L’Ametista di Dio

Andrea Canova
3 min readNov 23, 2016

I monaci si svegliarono, nel bel mezzo della notte e si recarono nel coro dove erano soliti aspettare l’alba intonando melodie angeliche. Tre rintocchi di campana sancirono l’inizio della preghiera e dal silenzio assoluto, quasi assordante si alzò all’unisono un canto sublime. Sostenuto da un basso continuo le voci dei monaci ci intrecciavano in melodie ardite ma sempre caratterizzate da una connotazione corale, mai troppo e sfacciatamente individualista. Questo rispecchiava anche il loro atteggiamento nel confronto del Dio che veneravamo e onoravano con la loro stessa vita. Una vita di privazioni, essenziale e generosa vissuta fino alla feccia, succhiata fino al midollo. Una vita che era orientata ad una operosa collaborazione e non lasciava spazi a individualismi, i monaci erano come fratelli e nessuno prevaleva sull’altro. Riconoscevano sì l’autorità della loro guida, da loro individuata tra i fratelli più meritevoli, ma non ne subivano il peso; l’autorità era a servizio della Comunità.

Nel coro erano soliti aspettare l’alba intonando melodie angeliche

Una vita vera e autentica la loro, che la gente del villaggio vicino riconosceva essere un privilegio per quanti sentissero quella particolare vocazione. Era tradizione che il padre di un novizio facesse un lascito al monastero quando il figlio entrasse a far parte stabilmente della comunità monastica. Fu così che Francesco, padre di Benedetto in una fredda mattina di inverno si recò nel vicino monastero. Pur non essendo lontano dal piccolo villaggio, il monastero era situato in una valle secondaria e non si scorgeva se non quando si giungesse a poche miglia di distanza. Francesco giunse al monastero e fu accompagnato dal capo della comunità monastica che lo accolse cordialmente offrendogli un thè caldo. Lo fece accomodare vicino al camino in muratura che spiccava dalla parete nord della stanza. Subito la fatica e il freddo che aveva patito svanì ed iniziò a rivolgersi al suo ospite.

Una splendida gemma di Ametista

“Grazie di avermi accolto nel vostro monastero, sono compiaciuto del fatto che da oggi mio figlio farà parte della vostra Comunità. Vi ho portato in dono questo cristallo, una splendida gemma di ametista, un gioiello che da molte generazioni appartiene alla nostra famiglia.” L’ametista è il cristallo che collega l’uomo a Dio, che lo mette in relazione con il suo essere più profondo, con la sua energia spirituale e in connessione con le entità angeliche soprannaturali. “E’ appartenuto alla nostra famiglia dalla notte dei tempi e ora vorrei che facesse parte del vostro tesoro.” Il monaco ringraziò Francesco e, accostandosi a Benedetto, gli chiese quale nome volesse dare a quella gemma tanto preziosa. Benedetto rispose senza esitazioni: “L’Ametista di Dio”.

La gemma splendeva, incastonata sul suo grezzo pastorale di nodoso ulivo.

Fu allora che il vecchio Benedetto terminò il racconto e i novizi che lo stavano ascoltando da ore senza proferir parola si ripresero come da un sonno profondo o un viaggio in una terra lontana, non potendo non notare che la gemma che splendeva, incastonata sul suo grezzo pastorale di nodoso ulivo era proprio l’ Ametista di Dio, gemma capace di unire cielo e terra.

GEMMA DI AMETISTA — 55 CARATI

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