No, Fontana: la razza bianca non esiste (e pure sull’etnia…)

Valerio Moggia
3 min readJan 15, 2018

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Un albero genealogico misto, giusto per rendere l’idea.

Questa turpe faccenda della razza va chiarita, una volta per tutte: non esistono differenti razze di esseri umani, ma solo una razza (quella che riguarda tutti gli esseri umani, appunto), che si differenzia da quella bovina, suina, eccetera. No, non è un slogan: è scienza. Il concetto di razza non ha alcun fondamento genetico, ma è sempre stato una pura idea politica, atta a fare distinzioni tra individui di cultura e aspetto diverso. Il solo fare riferimento alle razze, anche se in termini positivi, implica l’essere razzista, ovvero il credere che l’umanità si divida in razze. Piuttosto, usiamo il concetto di etnia (no, Fontana: non sono sinonimi).

Ebbene il gruppo etnico mediterraneo, a cui apparteniamo noi italiani, è lo stesso a cui appartengono anche gli iberici, i francesi del sud e perfino i magrebini (cioè, gli abitanti del Nordafrica): questo è quello che sosteneva William Z. Ripley nel suo The races of Europe (1899). Ripley era dell’idea che l’uomo mediterraneo fosse di statura medio bassa, carnagione olivastra e dai capelli neri: Attilio Fontana, quindi, non sarebbe stato considerato, all’epoca, un appartenente all’etnia che oggi vorrebbe difendere (e neppure il sottoscritto, per la cronaca). Fu Mussolini, per evidenti motivazioni politiche, a sostenere che il mediterraneo fosse il ramo più meridionale della razza ariana: ancora una volta, il concetto di razza veniva usato dalla politica per delimitare dei confini, per decidere chi ci stava dentro e chi fuori.

Sapete perché è assurdo parlare seriamente di razze ed etnie in maniera discriminante (operando, cioè, un discrimine, ponendo un confine netto basato sulla purezza etnica)? Perché le etnie pure non esistono. Perché l’Italia, così come tutte le altre nazioni europee, ha alle spalle una lunga storia di miscugli etnici e culturali che hanno modificato (e rafforzato) il nostro corredo genetico e i nostri tratti somatici. Le aree più orientali del Friuli-Venezia Giulia hanno senza dubbio subito la contaminazione slava; i tirolesi hanno ascendenze nordeuropee e i valdostani francesi (francesi che, a loro volta, sono un miscuglio di popoli galli, latini, celti e germanici); il Meridione è passato sotto il controllo cartaginese (l’attuale Tunisia), poi romano, quindi normanno, arabo e spagnolo; le città di mare come Genova, Venezia, Pisa e Amalfi erano importantissimi centri del commercio internazionale, e da lì sono transitati mercanti orientali, che molto probabilmente avranno lasciato il loro segno etnico, mischiandosi alla popolazione locale. E questo solo fermandoci alle contaminazioni più note e facilmente immaginabili: basta solo che un vostro trisavolo abbia sposato una donna magari figlia illegittima di un bianco e di una schiava (o comunque una donna straniera), e la vostra purezza se ne andrebbe al diavolo. E queste contaminazioni non sono solo etniche, ma anche culturali: usiamo parole provenienti da lingue di tutto il mondo, usiamo numeri arabi, e altro ancora.

Anche volendo considerare la nostra etnia sotto il profilo linguistico (il metodo più usato per riconoscere un “popolo” è sempre stato quello di qualificarlo in base ai parlanti di una lingua o di un ceppo linguistico) scopriremmo che tra le lingue di origine latina come l’italiano c’è anche il rumeno, e quindi i rumeni fanno parte del nostro “popolo” più degli inglesi. Allargandoci ulteriormente, e prendendo in considerazione il gruppo delle lingue indoeuropee, dovremmo accettare di riconoscere come nostri fratelli anche coloro che parlano lingue indo-iraniche, provenienti cioè dall’area persiana e indiana, e perfino i parlanti romanì (cioè, i Rom e i Sinti).

Attilio Fontana, e con lui tutti quelli che blaterano della “nostra razza”, hanno tracciato il loro corredo genetico per verificarne la purezza? Quasi sicuramente no. Semplicemente, ne fanno una questione politica: definiscono superficialmente e occasionalmente chi ha il diritto di essere un italiano puro e chi no. Paradossalmente, sono i peggiori nemici del concetto di razza che tanto rivendicano.

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