Biohacker

Pioneri dell’innovazione biologica

Dennis Pedri
5 min readApr 24, 2014

Gli ultimi 50 anni sono stati sì importanti per l’informatica, ma c’è un altro campo che si è visto protagonista — e lo è tutt’ora — di una vera e propria rivoluzione: la biologia. Dalla scoperta del DNA ad oggi, abbiamo assistito a un progresso intellettuale e tecnologico secondo solo — forse — a quello dell’elettronica: avere craccato il codice genetico ci ha permesso di comprendere a fondo alcuni meccanismi fondamentali della vita e di riutilizzarli, rimescolarli e plasmarli per le più svariate applicazioni.

L’esempio principe sono gli organismi geneticamente modificati, gli OGM. Non sono utilizzati solo in agricoltura, ma comprendono tutte le applicazioni in cui si utilizzano le nostre conoscenze riguardo al DNA in un organismo vivente. Seppure bistratti da una parte dell’opinione pubblica, hanno applicazioni in medicina, alimentazione e industria. La produzione di insulina avviene proprio grazie alla tecnologia del DNA ricombinante in sistemi batterici, mentre prima si otteneva per modificazione enzimatica dell’insulina estratta dal pancreas di maiale, un processo meno efficiente e più complesso.

Ma i progressi continuano. Recentemente sono stati sviluppati dei circuiti genetici elementari, in grado di contare il numero di somministrazioni di un farmaco alle cellule. Si possono creare delle nanostrutture fatte interamente di DNA, i DNA origami, con la possibilità di realizzare dei nano-robot.

Le rivoluzioni nel campo della medicina, dell’industria e dell’energia non si fermeranno: cambieranno il modo in cui viviamo la vita di tutti i giorni. In parte, questo sta già avvenendo e idee come la terapia genica o la medicina di precisione sono diventate in poco tempo molto più che semplici visioni utopiche o ipotesi fantascientifiche.

Era quasi inevitabile che la filosofia hacker, attratta da questo progresso irrefrenabile, scappasse dai confini dell’ICT e contaminasse anche la biologia. Dall’incontro di una corrente ideologica e un campo di ricerca apparentemente così diversi, è nato un nuovo movimento globale, chiamato DIYbio (Do It Yourself biology), garage biology o biohacking: studenti, scienziati, appassionati e dilettanti della biologia si riuniscono in gruppi al di fuori dell’ambiente strettamente accademico e cercano di coinvolgere tutti i cittadini nei loro progetti. I biohacker ritengono che partecipare all’innovazione scientifica, informarsi e appassionarsi sia un diritto universale, non esclusivo di chi è laureato in Medicina o Biotecnologie. Ormai, siamo arrivati ad un punto in cui, con l’aiuto di qualche esperto, anche il cittadino comune può dare il suo contributo.

Sono i principi dell’etica hacker applicati alla biologia. Tre in particolare sono quelli su cui vale la pena porre l’accento:

Community, Hands on!, Condivisione.

Community

Un biohackerspace, il punto di ritrovo dei biohacker, si pone l’obiettivo di garantire il libero accesso alle biotecnologie e di fungere da punto di riferimento per chiunque abbia un’idea da sviluppare. Non è un semplice laboratorio, ma un luogo di incontro per biotecnologi, informatici, filosofi, ingegneri, artisti, studenti e per chiunque sia incuriosito dalle biotecnologie, dall’innovazione e in generale dall’ambiente scientifico. Il clima che vi si respira è di forte stimolo alla condivisione, all’aiuto reciproco e all’interdisciplinarità.

I biohackerspace del NordAmerica http://diybio.org/local/

Hands on!

È l’imperativo hacker: per capire a fondo il funzionamento di ciò che si ha tra le mani, che sia un calcolatore, un software o una cellula, è necessario usarlo e smontarlo nei suoi componenti minimi, usando le conoscenze acquisite per creare cose nuove e più interessanti. Con “Hands on!” «si intende un approccio empirico e curioso verso i problemi, sperimentando e apprendendo dal sistema che si sta studiando.» 2

Nel caso delle biotecnologie l’esempio più concreto è forse la biologia sintetica, che si occupa di combinare il genoma di organismi di diverse specie per creare dei nuovi device biologici con scopi funzionali; le potenzialità sono infinite. Prima si sono citati la produzione di insulina, i circuiti genetici e DNA origami, ma abbiamo appena grattato la superficie di questo interessante campo: batteri che degradano la plastica, sviluppo di biosensori, produzione di biocarburanti sono solo alcuni degli sbocchi più affascinanti. È notizia di quest’anno che il movimento biohacker sia stato riconosciuto dalla comunità che ruota attorno alla biologia sintetica: iGEM, la più importante competizione internazionale del campo, ha aperto le iscrizioni dell’edizione 2014 anche ai gruppi DIYbio.

Condivisione

È forse l’aspetto più importante. Per un biohacker, i dati, le novità scientifiche, i risultati dei progetti devono essere comunicati a tutti gli interessati e disponibili a tutta la community. È la filosofia open source e dell’informazione libera: trasmettere la conoscenza è più importante che ricavarne un profitto. A maggior ragione, la conoscenza deve essere trasmessa anche al grande pubblico, rendendo sempre più critica la figura del divulgatore scientifico.

Alcuni esempi

Sondaggio sull’ambito di lavoro dei biohacker nel mondo

Alcuni esempi

Un’altra grande innovazione è stata lo sviluppo dell’Open PCR. La PCR è una tecnica per la replicazione del DNA, fondamentale al punto da essere diffusa in ogni laboratorio del mondo e da essere valsa il premio Nobela a Kary B. Mullis; purtroppo il macchinario è estremamente costoso e sotto brevetto. Così alcuni biohacker ne hanno studiato la tecnologia e hanno creato una versione open-source del macchinario per la PCR che costa dieci volte meno della corrispondente versione commerciale, ma che è assemblabile da chiunque partendo da materiali facilmente reperibili.

C’è di più. Un gruppo di ricercatori dell’Università di Stanford ha ideato un microscopio-origami, chiamato foldscope, che nei suoi componenti costa meno di un dollaro: carta ripiegata, una lente, un led ed una batteria. La cosa più sorprendente è che può arrivare ad una risoluzione laterale di 800 nanometri, poco meno di quella di un normale microscopio ottico (250 nanometri), più che sufficiente per osservare cellule e batteri. Non serve elencare le numerose potenziali applicazioni in diagnostica ed educazione.

L’ultimo esempio tocca da vicino l’autore di questo articolo, il quale ha avuto la fortuna di trovare dei compagni d’avventura che condividessero il suo entusiasmo per la biologia e la scienza. Insieme hanno fondato a Trento la prima organizzazione di biohacking d’Italia: OWL (Open Wet Lab). Al momento si occupano di divulgazione scientifica, sostenuti anche dal MUSE, il Museo delle scienze, che ha messo a loro disposizione un laboratorio dove riunirsi, sviluppare nuove idee, iniziare i primi esperimenti e presentarsi alla cittadinanza.

Questi sono solo alcuni fra i moltissimi progetti che sono stati e vengono realizzati in tutto il mondo: il vaso di Pandora è stato aperto e chissà cos’altro potranno partorire le menti degli appassionati, curiosi, entusiasti biohacker.

References:

1 Himanen Pekka (2001) The Hacker Ethic and the Spirit of the Information Age, Random House

2 Levy Stevan (1984, 2001) Hackers: Heroes of the Computer Revolution (updated edition), Penguin

Schmidt Markus (2012), Synthetic Biology: Industrial and Enviromental Applications (3rd ed), Wiley-Blackwell

Wray Britt, Lawson Jonathan (2014), SynBio Future — Synthetic biology for the masses!, Nature, marzo 2014 (http://www.nature.com/scitable/blog/conferencecast)

TEDx Talks (2013), Biology without borders: Thomas Landrain at TEDxParisUniversités, 26 luglio 2013 (https://www.youtube.com/watch?v=6rXf_abMKik)

http://it.wikipedia.org/

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Dennis Pedri

Biomedical Sciences PhD student, biohacker, musician and sushi-eater. When I grow up, I want to be a scientist.