F1 ’22 for dummies — Guida intergalattica per wannabe-watcher della Formula 1

Alessandro Silva
13 min readFeb 23, 2022

--

La Stagione 2021 di Formula 1 lascia un seguito che raramente abbiamo visto in altre occasioni: il Gran Premio di Abu Dhabi 2021, con tutte le sue controversie e i suoi colpi di scena, è stato l’evento sportivo più seguito al mondo dello scorso anno108.7 milioni di ascoltatori. 1,55 miliardi di spettatori cumulativi durante la stagione, di cui ben 445 milioni sono unici.

Non faccio fatica a credere che alcuni (per usare un eufemismo) neofiti, ipnotizzati dalla meravigliosa guerra Hamilton-Verstappen ed attratti da questo cambio di regolamento su cui molto si è speculato, siano un po’ smarriti nel mare magno di minuzie, regole, controversie che la Formula 1 moderna offre. Ma diciamoci la verità: alla paura di affrontare questo salto nel buio, si affianca un irresistibile canto della sirena che recita “E se quest’anno si può gareggiare ancora di più, come faccio a perdermelo?”.

Niente paura. Siate dei buoni Ulisse: legatevi all’albero maestro e ascoltate questa soave melodia — la cima per costringervi ce la metto io.

Partiamo dalle basi: i piloti. Se la coppia Red Bull Verstappen-Pérez (con l’olandese che al posto del 33 sfoggerà sulla livrea il numero 1, prerogativa di chi è campione del mondo — che può anche optare per tenere il suo numero, come ha fatto Hamilton finora) è confermata, la Mercedes campione del mondo sostituisce Bottas (dopo cinque stagioni piuttosto incolori) con il suo pilota Academy George Russell, inglese, prestato dal 2019 al 2021 alla Williams. Il campione di Formula 2 (la feeder series, categoria propedeutica alla F1) 2018 è uno dei talenti più cristallini del Circus, e a misurarlo sarà ovviamente Lewis Hamilton, già leggenda dello sport con 7 titoli mondiali vinti (pari con Michael Schumacher), record di vittorie, pole position, ecc. ecc.

Conferme in termini di uomini anche per Ferrari (sempre con Leclerc e Sainz), McLaren (Norris e Ricciardo), Alpha Tauri (la scuderia satellite di Red Bull, ovvero dove i piloti della loro Academy possono debuttare e maturare in F1, come Tsunoda e Gasly in queste stagioni), Haas (Mazepin e Mick Schumacher, figlio del grande Michael) e Aston Martin (Stroll — figlio del proprietario Lawrence Stroll — e Vettel, giunto probabilmente alle sue ultime cartucce in F1). Un solo cambio per la Williams, che rimpiazza Russell con Alex Albon, anglo-thailandese della Red Bull, che ritorna nel Circus dopo le annate 2019 (Toro Rosso, ora Alpha Tauri, e poi Red Bull) e 2020 (Red Bull). A lui si affianca il non brillantissimo (ma facoltoso e costante) Nicholas Latifi. Scossone in Alfa Romeo, via Raikkonen (ritirato dopo 19 anni di F1 ed un campionato con la Ferrari, l’ultimo pilota campione in rosso) e Giovinazzi (silurato per sudditanza monetaria, ora in Formula E) in favore dell’esperienza di Valtteri Bottas (nel paddock dal 2013 fra Williams e Mercedes) e del denaro cinese di Guanyou Zhou, che ha sempre fatto bella figura nella categoria inferiore ma mai si è laureato campione.

Ogni scuderia ha poi i suoi piloti di riserva, che devono essere pronti (in qualsiasi momento, che con l’avvento del COVID-19 può essere letteralmente ogni momento) a sostituire i piloti titolari in caso di infortunio o impossibilità a correre. Sono sicuramente Giovinazzi e Mick Schumacher per Ferrari e Alfa Romeo, Giovinazzi e Fittipaldi per Haas, Hülkenberg per Aston e Piastri per Alpine. Gli altri team devono ancora ufficializzarli ma presumibilmente saranno Vandoorne e/o Gutierréz per Mercedes, Aitken per Williams e… tanto mistero. Spesso queste assunzioni dipendono da incastri complessi, frutto di accordi tra team, accordi tra fornitori di motori, altri impegni del pilota e via dicendo.

Ora che la griglia è completa, passiamo ai mezzi: cosa sono le nuove vetture di F1? Ottima domanda. Sono delle monoposto con telaio (e molti altri elementi) in fibra di carbonio, alimentate da un motore da 1.6L V6 da circa 700 CV, al quale si aggiunge un boost di potenza di 300 CV dato dal sistema di propulsione ibrido. Questo sistema è alimentato da due componenti: la Moto-Generated-Unit-H (o MGU-H) e la MGU-K. La prima converte i gas di scarico del motore termico in energia elettrica (tramite una specie di dinamo), la seconda l’energia liberata nella frenata (un po’ come succede in alcune delle auto che guidiamo tutti i giorni, chiamate mild-hybrid). L’energia elettrica accumulata può essere utilizzata in svariati modi, quantità e intensità nel corso di un giro, per poi ritornare completamente disponibile (al netto di quante ce n’è nelle batterie, ovviamente) all’inizio del giro successivo. Per farla semplice, è come la brocca d’acqua a tavola: finché c’è acqua nella brocca, potete riempire il bicchiere e dissetarvi tra un boccone e l’altro, ma quando l’acqua inizia a scarseggiare o finisce, bisogna bere con più accortezza. Noi possiamo alzarci e riempire la brocca con il rubinetto, un’auto di F1 — banalmente — ricarica le batterie non utilizzando più di tanto l’energia. Il motore si completa poi con altre due componenti: il turbocompressore e la centralina elettronica. L’utilizzo di questi componenti non è illimitato: i team ne hanno un numero che varia da 2 a 3 (a seconda del componente) e, nel caso in cui se ne montino altre, si incorre in penalità. La quarta componente (o terza, come ti ho spiegato poco fa) implica una penalità di 5 posizioni sulla griglia di partenza della domenica; dalla quinta (o quarta, ormai hai capito) in poi, le posizioni sono 10. Bella seccatura.

A completare l’aspetto-powertrain c’è il cambio. Esso deve obbligatoriamente essere sempre lo stesso per sei Gran Premi: nel caso in cui venga sostituito prima del chilometraggio previsto, 5 sono le posizioni di penalità sulla griglia della domenica. Ma perché mai dovrebbe essere sostituito prima? Molteplici sono le risposte: può avere dei problemi (non starò a entrare nello specifico, il più comune è la perdita di sincronia tra gli ingranaggi che lo compongono), può essere danneggiato (da un uso aggressivo della macchina, come passare spesso e molto forte sui cordoli — la vibrazione è galeotta, sempre) o può essere demolito in un incidente che coinvolga il retrotreno della vettura, dove è posizionato — Leclerc a Monaco nel 2021, per intenderci.

Sbrighiamo velocemente il discorso legato all’aerodinamica delle nuove macchine, in modo ahimé semplicistico e per nulla corretto dal punto di vista formale. Se “prima” un’auto di F1 funzionava come un aereo che decolla al contrario (e quindi sfruttava la resistenza dell’aria per incollarsi al suolo anche ad altissima velocità), ora il principio è ben differente. La maggior parte dell’aerodinamica è sotto al fondo delle auto, grazie a dei canali (chiamati “Canali Venturi”) che sfruttano la differenza di pressione dell’aria per creare una sorta di vuoto pneumatico sotto alla vettura — incollandola al suolo. Il risultato è che all’esterno non ci saranno più dei brutti vortici di aria (generati dall’auto) che infastidiscono i piloti subito dietro. Stare molto attaccati all’auto che precede, voleva infatti dire maggior consumo — non uniforme, peraltro — delle gomme (a causa dei vortici d’aria calda) e avere una aerodinamica che non funzionava come programmato, visto che il flusso d’aria non era “pulito”. Con queste nuove vetture, l’aria dovrebbe essere quasi come nuova (diciamo “Lavata con Perlana”), con appena il 7% di perdita di funzionamento aerodinamico. Quindi, come Alvaro Vitali-Pierino: — vortici, — aria calda che gira, + efficienza, + vuoto sotto la macchina = gareggiare più vicini senza perdere prestazione.

A questa elaboratissima equazione, aggiungiamo anche le nuove gomme Pirelli da 18", che dovrebbero essere un po’ più longeve e permettere ai piloti di spingere maggiormente nell’arco della gara.

Proseguiamo con tutto ciò che dovete sapere sul calendario: 23 sono i Gran Premi, 3 le Sprint Races, 5 le sessioni per ogni GP. Calma, calma con quelle mani alzate, ora spiego tutto.

Grande listone di consigli per gli acquisti Grand Prix-edition? Via.

GP di Bahrain: apre la stagione, si corre sostanzialmente al buio, circuito in cui la potenza è piuttosto importante. Sempre generoso di emozioni e fondamentale per capire davvero dove sono le squadre in termini di prestazione.

GP di Arabia Saudita: penultima gara dello scorso anno (dove Verstappen e Hamilton si sono schiantati con tanto di controversia), pista veramente indecente con un mix di velocità folle e barriere vicinissime, si corre di notte. Di nuovo.

GP di Australia: era il season-opener fino al 2020, anno dal quale manca per via delle regole anti-COVID piuttosto severe (citofonare Djokovic per saperne qualcosa). Pista atipica, spesso le prestazioni sono leggermente sballate rispetto alle altre, orario da cavarsi gli occhi (semaforo spento alle 5 di mattina).

GP del Made In Italy: Imola, per essere chiari. Meravigliosa pista, si è resa necessaria la fine del mondo per tornarci a gareggiare. Negli ultimi due anni, complici Safety Car e pioggia, ha regalato show pazzeschi.

GP di Miami: circuito nuovo di pacca, tutto un’incognita. Si corre sotto all’Hard Rock Stadium, probabilmente orario di apericena. Bono, se manca lo show almeno ci saranno pizzette e gin tonic.

GP di Spagna: tipicamente top 5-più grandi rotture di maroni del campionato, proprio a causa della natura super ibrida del tracciato, letteralmente l’anti-F1 “di prima”. Chissà che ora…

GP di Monaco: uno dei Gioielli della Corona. Tutti la menano con il fatto che non si sorpassi, ma vincere questo GP significa avere le palle di diamante. Approcciatevi a questa combo sabato-domenica con mente sgombra e pronti ad apprezzare che lì ci si fanno a malapena i 40 all’ora, loro i 280.

GP di Azerbaijan: un parco giochi della pazzia. Il tracciato non è entusiasmante ma succede sempre, letteralmente, di tutto. Si sorpassa bene, c’è la sezione del castello (googlate, saranno 9 metri di larghezza), c’è sempre uno show pazzesco al sabato. Bello, bello, bello. Io non gli avrei dato una lira nel 2016.

GP di Canada: attesissimo ritorno. Pista bellissima, tanti sorpassi, tanto tanto ruota-a-ruota. Motore fondamentale, anche qui. Vale la pena vederla anche solo per vedere se qualcuno si stampa nel Wall of Champions (magari vi spiegherò perché si chiama così).

GP di Gran Bretagna: uno degli eventi immortali della F1. Pista molto bella, ad alta velocità (cercate qualche onboard per capire di che parlo, fidatevi), in cui Hamilton e gli inglesi in generale si esaltano sempre molto. Da non perdere.

GP di Austria: feudo Red Bull. Gli olandesi si presenteranno, come sempre, in massa coi fumogeni arancioni per sostenere Verstappen come fossero un vero gruppo ultras — l’antipasto di Zandvoort, sostanzialmente. Pista molto semplice, in cui la velocità di punta è tutto.

GP di Francia: altro gioiello della corona delle balle cadenti. Zero sfida in termini di track-limits, difficile sorpassare e guidare vicini alla macchina davanti — almeno fino ad adesso. Chissà…

GP di Ungheria: la Monaco permanente. Tracciato super-tecnico, non particolarmente veloce. Anche qua, l’anno scorso ho visto per la prima volta in quasi 20 anni di F1 un’auto partire sola sulla griglia. Per dire cosa succede lì. Robe da chiodi assicurate.

Ora c’è la pausa estiva, tre settimane di tempo in cui i piloti possono raffreddarsi un po’ e i team possono continuare a sgobbare come pazzi nelle varie factory — ma non prima di aver provato, con i Rookie, le gomme Pirelli per il 2023 proprio a Budapest.

GP del Belgio: si ritorna col botto. Una delle piste più amate da piloti e fan, icona leggendaria del motorsport. Saliscendi pazzeschi, velocità altissima, prima curva da galera: bellissimo. Impossibile mancare.

GP di Olanda: cosa succede se unisci l’Hungaroring a Monza e ad una partita di calcio dell’Ajax? Ecco qua. Se vi siete mai chiesti quanto spinta possa essere una tifoseria di F1, alzate il volume e sentite qua. O perché no, qua. Brividi.

GP d’Italia: è tutto qui. Tutto quanto qui. C’è da dire altro?

GP di Russia: un terno al lotto. Potrebbero essere due maroni incalcolabili, potrebbe essere pazzesco come l’anno scorso (grazie alla pioggia eh, che vi credete?). Quest’anno potrebbe essere guardata solo perché ultimo GP di Russia a Sochi, visto che dal 2023 si sposterà a San Pietroburgo. Putin e Donbass permettendo, s’intende.

GP di Singapore: circuito cittadino ben più veloce della norma. Si corre di notte e l’atmosfera è pazzesca, meravigliosa. Il racing a volte non è dei migliori, c’è da dirlo, ma la quantità di imprevisti possibili fa venire voglia di vederlo sempre e comunque. Orario sempre ottimo, primo pomeriggio — non temete.

GP di Giappone: tutto perfettamente bilanciato, come dovrebbe essere. Una venue leggendaria, amatissima, con un pubblico ed una pista strepitosi ma un orario da folli. Folli. Inizio a puntare la sveglia…

GP di Austin (USA): pista finalmente tornata ad essere decorosa dopo essere stata riasfaltata. Quelli della MotoGP avevano minacciato di non correre, per capirci. Again, voi organizzate una bella cena, visto l’orario: se si fa un po’ più noiosa del previsto, avete il ripiego pizza-birra.

GP del Messico: atmosfera clamorosa, pista bellina, sempre tanto tanto show al sabato ed in partenza. Si inizia a sentire odore di campioni del mondo qua, quindi impossibile perderla.

GP di Brasile: il GP di Giappone ad un orario cristiano. Tracciato da libri d’antologia, atmosfera permeata dalla leggenda di Senna e potenza dei motori al comando. Se volete capire quanto pazzi possano essere i piloti di F1 in termini di sorpassi, staccate e racecraft, non perdetevelo.

GP di Abu Dhabi: atto finale. Non fatevi ingannare da ciò che avete visto lo scorso novembre, però: è un altro tracciato da sonnellino post-gin tonic dell’aperitivo. Se il compianto Michael Masi non avesse fatto un po’ di sano freestyle in termini di regole, anche l’anno scorso si sarebbe tornati a casa con zero show. Rimane pur sempre il gran finale, certo. Devo aggiungere altro?

Sì, devo aggiungere altro. Perché ciò che ancora non sapete è che su tre di queste piste (Imola, Austria e Brasile, nello specifico) avrà luogo la Sprint Race. Il tipico format Prove Libere 1 e 2 (Venerdì), Prove Libere 3 e Qualifica Q1/2/3 (Sabato) e Gara con ordine deciso dalla qualifica, subisce un twist mica da ridere. Il venerdì infatti si ha un’ora di prova libera la mattina, come sempre, ma al pomeriggio ci sarà la qualifica per la Sprint (che assegnerà comunque il titolo di “poleman” per le statistiche). Sabato: un’altra ora di prova libera la mattina, e al pomeriggio la Sprint. Circa 100 km (e quindi il 30% di una gara normale) in una trentina di minuti per determinare la griglia di partenza di domenica, in una gara senza pit-stop obbligatori e in cui si combatte dal primo all’ultimo giro. Per la top-8, 36 punti in palio — 8 al primo e così via, fino all’8° con un solo punto.

Ultime due precisazioni, doverose. La prima: piccolo appunto su Virtual Safety Car, Safety Car e bandiere di ogni sorta.

La Safety Car sappiamo tutti quando e perché esce dai box. Ma come funziona? Dunque, all’annuncio della sortita della SC, tutti i piloti sono tenuti a rispettare un delta di velocità (e devono quindi rallentare), a loro indicato sul display del volante. Piano piano, tutti quanti si accoderanno dietro alla SC (che detterà quindi il passo, niente più delta) nell’ordine in cui sono in pista. I doppiati, quando la SC accenderà le luci verdi, potranno sdoppiarsi per poter tornare nella loro corretta posizione. Terminate queste procedure (oltre ovviamente a quelle di rimozione dell’ostacolo/pericolo), le luci della vettura di sicurezza si spegneranno, tornerà ai box (mentre il leader ricompatta il gruppo ulteriormente, gestendo autonomamente la ripartenza) e si ricomincerà a gareggiare. La Virtual Safety Car (che d’ora in poi abbrevierò in VSC) riprende il concetto di avvicinamento alla SC normale: tutti i piloti in pista devono rallentare del 30% il loro passo e — ovviamente — non è possibile superare. Perché si va ai box in fretta e furia se c’è una SC/VSC? Banalmente, si perde circa la metà del tempo a fare uno stop sotto SC e VSC. Il perché, è un tecnicismo da “cosa è pista e cosa no” — la pitlane, pit-entry e pit-exit non lo sono e non sono soggetti al regime di SC/VSC, sostanzialmente. Ultima nota, niente furbate: in regime di SC e VSC non si possono scontare penalità stop’n’go ai box.

Rapida carrellata di bandiere di ogni sorta e colore: via. La gialla singola indica un pericolo in pista e bisogna moderare ragionevolmente la propria velocità. Gialla doppia: maxi-pericolo, bisogna moderare estremamente la propria velocità, tanto da essere pronti a fermarsi in qualsiasi momento. Blu lampeggiante/sventolata: mostrata ad un pilota che sta per essere doppiato, un’auto più veloce sta arrivando ed egli deve essere pronto a rallentare. Blu fissa: mio caro, è ora di rallentare sensibilmente e non disturbare la gara di questi gentlemen decisamente più veloci. Di te. Rossa: super-mega-ingombro o situazione pericolosissima, la gara deve essere fermata. Le macchine si fermeranno sulla griglia o nella pitlane, dove sarà concesso ai team di sostituire gli pneumatici, eseguire riparazioni sul telaio (per ragioni di sicurezza) o di sostituire ala anteriore o posteriore. Una volta ristabilito l’ordine sul tracciato, si procederà ad una ripartenza: se rolling (ovvero come quando la SC torna ai box durante una gara) o standing (un nuovo-primo giro, con macchine ferme sulla griglia e semaforo), lo deciderà la direzione gara. E proprio sulla direzione gara voglio fare la mia seconda precisazione.

Come già accennato prima, Michael Masi non è più il direttore di gara della F1. Saranno Eduardo Freitas e Niels Wittich (già direttori di gare endurance e DTM) a prendere il suo posto, alternandosi. Ma non saranno soli: una Virtual Race Control Room federale assisterà (proprio come il VAR nel calcio) la direzione gara “classica” nelle sue scelte, grazie ad una mole di dati aggiuntivi (e processati in brevissimo tempo) infinita e al libro delle regole sempre aperto davanti a loro. Come dice Mohammed Ben Sulayem, nuovo presidente FIA, “non esiste nessuno sport che non abbia degli arbitri”. E da meno non poteva essere lo sport più veloce al mondo.

Però, mica male questa F1 2022.

--

--

Alessandro Silva

Classe 1999. Se ha due ruote ed un motore, voglio vederlo gareggiare. Se è rosso e blu, deve essere il Genoa. Null’altro.