Sviluppavo videogiochi da tempo ormai, ma soltanto tre anni fa ho scoperto gli advergames e sono rimasto sbalordito dalle opportunità creative che offre questo mondo.
Dopo questi due anni a raccontare a chiunque dell’esistenza di questo settore (e per chiunque intendo chiunque: amici, collaboratori, aziende, marketers, agenzie, gelatai e mio suocero), mi viene naturale scrivere un articolo di recap. Uno di quelli che hanno un po’ il compito di fare chiarezza su chi sono, cosa faccio e dove vorrei arrivare. Anzi no, togliamo quest’ultimo punto, ché dove esattamente ho intenzione di arrivare, per ora, non lo so proprio.
Sono Andrea, sono uno sviluppatore web e creare videogiochi è diventato il mio lavoro. In particolare il settore degli advergames (parola che ripeteremo spesso in questo post) è quello in cui, insieme a quel genietto di Fabio, ci siamo specializzati con Makinario; e, mai come ora ritengo così doveroso chiarire e raccontare dal mio punto di vista cosa siano esattamente e dove stia il loro immenso potenziale.
Il problema di spiegare cosa sia un advergame è che qualsiasi definizione risulta estremamente limitante, sia a chiarire il concetto sia a far percepire tutto il mondo che ci sta dentro.
Le risposte più immediate e diffuse sono più o meno sempre le stesse: si può dire che sono videogiochi promozionali, videogiochi a scopo di marketing, che advergame è l’unione delle parole advertising e videogame, fino a ricordare solennemente l’ormai conosciuta e gettonata definizione dell’Istituto Italiano dell’Autodisciplina Pubblicitaria (IAP) che definisce così l’advergame:
Forma di comunicazione commerciale che diventa parte di un gioco elettronico interattivo, sviluppato appositamente per la promozione di un prodotto o di un brand.
Mi dispiace dire che le definizioni che si trovano sul web non mi convincono mai molto; sembra sempre che manchi qualcosa.
E qualcosa manca. Perché stiamo parlando di videogiochi che coinvolgono, raccontano, istruiscono, sensibilizzano, premiano, vendono, fidelizzano, divertono, educano, incuriosiscono, sorprendono e mi devo fermare, perché la lista di cose che può fare questo alternativo modello di marketing è davvero infinita. Insomma, per chi li comprende, gli advergames sono davvero tanta roba.
Di fatto, per ogni obbiettivo di marketing di un’azienda c’è potenzialmente uno o più modelli di advergames adatti a contribuire egregiamente a raggiungerlo.
Ciò che differenzia maggiormente un videogioco da qualsiasi altra forma di intrattenimento digitale, sia esso un testo, un’immagine, della musica, un podcast, un video o un intero film, è che ad un videogioco si gioca mettendo da parte tutto il resto. Per l’utente, in quel lasso di tempo, non c’è distrazione, non si gioca mai “facendo anche qualcos’altro”.
Non c’è bisogno di essere gamer super nerd per saperlo: avete ancora giocato alla Playstation, no? O ad un videogioco su smartphone: la partecipazione e il coinvolgimento, durante il gioco, sono attivi al 100% ed è proprio lì che sta il punto di forza su cui gli advergames fanno leva. Ecco dove sta il trucco: nessuno gioca ad un videogioco senza essere concentrato. L’attenzione degli utenti è la risorsa più rara e preziosa ormai e l’interattività del gaming è il sortilegio che permette alle aziende di attrarla.
Ok, tutto bello per le aziende — direte voi — ma i loro clienti? I clienti sono quelli che si divertono di più: sono loro, quelli che giocano :)
Scherzi a parte, noi sviluppiamo, per qualsiasi tipo di azienda, advergames principalmente mobile: videogiochi per browser in Javascript e librerie derivate, ottimizzati per smartphone: ciò vuol dire che, per condurre gli utenti (e potenziali clienti) a tu per tu con il vostro brand dentro il vostro videogioco, sarà sufficiente un link da diffondere nei social di cui la vostra azienda si serve (oppure un qr-code esposto nei negozi fisici, agli eventi o direttamente stampato sulla confezione di un prodotto, in una brochure o su un banner pubblicitario). Nessun download per gli utenti, nessun software, app o chissà che da dover installare. Niente di niente; solamente un link da toccare col dito e il gioco inizia. La call to action più semplice che ci sia e gli utenti sono tutti vostri.
Ed è a questo punto che si apre un mondo. Sempre lo IAP (vi linko il post specifico) definisce tre diversi generi di advergames (associativi, illustrativi e dimostrativi) che rappresentano le tre macro categorie di metodo pubblicitario a cui si fa riferimento durante lo sviluppo del gioco.
Ma per me è abbastanza limitante anche questa categorizzazione ufficiale. Sì, perché l’immensa varietà delle meccaniche di gioco realizzabili connesse all’infinita possibilità di personalizzazione dell’esperienza a livello comunicativo, l’estrema relatività degli obbiettivi preposti e del target di riferimento, mischiano sempre le carte a tal punto da dar vita a giochi talmente originali che non appartengono verticalmente a nessuna di queste tre categorie e anzi, spesso, ne fondono addirittura insieme le migliori peculiarità.
Quando abbiamo un advergame in brainstorming da cui deve partire lo sviluppo, la nostra priorità non è certo la scelta di una categoria tecnica a cui farlo appartenere. Piuttosto è l’obbiettivo che un’azienda si pone ad essere sempre il nostro punto di partenza. Obbiettivo che spesso è delineato da una strategia di marketing e di comunicazione già ben definita dall’azienda in questione e di cui l’advergame deve semplicemente diventare parte integrante.
Ci piace parlare di obbiettivi e discutere delle soluzioni migliori per raggiungerli. A quale categoria di game advertising appartenga poi ciò che proponiamo ci interessa relativamente. Ecco quindi una carrellata di business-goals per cui un videogioco promozionale può diventare una soluzione davvero interessante per un’azienda e per i suoi clienti:
- Brand awareness. La percezione del marchio. Non ho ancora deciso se è più figo dirlo in inglese o in italiano. Ma è quella roba lì: la notorietà della tua azienda, nel proprio settore e oltre, può aumentare ulteriormente utilizzando uno strumento di rapida diffusione come un videogioco mobile brandizzato.
- Social Media Engagement. Quello di cui abbiamo parlato per tutto il post: la capacità di un advergame di coinvolgere l’utente non ha rivali: provare un gioco proposto tramite link da toccare non è faticoso. Quel link è facilmente ricondivisibile da chiunque su qualsiasi piattaforma e una volta iniziato il gioco l’attenzione dell’utente è tutta nostra. L’advergame è inoltre un ottimo strumento da poter integrare in realtà commerciali che comunicano e intrattengono il proprio bacino di utenza tramite un sistema generale di gamification già attivo.
- Customer Loyalty. La fidelizzazione è una delle chiavi per fare in modo che il cliente torni sempre da noi. Il cliente può sentirsi più attaccato al brand attraverso il divertimento di un gioco. Questo meccanismo viene amplificato se si offrono ricompense ai giocatori, come sconti, voucher, prodotti gratuiti (o perché no: la carica di vincitore assoluto di una classifica settimanale), che spingono il cliente a tornare e a mantenere quindi l’attenzione sul brand.
- Lead Generation. La sacrosanta lead generation. Essere attratti da qualcosa di originale è la conseguenza inevitabile della curiosità delle persone, scatenata nel nostro caso dalla diffusione di qualcosa che fa divertire, che è gratuita e che, magari, fa anche vincere qualcosa. Ecco che nuovi pacchetti di utenti che decidono di lasciare la propria email per poter giocare apre le strade a meccanismi successivi di comunicazione comodi e pratici, come newsletters settimanali o pubblicizzazione diretta dei propri nuovi prodotti.
- Lanciare un nuovo prodotto. Anche in questo caso una campagna videoludica, magari nelle settimane precedenti l’uscita vera e propria del prodotto in negozio o in e-commerce, può essere una strategia perfetta per aumentare l’interesse e l’aspettativa da parte dei potenziali acquirenti durante le settimane di attesa.
- Raccontare i propri servizi, la propria azienda, la propria storia. Lo storytelling è ciò che più avvicina le persone ad una realtà e farlo attraverso il gaming è una delle mosse più seduttive che possiamo trovare.
- Raccogliere dati. Sapere quante persone giocano, per quanto tempo, su quali sezioni cliccano più volte, quali prodotti selezionano, da quali vengono meno attratti, quante volte finiscono sul nostro sito internet dal gioco, quanto lo condividono, quali categorie di persone, da quali regioni o da quali social provengono… insomma, avete già capito dove si va a parare. I dati sono i dati. E un advergame te ne fornisce molti e di qualità.
- Aumentare le conversioni. Stesso discorso: più l’utente rimane a contatto con la nostra azienda e più siamo in grado di guidarlo dove desideriamo e dove desidera. L’aumento delle conversioni è una naturale conseguenza di una campagna di gaming fatta come si deve.
- Supportare la formazione. Un sistema di domande a quiz o che guida il giocatore attraverso la scoperta di particolari tematiche, anche molto specifiche, è un metodo che un’azienda di formazione può benissimo integrare nei propri sistemi di insegnamento. Qualsiasi tipo di argomento attraverso le meccaniche di gioco può essere insegnato in modo coinvolgente.
- Sensibilizzare. Il discorso è il medesimo: arrivare alle persone con un videogioco più o meno serio è una strada che le aziende possono percorrere per sensibilizzarle e stimolare la loro attenzione verso tematiche sociali che l’azienda ha particolarmente a cuore.
- Generare hype per un evento. C’è poco da dire. La questione è equivalente a quella del lancio di un prodotto: coinvolgimento — attenzione — interesse — partecipazione. Un esempio: sfornare biglietti a prezzo scontato a chi raggiunge determinati punteggi ad un videogioco non fa che aumentare l’interesse per l’evento stesso.
- Creare competizione, intrattenere e divertire. A volte anche soltanto creare del sano divertimento ai propri clienti, senza nessun obbiettivo verticale e specifico può solo donare freschezza all’azienda nel tempo a venire. Anche nel contesto aziendale interno, generare della sana competizione fra dipendenti e collaboratori attraverso una struttura di gamification basata sui videogiochi, sviluppati su misura, non può che aumentare l’attaccamento dei membri del team e la loro identificazione con la realtà che stanno vivendo.
Insomma, per ora penso di aver scritto abbastanza, eccoci qui:
Ciò che possiamo affermare con certezza, per concludere, è che studiare le dinamiche di gioco che si adattino il più possibile alle visioni di ogni nuova azienda con cui collaboriamo e poter contribuire a raggiungere obbiettivi mirati attraverso lo sviluppo di videogame personalizzati e di qualità è sempre una sfida elettrizzante e che dona grandi soddisfazioni a noi e all’azienda con cui abbiamo il piacere di collaborare.
Come startup, la nostra prospettiva di crescita futura è orientata più su questo aspetto che su chissà che altro: le vibes che sentiamo, che cerchiamo di trasmettere a chi lavora con noi e il valore che riusciamo a creare con la nostra passione.
See you in the next advergame!