Una questione di principi

Esistono ancora valori non negoziabili

Enrico Coltri
2 min readMay 31, 2017

“La vocazione maggioritaria del Partito Democratico, il suo proporsi come partito del Paese, come grande forza nazionale, si manifesta nel pensare se stesso, la propria identità e la propria politica, non già in termini di rappresentanza parziale di segmenti più o meno grandi della società, ma come proiezione della sua profonda aderenza alle articolazioni e alle autonomie civili, sociali e istituzionali proprie del pluralismo della storia italiana e della complessità della società contemporanea, in una visione più ampia dell’interesse generale e in una sintesi di governo, che sia in grado di dare adeguate risposte ai grandi problemi del presente e del futuro.”

Il Manifesto dei Valori del Partito Democratico è lungo ed articolato, enuncia principi alti, parla di politica, di rapporto con la società, di istituzioni, ma il suo passaggio fondamentale, quello che davvero mi ha convinto ad aderire al progetto, è quello che ho riportato qui sopra.

Perché? Perché pensavo all’epoca, e continuo a pensare oggi, che è nell’interesse del paese che nella sfida per contendersi il governo si confrontino forze politiche aperte ed inclusive, in cui si possano riconoscere persone provenienti dalle più diverse estrazioni sociali. E pensavo inoltre che andasse messa una pietra tombale sul maggioritario all’italiana, caratterizzato dalle coalizioni, aggregati quantomai eterogenei, tenuti insieme più dall’avere un comune avversario e dalla prospettiva di ottenere una fetta di potere che da un’autentica comunità d’intenti e condivisione di obiettivi.

Che la stagione del maggioritario all’italiana sia stata definitivamente mandata in pensione dal referendum del 4 dicembre è fuor di dubbio, ma allo stesso modo la tornata referendaria non può e non deve essere usata come scusa per farci tornare dritti alla prima Repubblica, perché significherebbe un tradimento senza appello dei valori fondanti del nostro partito. Non dobbiamo e non possiamo retrocedere di un centimetro dall’intento di dare al nostro paese un sistema istituzionale e una legge elettorale maggioritaria.

Detto ciò, comprendo le ragioni di fondo del voto della Direzione Nazionale del PD di ieri, con la decisa apertura all’accordo sul modello tedesco, su cui pare potersi costruire un largo consenso in parlamento, ma non posso dire assolutamente di condividerlo. In primo luogo perché per le ragioni precedentemente menzionate ritengo impensabile avvallare una svolta proporzionale, ed in secondo luogo perché ritengo che nel nostro paese, lontano anni luce dalla Germania per cultura politica e assetto istituzionale, una legge proporzionale non farebbe altro che gettare il paese nella palude.

Aspetto con ansia quindi di leggere il testo della legge, sperando almeno che riprenda il fondamento della legge tedesca, ossia la possibilità di esprimere due voti, il primo per il collegio uninominale ed il secondo per determinare la cifra elettorale nazionale, oltre ovviamente ad uno sbarramento abbastanza alto da consentire solo alle forze principali di entrare in parlamento.

Tuttavia continuo comunque a chiedermi per quale ragione non si possa ragionare in questo paese di un sistema semplice, che elegge i parlamentari in collegi uninominali, dove chi prende più voti vince.

E non riesco a smettere a pensare che mi pare una pazzia autocondannarsi alle larghe intese con Forza Italia.

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