Dalla parte dei senza voce sulle tracce di Danilo Dolci

Andrea M. Alesci
2 min readMar 30, 2021

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Il sociologo, educatore, poeta e attivista Danilo Dolci (1924–1997)

C’è una traccia invisibile nella Storia: percorre distanze, colma divari, unisce puntini. Un po’ come nelle costellazioni, a cui decidiamo di dare una forma. Per renderle riconoscibili nello spazio e nel tempo.

E diamo anche dei nomi a queste figure, che quando diventano terrestri possono descrivere l’educazione alla libertà, come quella messa in opera dal signore della fotografia

Lui è Danilo Dolci.

Uno che fece una contro-migrazione inimmaginabile, spostandosi dall’estremo nordest italiano (Sesana, nel Carso) all’estremo sudovest italiano (Trappeto e Partinico, nel palermitano).

È lui che mi è venuto in mente l’altro giorno quando ho letto della decisione di Aboubakar Soumahoro di trasformare in azione politica tutto il buono che in questi anni ha fatto per fare valere i diritti umani di persone sfruttate nelle campagne del sud d’Italia.

Prendere posizione, occupare uno spazio perché risuoni la voce dei senza voce.

Entrambi sociologi, entrambi attivisti, entrambi portatori di messaggi nonviolenti, entrambi capaci di educare all’esercizio della libertà.

Se c’è oggi qualcuno che può davvero aprire una speranza di una nuova politica, è Aboubakar Soumahoro. E con lui pure il movimento Fridays For Future; e persone che sanno cooperare e guidare come Elly Schlein.

Aboubakar Soumahor, sociologo, sindacalista, attivista.

Mettersi in azione come insegnava Danilo Dolci con il suo metodo maieutico: ascoltare chi ha da dire, parlarci insieme, capire, sostare e poi fare.

Fare prima di tutto con l’unica proprietà che abbiamo: le parole. È lì che scoprii molti anni fa Danilo Dolci, tra le parole delle sue poesie in un libro Feltrinelli Editore che è di mio padre.

Le poesie di Danilo Dolci sono tutte senza titolo, forse perché non hanno necessità di distinguersi ma hanno soltanto il bisogno di essere lì, di stare scritte su una pagina che è come il mondo: aperto e continuamente soggetto a integrazioni, correzioni, completamenti.

Ce n’è una che mi ha sempre colpito molto e che forse riassume perfettameente Danilo Dolci e il suo modo di sentire:

Se l’occhio non si esercita, non vede
se la pelle non tocca, non sa
se il sangue non immagina, si spegne.

Pudore ho di poesia
pure se esperto di fatiche e lotte,
meravigliato dei capelli bianchi
di essere ancora vivo.

Nel mio bisogno di poesia,
terra
acqua, creature sono diventate
terse parole.

Se possiamo cambiare, possiamo farlo solo come in una costellazione di puntini: prendendo in mano una matita e unendo quei puntini. Insieme.

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Andrea M. Alesci

Scrivo storie per piccoli umani, correggo testi per quelli grandi. Su Substack con la newsletter settimanale Linguetta.