Perché il presidente francese è il più potente di tutti

Dipende dalla Costituzione, che attribuisce un ruolo di primo piano al capo dello Stato

Luca Lottero
6 min readOct 3, 2018

Nel mondo occidentale non esiste capo di Stato o di Governo con gli stessi poteri del presidente della Repubblica francese, che non a caso alcuni definiscono un “monarca repubblicano”.

A differenza del nostro presidente della Repubblica, il capo dello Stato francese viene eletto direttamente dai cittadini, e questo gli conferisce una forte legittimazione democratica. Anche negli Stati Uniti il Presidente è eletto dal popolo, ma se a Washington il Congresso può costituire un contrappeso notevole al potere presidenziale (soprattutto nel caso in cui la maggioranza sia in mano al partito avversario di quello del Presidente), a Parigi l’Assemblea nazionale ha poteri decisamente inferiori.

Il sistema francese viene definito dagli studiosi semipresidenziale, ed è praticamente un caso unico al mondo. Se in un sistema presidenziale come quello statunitense il Presidente è al tempo stesso capo di Stato e di Governo e rappresenta da solo il potere esecutivo, in Francia esiste, oltre al Presidente, anche la figura del Primo Ministro e dei ministri, esattamente come avviene da noi in Italia. Ma questo oggi non rappresenta un limite ai poteri del Presidente, che nomina il Primo Ministro e i ministri e presiede le riunioni del Consiglio dei ministri.

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Questa straordinaria concentrazione di poteri nelle mani del capo di Stato è figlia di una circostanza storica ben precisa: la riforma costituzionale del 1958, voluta dall’allora Primo Ministro ed ex generale ed eroe di guerra Charles De Gaulle.

Le riforme di De Gaulle, il primo monarca repubblicano

De Gaulle a Londra, durante la seconda guerra mondiale. Credits Ministry of Information Photo Division Photographer, Wikipedia

Charles De Gaulle era stato il generale dell’esercito francese durante la seconda guerra mondiale. Il conflitto fu una catastrofe per la Francia, che venne divisa in due parti: il nord direttamente occupato dalla Germania di Hitler e il sud, dove si instaurò la repubblica filo-nazista di Vichy. De Gaulle fuggì a Londra, da dove guidò la resistenza via radio. A guerra finita, questo ruolo gli portò grande popolarità.

Nel secondo dopoguerra anche la Francia, come l’Italia, scrisse una nuova Costituzione, che diede il via all’esperienza della cosiddetta Quarta repubblica. Il problema storico della politica francese (da quando la Francia era una Repubblica) era la fragilità dei governi. C’erano tantissimi partiti in perenne lite tra loro e per formare un governo servivano alleanze litigiose tra partiti diversi, che puntualmente duravano pochissimo. Questa fragilità politica si trasformava in fragilità delle istituzioni, che rendeva difficile affrontare con la giusta tempestività le situazioni d’emergenza.

La Quarta repubblica aveva gli stessi difetti: tanti partiti, traballanti governi di coalizione, istituzioni deboli. Questa debolezza divenne un problema serio negli anni ’50, quando iniziò la guerra d’indipendenza dell’Algeria, fino a quel momento colonia francese. Fu una guerra durissima, che ancora oggi lascia un segno profondo nella coscienza nazionale della Francia, e che a un certo punto si trasformò in problema d’ordine pubblico anche sul suolo “europeo”, dove iniziarono a verificarsi sollevazioni e manifestazioni violente in solidarietà con il popolo algerino.

Parlamento, Governo e presidente della Repubblica sembravano del tutto incapaci di affrontare l’emergenza. Fu allora che il presidente Coty chiamò De Gaulle a ricoprire la carica di presidente del Consiglio. L’ex generale accettò a condizione di godere di poteri straordinari per affrontare l’emergenza e per riformare la Costituzione. La sua riforma, che conferiva nuovi e più ampi poteri al presidente della Repubblica, venne approvata da un referendum popolare con quasi l’80% dei voti favorevoli. Alle successive elezioni parlamentari il partito dei “gollisti” (cioè i politici con idee vicine a quelle di De Gaulle) ottenne la maggioranza, e l’8 gennaio 1959 l’ex generale diventa il primo presidente della Quinta Repubblica francese.

La riforma del ‘62

De Gaulle (a sinistra) con il presidente argentino Arturo Frondizi. Credits Unknown, Wikimedia Commons

Come forse avrete notato, per ottenere il primo mandato da presidente della Repubblica, De Gaulle non ha dovuto affrontare alcun’elezione popolare. La versione originale della Costituzione “gollista” prevedeva infatti un’elezione indiretta del Presidente, che veniva eletto da un’assemblea speciale formata dai parlamentari e rappresentanti dei territori.

L’elezione diretta del Presidente venne introdotta in seguito, nel 1962, con la modifica degli articoli 6 e 7. Le forze di opposizione, questa volta, protestarono sentitamente, e sfiduciarono il governo del Primo Ministro Pompidou. Ancora una volta, però, il popolo francese dimostrò di essere dalla parte del generale: le riforme costituzionali vennero approvate tramite referendum con una maggioranza del 62% e le nuove elezioni parlamentari convocate da De Gaulle dopo la caduta del governo furono vinte dai gollisti.

Nel 1965 si tengono le prime elezioni dirette del Presidente della storia francese. De Gaulle viene votato al primo turno dal 45% degli elettori, una quota non sufficiente per venire eletto. La Costituzione prevedeva infatti il doppio turno: una seconda votazione tra i due candidati più votati nel caso nessuno raggiungesse la maggioranza assoluta dei voti (50%+1) al primo turno. Al secondo turno De Gaulle si impone sul giovane candidato dei socialisti François Mitterand con il 55% dei voti.

Quello usato per la prima volta nel 1965 è il sistema rimasto in voga fino a oggi. Dopo De Gaulle, i presidenti della Repubblica francesi sono stati Pompidou, Giscard d’Estaing, Mitterand, Chirac, Sarkozy, Hollande e Macron.

Anno 2000: la fine della coabitazione

Fino al 2000 il mandato del presidente della Repubblica durava 7 anni, la legislatura parlamentare 5. Le elezioni parlamentari e presidenziali avvenivano in momenti diversi, e questo portò in più occasioni ad avere il presidente della Repubblica e il Parlamento su linee politiche opposte. Questi casi sono stati definiti di “coabitazione”. Dal momento che il Governo deve avere una maggioranza parlamentare che lo sostiene, in queste occasioni il presidente nominava Primo Ministro un esponente della forza politica con più seggi alla Camera. Per questo il socialista Mitterand nominò come Primo Ministro il gollista Chirac che a sua volta, da presidente della Repubblica, nominò il socialista Jospin.

Durante i periodi di coabitazione il Governo tentava naturalmente di mettere in discussione alcune prerogative del presidente della Repubblica, che in altri momenti non sarebbero stati oggetto di discussione. In alcuni casi i rapporti tra Primo Ministro e presidente sono stati particolarmente faticosi e la collaborazione istituzionale più difficile. In generale, rispetto ai periodi normali, durante la coabitazione la bilancia del potere tornava a pendere verso il Governo e il Parlamento.

Nel 2000 una nuova riforma della Costituzione pose fine a questo fenomeno. Con una modifica dell’art.6 si stabilì che anche il mandato presidenziale durasse 5 anni. Oggi le elezioni presidenziali si svolgono a poche settimane di distanza da quelle parlamentari, e l’esperienza finora ha insegnato che gli elettori tendono a far vincere lo stesso partito nelle due elezioni. In occasione delle elezioni del 2017, dopo la vittoria alle presidenziali di Macron, si ipotizzò che il suo neonato movimento politico avrebbe fatto fatica alle legislative e che il presidente si sarebbe potuto ritrovare con una maggioranza parlamentare dominata da altri partiti. Invece, anche in quel caso, i candidati della lista del Presidente hanno conquistato un’ampia maggioranza.

La riforma del 2000 ha in definitiva rimosso un ostacolo ai poteri del presidente, centrando ancora di più il sistema politico francese sulla figura del Presidente.

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