che non aggiungono nulla al mio lavoro.

Io da oggi inizio questo esperimento e poi ti aggiorno su come va con quella stronza del mio capo.

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Anna Turcato

I'm a Style Strategist. Fashion and image are important tools of self-expression and empowerments to build reputation, attract attention and assert authority.