Il progetto “Evolution of the Desk”

pia
7 min readJan 28, 2018

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Segue da:
La digitalizzazione del quotidiano
Lo sviluppo di Internet e del World Wide Web

Come detto in precedenza, il momento chiave in questo percorso di sviluppo della tecnologia elettronica e digitale, escludendo la nascita del World Wide Web nel 1993 e la conseguente nascita di Internet come oggi lo conosciamo, è stato quello che ha visto la nascita e la distribuzione capillare, prima dei personal computer, poi dei laptop e, infine, degli smartphone e dei relativi servizi di connessione alla rete, unitamente allo sviluppo del Web 2.0 e delle versioni successive.

Lo smartphone è uno strumento che progressivamente è andato ad inglobare e a sostituirsi a molteplici oggetti e strumenti, da alcuni definita una “protesi” umana, un prolungamento della persona.
Evolution of the Desk (Harvard Innovation Lab, 2014) è un progetto visivo che descrive, grazie a una serie di fotogrammi riportati in rapida successione, quello che è stato l’impatto della tecnologia sulle nostre vite negli ultimi 35 anni.

L’aspetto più interessante di questa timeline risiede nel vedere come vi sia stato una sostanziale scomparsa di oggetti materiali dalla scrivania a partire dai primi anni 2000, data che coincide con l’inizio della diffusione capillare a livello commerciale e domestico della rete Internet.

Nel video, inoltre, si fa riferimento alla sostituzione degli oggetti con qualcosa che risulta fruibile da un computer portatile; tuttavia, è necessario ricordare quanto gli smartphone si siano ormai diffusi e come molte delle applicazioni usufruibili su laptop sono oggi disponibili anche sui dispositivi mobili.

Essi, infatti, sono entrati prepotentemente nelle nostre vite a partire dalla metà gli anni Novanta e non ne sono mai usciti: hanno anzi ridisegnato il tempo e lo spazio, le abitudini e i comportamenti delle persone. Grazie ai dispositivi mobili e alle loro peculiarità (ridotte dimensioni, leggerezza, semplicità d’uso e notevole portabilità) la routine dell’uomo contemporaneo si è modificata completamente.

Internet e architettura: le global cities

Lo spazio di Internet è costituito da milioni di individui di nazionalità diversa e appartenenti a differenti estrazioni sociali, che fanno uso della stessa lingua e che sono spesso sempre più estranei agli avvenimenti del luogo in cui risiedono, a favore di una conoscenza più internazionalizzata e di tratti, abitudini e comportamenti ed interessi talvolta più prossimi a quelli di individui che risiedono a centinaia o migliaia di chilometri di distanza, piuttosto che condividere interessi con persone residenti nella stessa città.

Il concetto di global cities è stato introdotto, per la prima volta, dall’urbanista americano John Friedmann (1986) nell’articolo The World City Hypothesis in cui considerava questi centri urbani come delle realtà transnazionali collegate tra loro mediante reti di comunicazione non tangibili.

La gerarchia delle World Cities secondo Friedmann.

Tale concetto è stato poi sviluppato negli anni Novanta nelle opere dell’inglese Anthony King: le città globali sono le ex città coloniali che sono divenute basi d’azione delle grandi multinazionali e delle principali banche mondiali e il cui sviluppo tecnologico è volto prevalentemente all’accrescimento economico mediante transazioni di flussi di capitali.

Negli anni Duemila, invece, la sociologa americana Saskia Sassen (2001), nel saggio The Global City: New York, London, Tokyo, indica come global cities quei fulcri urbani in cui si concentrano beni e servizi e che, estendendosi mediante la virtualità e grazie alle reti di comunicazione informatiche, generano contatti e scambi con altri centri a loro simili, anche se molto lontani geograficamente, allontanandosi dai rapporti che le legano al territorio. Esempi di tali città possono essere New York, Londra, Tokyo, ma anche, a una scala lievemente inferiore, Milano, Parigi o Amsterdam. La Sassen individua quattro tratti principali che caratterizzano le città globali:

  • sono centri nevralgici per lo sviluppo dell’economia globale e dei servizi finanziari (capitale economico);
  • sono luoghi di produzione e di consumo di idee e innovazione (capitale umano ed intellettuale);
  • sono il punto di contatto e di incontro con e nella realtà, sia sotto il profilo cognitivo, sia per la produzione di beni e servizi;
  • non sono semplicemente dei centri economici o culturali, ma anche fulcro di sviluppo sociale e civile, grazie agli innumerevoli contatti tra differenti culture ed estrazioni sociali ed economiche differenti.

Un parallelo sviluppo sul tema è stato apportato dal sociologo Manuel Castells, secondo il quale la città diviene globale nel momento in cui ricopre un ruolo di snodo nella creazione e diffusione di flussi informativi. Se, nei casi precedenti, eravamo dinanzi a città globali interconnesse, in questo caso, si ha un’unica città globale costituita da diversi snodi attraverso cui passano i flussi economici e di informazioni che trasformano e fanno evolvere le società e gli stessi diritti e doveri del cittadino. Le città non perdono totalmente la loro identità, ma tentano anzi di sollevare gli aspetti locali portandoli a un livello superiore nel processo di interscambio di informazioni, adeguandole e integrandole continuamente.

Questa contrapposizione e, al contempo, intreccio di realtà, che è alla base dell’information society, è riassumibile con quanto affermano Castells e Henderson (1987) nell’articolo Techno-economic restructuring, socio-political processes and spatial transformation: A global perspective: «Le nuove dinamiche territoriali, dunque, tendono ad essere organizzate intorno alla contraddizione tra potere senza luogo e luoghi senza potere, il primo basato sui flussi di comunicazione, i secondi generando i loro propri codici di comunicazione su basi storiche dello specifico territorio».

La digitalizzazione del quotidiano e le prospettive future

La digitalizzazione del quotidiano ha reso possibili cose impensabili fino a qualche tempo fa, ma uno degli elementi che accomuna tutti questi processi è la presenza di tracce. Tale argomento, essendo relativamente recente e ancora in fase di sviluppo, non può essere trattato esaustivamente, poiché sono assenti testimonianze e dati specifici su quelli che sono i pro e i contro a lungo termine della digitalizzazione del quotidiano e del conseguente ingresso della rete nella sfera privata dell’uomo.

È tuttavia possibile fare alcune ipotesi, che come tali vanno prese, cercando di non cadere nella letteratura distopica. Infatti, se da un lato, grazie al nostro smartphone possiamo tenere un diario, o meglio, una traccia, della nostra dieta (digitale e non, ma in questo caso si prenderà in considerazione il termine dieta in accezione comune), in un futuro non troppo lontano potremo ipotizzare che chi potrà accedere e rielaborare questo tipo di dati, oltre alla conoscenza dei nostri gusti culinari, potrà altresì ipoteticamente offrirci suggerimenti non unicamente in un’ottica consumistica, ma anche salutistica.

Così come quando noi visualizziamo un particolare prodotto su un determinato sito di e-commerce e poi chiudiamo la scheda di visualizzazione e ci ritroviamo a navigare su un altro sito (anche di natura totalmente differente dal sito di e-commerce precedentemente visualizzato); successivamente, possiamo visualizzare un annuncio pubblicitario che ci ricorda che su un determinato sito è presente un oggetto a cui siamo sembrati interessati. Questo avviene proprio perché, visualizzando la pagina relativa al prodotto, abbiamo lasciato una “traccia” e questa può essere utilizzata a scopi commerciali e pubblicitari.

Pánta rheî, tutto scorre, sosteneva Eraclito in modo implicito: così come «Non è possibile discendere due volte nello stesso fiume, né due volte toccare una cosa mortale (che rimanga) nello stesso stato; ma per l’impeto e la velocità di mutazione (si) disperde e di nuovo di ricompone, e viene e se ne va» (Impara, 1997, p.57), così ogni volta che ci immergiamo nel flusso del Web esso è mutato a causa delle tracce che abbiamo lasciato.

La «differenza sostanziale con l’offline è la conversazione e la sua tracciabilità. Mentre nei canali tradizionali, il feedback non ottiene un’eco pari all’attività di promozione, online il rapporto è ribaltato e, nei casi di insuccesso, è estremamente maggiore la cronistoria dell’insuccesso rispetto alla campagna pubblicitaria originale».

Queste tracce fanno parte di ciò che oggi viene comunemente indicato con Big Data e che è utile agli scambi commerciali, ma non solo. L’analisi e la rielaborazione di queste tracce e di questi dati, talvolta trasmessi volontariamente e, altre volte, no, rappresentano probabilmente la maggiore ricchezza per le aziende del futuro che potranno così creare persone, o, meglio, “personas”[1], a cui rivolgersi con i propri prodotti e servizi.

Un altro aspetto della digitalizzazione del quotidiano è quello afferente la creazione, la produzione, la distribuzione e l’uso dei prodotti del cosiddetto Internet of Things (IoT), ossia un’evoluzione d’Internet della sola rete. IoT nasce infatti dall’unione della domotica e della rete: sono sempre di più infatti i prodotti tecnologici (telefoni, orologi, braccialetti, sensori di diversa natura, ecc.) che, grazie a specifiche tecnologie, basate perlopiù sullo scambio e la rielaborazione di dati mediante reti interconnesse, danno luogo alla creazione di informazioni e comandi volti a migliorare, semplificare, ottimizzare la vita delle persone.

Negli ultimi dieci anni vi è stato un boom di oggetti cosiddetti smart, ossia intelligenti; tali dispositivi sono prevalentemente oggetti portatili che assicurano quindi un controllo e un immediato scambio di informazioni tra l’apparecchio e l’individuo che li utilizza per finalità assai disparate. Se, infatti, può sembrare un mero lusso la possibilità di attivare il proprio condizionatore di casa anche se si è a chilometri di distanza, al fine di trovare la propria casa rinfrescata al rientro, è altresì comprensibile che tale pratica possa avere dei riscontri anche su altri fattori, quali lo spreco di energia, ottenendo una riduzione dello spreco energetico e monetario e incrementando il comfort individuale.

Un altro esempio potrebbe essere quello dei dispenser di medicinali per le persone anziane che, in un futuro non troppo remoto, potrebbero essere monitorati da lontano da persone competenti e lucide, affinché la l’anziano non dimentichi o non assuma eccessive dosi di un determinato farmaco. Tuttavia, IoT è ancora agli albori e, attualmente, i costi di tali dispositivi sono ancora molto elevati, se rapportati all’effettiva efficienza e necessità nel quotidiano.

Note:
[1] Le personas sono dei modelli di utenti creati per chiarificare le caratteristiche proprie del target a cui ci si intende rivolgere. Si distinguono in fan personas, ossia consumatori fidelizzati che hanno instaurato con il brand una relazione stabile e longeva, buyers o users personas, vale a dire consumatori che sono già entrati in contatto con il prodotto o servizio, acquistandolo o usufruendone e marketing personas, ovverosia i consumatori che non sono ancora entrati o stanno entrando per la prima volta in contatto o con il brand, o con il prodotto, o con il servizio.

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