Proposition 64. La California cambierà il corso della storia?

I cittadini di quattro stati Americani il prossimo 8 novembre saranno chiamati ad esprimersi sulla legalizzazione della cannabis. Tra questi quelli della California. Un’opportunità forse unica che potrebbe segnare l’inversione di rotta sulle politiche globali sulle droghe.

NonMeLaSpacciGiusta
9 min readNov 4, 2016

di Federica Brioschi

Fra pochi giorni negli Stati Uniti avranno luogo le elezioni Presidenziali. Contemporaneamente i cittadini di Arizona, California, Maine, Massachusetts e Nevada esprimeranno la loro opinione sulla legalizzazione della marijuana a scopo ricreativo (mentre quelli di altri quattro stati, Florida, Arkansas, Montana e North Dakota su quella a scopo terapeutico) . Dopo più di 45 anni dall’inizio della “drug war” di Nixon, gli Stati Uniti sembrano pronti a voltare pagina e a cominciare una nuova era.

Per capire meglio la situazione in California, abbiamo parlato con Diane Goldstein.

Diane Goldstein ha servito per 21 anni nelle forze dell’ordine, di cui oggi è veterana, ed è stata la prima donna con il grado di tenente al Dipartimento di Polizia di Redondo Beach (CA). È rappresentante ed Executive Board Member del Law Enforcement Against Prohibition (LEAP), un gruppo di ufficiali provenienti dalle forze dell’ordine contrari alla guerra alle droghe. Inoltre è una opinionista per numerosi giornali e viene spesso invitata in radio e in televisione come commentatrice.

Diane, com’è la situazione sul tema della cannabis in California? Come si è arrivati al referendum?

Le basi dell’iniziativa odierna sono state gettate vent’anni fa, quando il passaggio della Proposition 215 ha creato una prima apertura per l’uso a scopo terapeutico della marijuana. Con quella proposta non si legalizzò la cannabis a scopo medico, ma si marcò l’inizio di un processo molto lungo e difficile, che i promotori hanno combattuto legislativamente e tramite numerose campagne per cercare di ottenere almeno un mercato regolato. Durante questi vent’anni i politici e le forze dell’ordine si sono opposti alle azioni legislative per la regolamentazione della marijuana e solamente grazie alle pressioni degli stakeholder si è arrivati nel 2015, tramite il Medical Cannabis Regulation and Safety Act, alla regolamentazione a scopo terapeutico. Nel 2010 abbiamo avuto la Proposition 19 per la legalizzazione a scopo ricreativo che, pur non passando, ha dato il via a delle iniziative popolari in Colorado, Washington, Oregon, Alaska e Washington D.C. che hanno praticamente legalizzato il consumo di marijuana.

In California e in altri Stati stiamo cercando di fare la stessa cosa e noi (la Drug Policy Alliance, il Marijuana Policy Project e altri sostenitori della riforma delle droghe) pensiamo che il momento giusto sia questo. Crediamo infatti che, vista la concomitanza con le elezioni Presidenziali, anche la partecipazione a questo voto sarà molto alta. Inoltre, il cambiamento demografico, che vede l’opposizione fra i nati nel nuovo millennio e i più giovani da una parte e gli elettori più conservatori dall’altra, suggerisce che il momento migliore per la California sia questo. Se la Proposition non passa adesso, ho dei seri dubbi che avremo presto altre possibilità di riuscita.

Da un punto di vista politico, quali sono le forze della società civile che sostengono la campagna?

Dalla parte della società civile abbiamo la Drug Policy Alliance, che è attiva da quando ancora si chiamava The Lindesmith Center non solo sulla marijuana, ma anche sulla riforma della giustizia penale e su quella della regolamentazione delle droghe. Ci sono anche altre organizzazioni appartenenti alla società civile che erano alle Nazioni Unite quest’anno (alla Sessione Straordinaria dell’Assemblea delle Nazioni Unite sulle droghe, UNGASS, ndr) come Students for Sensible Drug Policy e Law Enforcement Against Prohibition. Il Marijuana Policy Project non è proprio un a ONG, ma sono i maggiori promotori della campagna per la legalizzazione del consumo sia a scopo medico che ricreativo.

Anche Sean Parker, che è stato uno dei fondatori di Napster e Facebook e che non ha nessun legame con il mondo industriale, ci sta sostenendo perché vede questo problema come una questione di società civile e di giustizia sociale. E poi altre centinaia e centinaia di piccoli donatori. Io stessa ho donato alla campagna perché penso che sia importante sostenerla affinché riesca nel migliore dei modi.

Ci incontriamo anche con la stampa e a oggi abbiamo sedici giornali in California che hanno sottoscritto la campagna e che hanno praticamente detto che la guerra alla marijuana è un fallimento e che questa Proposition è un modo per aggiustare un sistema che non funziona.

Del mondo politico invece?

Se si va sul sito della Proposition 64, si possono vedere tutte le sottoscrizioni dei rappresentanti del mondo politico. In California il Governatore Newsom ha istituito la Blue Ribbon Commission on Marijuana Policy. La Commissione era formata sia da sostenitori che da oppositori e provenivano dall’amministrazione pubblica, forze dell’ordine e dai programmi disintossicazione, c’erano anche educatori, ambientalisti e industriali, che hanno dato il loro contributo e testimonianze riguardo le motivazioni per le quali abbiamo bisogno di controllare e regolamentare il mercato delle droghe.

Chi sono gli oppositori della Proposition e da chi vengono finanziati?

I finanziamenti vengono da gruppi rappresentanti delle forze dell’ordine, come ad esempio la California Police Chiefs Association, la Riverside Sheriffs’ Association, la Los Angeles Police Protective League’s Issues (PAC), e la California Correctional Supervisor’s Organization. Anche le industrie farmaceutiche, i produttori di bevande alcoliche e i fornitori di alimentari alle prigioni si sono opposti molto fermamente alla Proposition perché hanno dei chiari interessi finanziari nel mantenere la marijuana illegale. Altri finanziamenti provengono da, fra gli altri, la California Teamsters Union, la California Hospital Association e da Sam Action, un gruppo cofinanziato da Patrick Kennedy, ex membro della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti e dall’ex portavoce di George W. Bush, David Frum.

La California si trova al confine con il Messico e il Messico è uno dei più grandi produttori ed esportatori di droghe. Questo fatto come condiziona la situazione in California?

In realtà penso che sia l’opposto. Il Presidente messicano Peña Nieto nell’ultimo mese ha dichiarato che se la California dovesse legalizzare la marijuana anche lui si muoverà per cambiare le leggi sulle droghe in Messico.

A questo riguardo esiste un modo di dire negli Stati Uniti che è stato utilizzato politicamente per molto tempo e dice che “quello che fa la California, lo farà anche il resto della Nazione”. Abbiamo la possibilità non solo di modificare positivamente la nostra legislazione sulle droghe, ma anche di influenzare quella del Messico, che potrebbe poi allinearsi ai cambiamenti che stanno avvenendo in Canada.

Inoltre, numerosi studi economici mostrano che ciò che spinge alla violenza, che si tratti del Messico, del Canada, degli Stati Uniti o l’Italia, è la proibizione di una sostanza illecita. Infatti a causa della proibizione, la gente si assume molti rischi e i rischi generano molto denaro, che a sua volta crea un margine di profitto artificialmente alto. In Colorado abbiamo visto che è stato venduto quasi un miliardo di dollari di marijuana a scopo sia ricreativo che terapeutico e questo è un miliardo di dollari in meno che va ai cartelli e ai criminali.

Sappiamo dalle indagini delle forze dell’ordine federali che in Messico la produzione di marijuana sta diminuendo perché il profitto non è più alto come in precedenza. È vero che molti stanno orientando la loro produzione verso l’oppio e l’eroina, ma penso che continuando sulla via delle riforme riusciremo a rendere le azioni delle forze dell’ordine più decisive al fine di distinguere i cattivi attori da coloro che vogliono operare in un mercato legale.

Dovremmo impegnare le nostre risorse per prendere di mira le persone violente, non per fermare quelli che vogliono aprire un negozio e pagare le tasse.

A proposito di risorse: quanto costa la guerra alle droghe in termini di prigione, forze dell’ordine ecc.?

I dati più accurati che posso citarti a memoria provengono da uno studio di Jeffrey Miron, un economista di Harvard. Tre anni fa ha rilasciato un’analisi in cui rileva che soltanto a livello statale vengono spesi 3.6 miliardi di dollari esclusivamente sulla marijuana. A livello federale invece stiamo spendendo 25 miliardi di dollari all’anno solo sulla “drug war”, senza contare le prigioni e nient’altro di ciò che è collegato alla “drug war”. Stiamo spendendo miliardi e miliardi di dollari per cercare di fermare la produzione, la vendita e il consumo di droghe illecite e quello che stiamo facendo non funziona. Che si parli di marijuana o di altre sostanze illecite, non è possibile fermare il loro flusso all’interno di una qualsiasi società libera; non riusciamo nemmeno a tenere le sigarette o la marijuana fuori dalle nostre prigioni.

Tuttavia grazie al passaggio della Proposition 64 ci sarebbe un consistente risparmio dal lato delle forze dell’ordine e i fondi potrebbero essere riallocati ai programmi di disintossicazione per coloro che soffrono di abuso di sostanze. Sarà anche possibile utilizzare quel denaro per prendere di mira i criminali violenti, per migliorare la sanità pubblica e per sovvenzionare la ricerca.

Per esempio nella California Proposition c’è un quantitativo significativo di denaro che andrà all’istruzione dei più giovani, alla prevenzione e ai programmi di disintossicazione non basati soltanto sull’astinenza, ma sui più moderni ritrovamenti scientifici e sulla riduzione del danno, utilizzando quello che ha già funzionato per indurre i nostri figli a fumare meno sigarette, a bere di meno o a ridurre il numero di gravidanze in età adolescenziale. Stiamo proponendo un paradigma di riduzione del danno che ha inizio da come parleremo di marijuana ai nostri figli.

Inoltre ogni anno milioni di dollari verranno utilizzati per ricerche universitarie che non si focalizzino solo sui benefici per le salute pubblica, ma anche sull’efficacia della marijuana a scopo terapeutico o per sviluppare migliori procedure per individuare le persone che guidano sotto gli effetti, non solo della marijuana, ma di qualsiasi droga.

Esiste anche una componente di giustizia sociale. Infatti, grazie alla Proposition 64 una porzione di denaro verrà utilizzata per sovvenzionare programmi nelle comunità di colore, che hanno sofferto le maggiori discriminazioni nell’esecuzione delle leggi sulle droghe.

Se questi sono i punti di forza della campagna, quali sono le obiezioni che vengono mosse dagli oppositori della legalizzazione della marijuana?

I nostri oppositori stanno utilizzando diversi argomenti. Dicono che la legalizzazione farà aumentare il consumo, che causerà un enorme danno alla salute pubblica e che il numero di persone che guidano sotto gli effetti della marijuana aumenterà. Tuttavia penso che stiano usando la paura invece che la scienza per opporsi a questa riforma. Stanno ignorando i sondaggi condotti dal nostro stesso Governo. Per esempio il Center for Diseases Control ha appena rilasciato uno studio basato sugli ultimi dodici anni da cui emerge che, è vero che più adulti stanno consumando marijuana, ma anche che il numero dei ragazzini è diminuito. Anche la dipendenza da droghe cronica sta diminuendo sia per gli adulti che per i ragazzini. Quello che i nostri oppositori stanno facendo è scegliere apposta le statistiche per sostenere le loro tesi.

Da un punto di vista europeo è molto interessante perché la maggior parte delle forze dell’ordine europee sa cos’è la riduzione del danno. Ho visto recentemente uno studio proveniente dai Paesi Bassi che ha analizzato il livello di violenza associato ai coffee shop che vendono cannabis regolarmente e il livello di violenza associato ai quelli irregolari. La ricerca mostra che la violenza non si trova al punto di vendita finale all’interno di questi locali, ma più a monte. Per esempio ad Amsterdam si può entrare nel caffè Bulldog e comprare cannabis: sai che è sicura, sai che è pulita e che non ci sono criminali che si nascondono dietro di essa. La ricerca infatti mostra che la violenza adesso si trova lungo la catena di distribuzione e all’approvvigionamento dei coffee shop, quindi un modo di ridurre quella violenza sarebbe di controllare e regolamentare la produzione e la distribuzione della marijuana.

Come pensate di convincere gli indecisi?

Penso che questo sia esattamente il modo in cui lo stiamo facendo e così è come li stiamo convincendo. Stiamo praticamente dimostrando loro che il sistema attuale non funziona e stiamo presentando statistiche e fatti che dimostrano che le obiezioni che ci vengono mosse sono in realtà infondate.

Una previsione? La Proposition passerà?

Sono cautamente ottimista, ma non si sa niente fino al giorno dell’elezione. I sondaggi sono molto buoni.

Come sono le percentuali?

Siamo fra il 52% e il 70%.

È uno scarto molto esiguo se è il 52%.

Lo è! Ma era un sondaggio molto conservatore e in California abbiamo bisogno solo del 50% più un voto perché passi.

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NonMeLaSpacciGiusta

Campagna della Coalizione Italiana per le Libertà e i Diritti Civili - per un dibattito informato e una riforma delle politiche sulla droga.