Giappone: cose inattese e interessanti

Nelson Nazzicari
4 min readJul 29, 2016

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Ho fatto un viaggio in Giappone. Raccolgo qui le cose che non sapevo e che mi hanno sorpreso.

Il futuro del passato

Tokyo è legata a doppia mandata al cyberpunk, che tanto amo e a cui tanto devo. Neon aggressivi, notti fluorescenti, robo-sinth-hybridware. Fico. E purtroppo un po’ passé. La sensazione è che fosse all’avanguardia, futuribile, qualche decennio fa, tra l’epoca d’oro dei VHS e quella dei CD. Resta figo, i servizi sono fenomenali, ma tutto sommato in linea con una moderna metropoli, con in più questa patina agrodolce: “we used to be cutting edge”. Il futuro del passato, dicevo.

I bagni

Me l’avevano detto tutti che i bagni in Giappone sono tecnologici, ed è vero, quasi sempre. I gadget standard sono il mini braccio robotizzato che spruzza acqua calda a detergervi l’ano, il pulsante che fa partire la musica a coprire i vostri rumori imbarazzanti, e l’opzione “powerful deodorant”. Tutti fatti noti.
Quello a cui non ero preparato erano i non così rari bagni washiki, ovvero l’equivalente asiatico delle turche, ovvero questi. Ogni volta una fitta al cuore.

Sono un brutto ceffo

Ho barba e capelli lunghi e, a maggior spregio, sono pure gaijin, un occidentale. Quindi state al largo, non fidatevi, chiudete le vostre figlie al sicuro dietro le vostre porte di carta.
Ne ho parlato con una cameriera coreana. Dice che sì, basta guardarsi attorno, i giapponesi di rado hanno la barba, faccio brutto. Poi c’è la storia della ragazza sbronza che alle quattro del mattino me l’ha accarezzata, ma son dettagli.

Il senso di familiarità

Non sono riuscito a sentirmi in un paese remoto. Devo aver letto troppi manga, ma l’estetica urbana (e delle campagne) è così ben rappresentata in fumetti e opere di animazione che mi sembrava sempre di stare in posti noti, familiari, già ben visti. I lampioni, i vicoli, i passaggi a livello. Un effetto simile lo fa New York, per dire.

Il ramen

Sono partito con l’idea di sfondarmi di sushi, ma è stato il ramen la vera rivelazione. Il sushi è sostanzialmente come in Italia: costa parecchio, specialmente quello di qualità, e non è un cibo comune. Al mercato del pesce di Tokyo, per dire, ne ho mangiato di buonissimo. Una volta.

Il ramen, invece, lui sì che è un fedele compagno di viaggio. La base è un po’ sempre quella (spaghetti in brodo). Ma, come pasta e pizza, ammette infinite varianti ed è buono senza sboffare. Almeno, io non sono mai stato sboffato. Ne ho mangiato a ciclo continuo, nonostante la caldazza.

I ninja

A me l’immagine del ninja vestito di nero e che lancia le stellette è sempre parsa un po’ una cagata. Forse anche ai giappi, ma questo non impedisce loro di monetizzarla. Ninja dappertutto, fai la foto col ninja, compra il costume da ninja, fai il corso da ninja. Dai e dai, ho anche partecipato al tiro a segno coi ninja: per 300¥ ho lanciato cinque shuriken contro un paglione. Due si sono piantati, nessuno è andato a bersaglio. Ho vinto il premio di consolazione: uno shuriken azzurro, di gomma, che mi è poi stato confiscato in aeroporto in Francia.

Le monete bucate

È una cosa minima, e non una vera sorpresa perché avevo visto le foto, ma averle in mano fa un altro effetto. Le monete da cinque e cinquanta yen hanno un foro al centro, aiuta a distinguerle e mi piace molto.

Buddha per l’illuminazione, Shinto per le grazie

Buddismo e Shintoismo sono le religioni principali del Giappone. Per avere un’idea delle differenze basta visitarne i templi: quelli buddisti sono luoghi di meditazione, silenziosi, spesso vuoti, dove si insegna a superare il giogo del desiderio umano. I templi shintoisti a confronto sembrano dei mercati: rumorosi, sovraffollati, la gente arriva, fa la preghiera, lancia la moneta e prosegue serena. Se non sai come pregare ci sono quasi sempre delle infografiche che ti spiegano i gesti da compiere. I gesti, con (quasi) nessun accenno, a chessò, predisposizione interiore, pensieri, preghiera. Ho avuto la sensazione che lo shintoismo sia molto più una questione di identità e tradizione. Sono relativamente pochi i giapponesi che si definiscono shintoisti, ma poi quasi tutti, magari in maniera irregolare, qualche rituale shintoista lo fanno (lo dice anche wikipedia, quindi deve essere vero).

I manovali eleganti

C’è tutta un’estetica inattesa nella manovalanza giapponese. Sto parlando di cantonieri, operai edili, lavoratori di quelli veri, che usano le mani. Ogni tanto incrociavo gente per strada conciata, grossomodo, così. Me ne sono subito innamorato e ho comprato un paio di pantaloni bracaloni e l’equivalente orientale di una tuta blu da metalmeccanico. Che peraltro è tutta roba fatta per durare e che costa poco.

Il piccante

Secondo punto sul cibo, portate pazienza. I giapponesi non sono fortissimi sul piccante. C’è tutto un filone di curry giapponese che può essere reso piccante a piacere, ma di base stanno abbastanza schisi. A Kamakura siamo finiti in un ristorante cinese e ho ordinato lo zuppone piccante. Mi è arrivata una roba in cui i peperoncini galleggiavano, ho maledetto il mio debole per la capsacina, ma alla fine era gestibilissimo, proprio perché declinato sui gusti locali.

Evviva l’Italia

Rivelare di essere italiani è sempre un bonus: si viene trattati meglio, Ferrari, Juventus, panini! C’è una quantità imbarazzante di locali dal sapore Italiano: il bal Pinolo, la pizza meglio, buon appetio. In un bar (probabilmente illegale) a Kyoto un tizio che stava per aprire un posto del genere faceva punto d’onore di essere stato in Italia per due settimane, non come tanti altri che parlano del nostro paese senza sapere quello che dicono.

Eccetera

Mi fermo prima di scadere nell’aneddotica spiccia. È stato un bel viaggio, soprattutto interessante. Non emozionante, va detto, ma forse sono io che ormai sono anziano e disilluso. Però era pieno di cose interessanti ed è stato impossibile annoiarsi.

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