INstabile Portazza: rigenerazione urbana e sociale, cittadinanza attiva, visione a lungo termine

LabUNDER
5 min readAug 30, 2018

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INstabile ha una storia di quelle che non ti stanchi mai di ascoltare, e ciò è particolarmente vero quando il ruolo di cantastorie è affidato a coloro che hanno preso parte in prima persona a questo progetto di rigenerazione e riappropriazione di uno spazio comune, salvandolo dal suo destino di “cattedrale nel deserto”.

Il progetto si colloca nel processo di trasformazione del senso di città, che vede la nascita di un nuovo modello di welfare di comunità centrato su network territoriali di ascolto dei bisogni e su un’organizzazione dei servizi strutturata sulla collaborazione tra pubblico, organizzazioni non profit e cittadini. È la risposta ai bisogni reali in termini di efficienza ed efficacia dei servizi, sia su campi tradizionali che su campi nuovi e aggiuntivi.

La redazione di BOsaico è stata ospite di INstabile Portazza Community Creative Hub, ecco quindi un resoconto del tempo speso con Jacopo Chelli.

Il centro si trova all’interno di uno spazio tra i giardini Enrico Boschi, Domenico Acerbi, Renata Vignanò, Angiola Sbaiz, Emilio Alessandrini e il Parco Lungo Savena — una delle zone più ricche di verde del quartiere — ed è facilmente raggiungibile dal centro con le linee 11 e 27.

La storia di quest’araba fenice inizia in un tempo lontano, nel 1962 quando fu inaugurato insieme al complesso residenziale “Villaggio Portazza” di Ina-Casa, come centro civico. L’intento era quello di integrare fra di loro gli assegnatari degli alloggi attraverso un processo di socializzazione, condivisione e partecipazione che avrebbero preso vita proprio negli spazi del centro.

Tuttavia, tempo dopo, lo stabile diventò una scuola elementare, per poi finire in uno stato di abbandono a partire dal 1984.

La storia di INstabile come progetto inizia invece in tempi recenti, verso la fine del 2014.

Cavalcando l’onda delle Social Street, fenomeno bolognese nato nel 2013, viene attivata la Social Street Villaggio Portazza. In seguito, appena raggiunto un buon numero di persone viene organizzato un pranzo di vicinato nell’area tra via Osoppo e Via Firenze. Durante il pranzo fu subito evidente la centralità del tema dello stabile abbandonato, ma ancor di più il fatto che tanti fra i partecipanti avessero già ipotizzato usi possibili e futuri del complesso.

Seguono una serie di incontri informali fra i più attivi della Social Street per dare forma a un progetto concreto e raggiungibile, plasmato sulla base dell’esperienza torinese della Casa del Quartiere di San Salvario.

L’ostacolo maggiore però non fu tanto il concretizzare un “cosa”, ma piuttosto un “come”.

Per questo motivo il gruppo informale di cittadini, con il supporto dell’Associazione Pro.Muovo e Coop Adriatica, la collaborazione dell’Associazione Architetti di Strada e in sinergia con l’amministrazione locale, ha avviato un processo di coinvolgimento allargato dei cittadini del territorio con un laboratorio di co­design partecipato: Lab.île.

A questo, durato 6 mesi, hanno preso parte circa 200 cittadini e 30 organizzazioni del territorio, e al suo interno sono stati definiti un progetto di recupero e un modello d’uso futuro dell’edificio, chiamato Community Creative Hub.

Successivamente a questa fase è stato necessario un confronto con ACER (Azienda Case Emilia Romagna) che è proprietaria dello stabile. Alla chiusura del tavolo istituzionale si è arrivati alla definizione di un contratto d’uso modale che permette formalmente a Pro.Muovo, e attraverso di lei a tutti i cittadini, di fruire degli spazi del Centro Civico ripagando la proprietà in affitto fittizio corrisposto in opere di ristrutturazione edilizia. I termini del contratto sono sanciti all’interno di un Patto di Collaborazione che per la prima volta nella storia del “Regolamento per la cura e la rigenerazione dei beni comuni urbani” certifica il riuso temporaneo di un edificio pubblico abbandonato.

Maggio 2016 e le chiavi di INstabile segnano l’inizio delle fatiche e del laboratorio di auto-recupero. A intervalli di due settimane, insieme a tutti i cittadini sono iniziati i lavori interni in forma collaborativa: le competenze dei singoli sono messe a disposizione della collettività, così che tutti possano partecipare secondo la propria misura.

La forza del progetto è proprio questa: attraverso il fare insieme si è creato uno spazio fisico, ma soprattutto relazionale, che le persone del luogo possono utilizzare, abitare e riempire.

Appena possibile, nei locali fruibili iniziano gli eventi per avvicinare INstabile alla comunità e soprattutto per continuare a cercare fondi nell’ottica dell’autofinanziamento: là dove prima c’erano polvere, rifiuti e calcinacci oggi si svolgono concerti, workshop, cineforum, mostre, lezioni di musica e tante altre attività.

Una delle prime difficoltà che è necessario superare è l’idea che INstabile non sia semplicemente un contenitore di eventi ma anche un luogo aperto e libero, utilizzabile da chiunque ne faccia richiesta.

Il giovedì sera viene quindi organizzato INbalotta, dove i locali diventano uno spazio informale accessibile a tutti.

Al venerdì invece si ha un appuntamento fisso con il mercato di CampiAperti, un’associazione di produttori e consumatori del territorio bolognese che si impegna e lavora per il sostegno dell’agricoltura biologica e contadina.

INstabile è anche protagonista di una delle più insolite campagne di comunicazione che io abbia mai sentito: INbuchetta, ovvero la consegna al vicinato di 5000 lettere di presentazione del centro, che invitano a partecipare agli eventi e a fruire degli spazi.

Infine, ai nostri lettori già tornati a Bologna ricordiamo che INstabile Portazza ospita, ogni giovedì di settembre, eventi del Cartellone di Bologna Estate 2018. Consultabili qui.

INstabile, come esempio di rigenerazione, esprime esattamente il concetto dell’innovazione non come parte di ciò che conosciamo già, ma di quello che deve ancora venire; non trova spazio nelle griglie esistenti, ma si sviluppa al loro esterno e si intrufola dove può, come un’edera o una pianta rampicante.

Il ruolo delle istituzioni è quello di creare nuove griglie o piegare e modificare quelle esistenti al fine di massimizzare il valore di queste idee. Se Henry Ford avesse chiesto ai suoi contemporanei di che cosa avessero bisogno, loro avrebbero risposto “cavalli più veloci”.

Un ringraziamento a Jacopo, Anna e INstabile Portazza.

Articolo di Lara Ponti.

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18 ragazze e ragazzi, Bologna e il racconto inedito dell'attivismo civico e culturale dei suoi abitanti.