Ho incontrato la resilienza grazie agli avvocati di strada

LabUNDER
7 min readJul 26, 2018

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La definizione basilare di resilienza può essere interpretata come la capacità di un sistema di assorbire le perturbazioni, riorganizzarsi e continuare a funzionare più o meno come prima anche seguito di uno shock.

Parlando delle persone senza dimora che vivono qui a Bologna con Giulia, volontaria dell’Associazione Avvocato di strada Onlus, mi è sembrata questa la parola migliore per definire le capacità di sopravvivenza di una persona quando una serie di eventi casuali — che, sottolinea Giulia, “possono capitare tranquillamente a te, a me, a chiunque” — la portano in uno stato di deprivazione in cui essa si trova costretta a vivere, o meglio sopravvivere con nulla.

Anche la resilienza, tuttavia, ha dei limiti. Quando gli sconvolgimenti sperimentati, come spesso accade, diventano, via via, più estremi e insostenibili, l’esposizione prolungata alla vita di strada comporta una progressiva e inesorabile compromissione delle condizioni psichiche e fisiche di una persona, e quindi anche forme pesanti di adattamento negativo nella tenuta di sé stessi e del proprio aspetto.

Queste ed altre riflessioni che vi racconterò, scaturiscono da un piacevole quanto sorprendete incontro con una realtà a me nuova ed estremamente necessaria: sono stata ospite alla sede nazionale di “Avvocato di strada Onlus” (grazie, Lab Under, per spingermi fuori dai miei soliti confini).

Il progetto “Avvocato di strada” nasce a Bologna alla fine del 2000, con l’obiettivo fondamentale di tutelare i diritti delle persone senza dimora. L’esperienza nasceva dalla necessità, sentita da più parti, di poter garantire un apporto giuridico qualificato a quei cittadini oggettivamente privati dei loro diritti fondamentali. Avvocato di strada si propone di aprire nuove sedi nelle città italiane dove vivono persone senza dimora; costituire un centro di documentazione su diritti ed esclusione sociale; realizzare nuove pubblicazioni” (http://www.avvocatodistrada.it/chi-siamo).

La sede si trova in Via Malcontenti n. 3, al secondo piano dell’edificio. Essendo una sede nazionale, immaginavo una sorta di quartier generale enorme, con telefoni che squillano continuamente e persone impegnate in discussioni di carattere etico e morale: una sorta di ufficio alla L.F. Rothschild (The Wolf of Wall Street), ma al servizio del bene comune. Ho avuto da ricredermi: la grandezza dell’Onlus, ovviamente, sta in caratteri tutt’altro che materiali.

Giulia mi invita ad entrare nella struttura che ospita la Onlus, attraversiamo una piccola sala d’attesa e ci ritroviamo in quello che scoprirò essere uno degli uffici adibiti al ricevimento delle persone senza fissa dimora.

Durante la visita conosco anche Giuseppina, che avevo sentito per mail per organizzare la giornata, e Anna. Ad essere onesta, preferisco il clima rilassato e ospitale in cui mi sono inaspettatamente ritrovata. I grandi uffici e i telefoni che squillano sarebbero stati forse troppo inospitali, mi avrebbero fatta sentire d’impiccio, mentre la gentilezza e l’informalità con cui io e Giulia ci presentiamo e ci raccontiamo mi fa sentire subito a mio agio.

Avvocato di strada nasce come un’idea informale alla fine del 2000, quando un gruppo di volontari, tra cui due avvocati, nota che in strada c’è una sorta di “fame di diritti”. L’organizzazione di volontariato verrà formalizzata pochi anni dopo, nel 2007.

Oggi Avvocato di strada è presente in quarantanove città italiane ed è una realtà senza scopo di lucro, apartitica e aconfessionale. Attraverso più di novecento volontari fornisce tutela giuridica gratuita, qualificata e organizzata alle persone senza dimora, con l’obiettivo di favorire il ritorno ad una vita comune e sostenibile.

Tra le varie attività svolte, Attraverso una rete di contatti, che spazia dall’UNAR all’IID, l’organizzazione reperisce anche i giusti indirizzi a chi, anziché di una tutela legale, necessita di supporto di altro tipo, per esempio sociale o psicologico.

L’organizzazione produce e promuove formazione, seminari, convegni e veri e propri studi tesi a sensibilizzare e informare sul tema della homelessness, dei diritti fondamentali e dell’immigrazione.

Per quanto riguarda l’area giuridica, prosegue Giulia, le pratiche sono soprattutto relative al diritto civile-amministrativo e dei migranti. L’area penale ricopre solo una piccola percentuale.

La materia civile è molto ampia, ma per quanto riguarda il lavoro di Avvocati di strada può essere ricondotta a una serie di questioni principali, prima fra tutte il diritto alla residenza.

Spesso accade, come nel caso della sottoscritta, che alcune sicurezze siano talmente ovvie da apparire scontate. La vita in strada spesso conduce alla cancellazione delle liste anagrafiche, con conseguenze piuttosto drammatiche. Basti pensare che senza una residenza non è possibile esercitare il proprio diritto di voto, oppure il fatto che in automatico si perda il diritto all’assistenza sociale, al gratuito patrocinio per la difesa giudiziaria, ma, soprattutto, il diritto a prestazioni sanitarie che non siano di pronto soccorso.

Per tutte queste ragioni, mi dice Giulia, il diritto alla residenza è una delle battaglie storiche di Avvocato di strada. A Bologna, infatti, il riconoscimento della residenza per chi non ha un tetto sopra la testa è stato ottenuto dopo che nel 2001 l’associazione fece causa al Comune per far ottenere la residenza a una persona senza fissa dimora.

Un altro momento importante nella lotta per il diritto alla residenza condotta dalla Onlus si incrocia con la storia di Mariano Tuccella, un uomo di 49 anni che nella notte tra domenica 30 settembre e lunedì 1° ottobre 2007 era stato picchiato selvaggiamente e senza motivo da tre ragazzi, uno dei quali minorenne, mentre dormiva in strada nei pressi del mercato delle erbe di via Ugo Bassi. Per via dei gravi danni cerebrali subiti da quel giorno non ha più ripreso conoscenza e ha passato gli ultimi mesi della sua vita in un letto d’ospedale.

Dopo la sua morte, su proposta di Antonio Mumolo, presidente dell’Associazione Avvocato di strada, il Comune di Bologna decise di dedicare a lui la via fittizia (ex via Senza Tetto), che oggi serve alle persone senza dimora per ottenere la residenza. Questa via, fra le altre cose, resta come eredità tangibile di una delle battaglie vinte da Avvocato di strada.

Fra le altre pratiche di diritto civile seguite dall’associazione, spiccano per rilevanza il diritto di famiglia, la materia successoria, il diritto al lavoro, il diritto alla casa e le pratiche relative a rapporti di credito o debito. Passando al diritto amministrativo, Giulia mi spiega che Avvocato di strada segue molti inadempimenti di diversa natura nei confronti della PA.

Abbiamo parlato a lungo di sanzioni relative, per esempio, alla mancanza di titolo di viaggio, illeciti amministrativi e violazioni del codice della strada.

Un altro tema molto controverso è quello dei fogli di via e di tutte quelle procedure che spesso sembrano fare guerra ai poveri piuttosto che alla povertà. A mio parere, provvedimenti simili ai fogli di via, oltre ad essere lesivi della dignità delle persone, competono a creare un’immagine di città inospitale, che come valori portanti adotta termini come decoro e sicurezza urbana — termini non sempre contestualizzati e ormai appiattiti— sulla base dei quali si giustificano misure disumane e si criminalizzano persone non tanto perché stiano compiendo atti criminosi, ma in quanto senza dimora. Ma spostare la povertà un po’ più lontano risolve forse il problema della povertà stessa?

Solitamente nel dibattere il tema della mancanza di una dimora, si analizza approfonditamente il concetto di “esclusione sociale”, relegando il “diritto alla casa” in una posizione marginale.

Il rischio è che la nozione di esclusione spinga a ragionare in termini di condizioni e stati determinati anziché di processi. Riflettere contemporaneamente sul rapporto tra disagio abitativo e sociale è fondamentale, poiché a seconda dell’accento posto solo sul primo o sul secondo termine le soluzioni attivate nella pratica differiscono significativamente le une dalle altre.

Lungi da me negare che il disagio sociale e le problematiche sanitarie, psicologiche e psichiatriche spesso affliggono le persone senza dimora, ma la domanda che ritengo sia importante porre è se tali problematiche siano la causa o la conseguenza della vita in strada.

Un breve accenno va fatto anche al lavoro che Avvocato di strada svolge in ambito penale e di pratiche relative al diritto dei migranti.

Innanzitutto, Giulia mi conferma quello che le statistiche dicono da anni: nonostante sia comune vedere le persone senza dimora come autori abituali di reati, nella maggior parte dei casi le attività portate avanti da Avvocato di Strada vedono gli utenti come vittime di violenze e aggressioni, non viceversa.

In secondo luogo, l’Onlus si è dovuta misurare sempre di più negli anni con il tema e la gestione dell’accoglienza migratoria, seguendo una serie di questioni diverse: dall’assistenza nelle procedure necessarie al rilascio e al rinnovo di permessi di soggiorno, fino al sostegno legale ai richiedenti di asilo, che spesso si trovano in un limbo burocratico e rischiano di finire in strada ancor prima di aver avuto la possibilità di presentare una formale richiesta di asilo politico.

Voglio terminare quest’articolo invitando voi lettori a seguire i progetti e i seminari di formazione portati avanti dall’Onlus Avvocato di strada.

In particolare, Giulia mi ha presentato il progetto “Una strada diversa”, che ha portato alla realizzazione di due ricerche, Una Strada Diversa I e II. Il progetto si propone di creare le condizioni per garantire un’adeguata risposta ai bisogni delle persone LGBTI che vivono in strada, fornendo tutela contro le discriminazioni multiple a causa dell’orientamento sessuale, grazie a una rete di operatori sociali e giuridici competenti.

Ringrazio vivamente Giulia, Giuseppina, Anna e tutti i volontari della Onlus Avvocato di strada per la disponibilità e l’ospitalità.

Articolo di Lara Ponti.

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18 ragazze e ragazzi, Bologna e il racconto inedito dell'attivismo civico e culturale dei suoi abitanti.