CARTESIO E IL PROBLEMA DELLA CONOSCENZA

Angelo Mascherpa
8 min readMay 1, 2018

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Percorso filosofico ad opera della classe 4CSU dell’Istituto “Cairoli” di Pavia — 2015–2016

René Descartes, meglio noto come Cartesio, fu uno dei piu’ importanti filosofi del ‘600. Nato il 31 marzo 1596 a La Haye ed educato nel collegio dei gesuiti di La Fleche segno’ la svolta decisiva per il passaggio dal Rinascimento all’eta’ moderna. Cartesio fu il fondatore del razionalismo, ossia una corrente della filosofia moderna che vede nella ragione il principare organo di verita’, nonche’ lo strumento per realizzare una nuova visione complessiva del mondo. Tra il 1619 e il 1630 comporra’ una delle sue opere piu’ importanti: Il discorso sul metodo. Cartesio crede di aver individuato nella matematica un metodo, ovvero un criterio di orientamento unico e semplice che serva all’uomo in ogni campo teorico e pratico. Questo metodo e’ costituito da quattro regole:
1. EVIDENZA, ovvero “chiarezza” e “distinzione”
2. ANALISI
3. SINTESI
4. ENUMERAZIONE E REVISIONE
Ecco una divertente (e un po’ violenta) ricostruzione del metodo cartesiano, nell’analisi della situazione di combattimento in cui si trova coinvolto Holmes, e nella sua efficace sintesi risolutiva.

Da “Sherlock Holmes di Guy Ritchie (2009)

Cartesio ricavò questo metodo dalla matematica, anche se non era ancora dimostrato che, funzionando nella matematica, sarebbe stato adatto anche in altre scienze.
Una volta individuato il metodo, si tratta ora di “giustificarlo”, facendolo risalire alla mente umana. La ricerca di questo “fondamento”, inizia con il dubbio metodico: un procedimento del pensiero di Cartesio che utilizza il dubbio come metodo per mettere alla prova le conoscenze in nostro possesso, e solo le conoscenze che sopravvivono a questo “scetticismo” possono essere considerate assolutamente vere, ovvero classificabili come certezze.

Sono sicuramente soggette al dubbio tutte le conoscenze sensibili, poiché spesso i sensi ci ingannano. Il dubbio metodico non nega la possibilità di una conoscenza vera, ma si dimostra come strumento razionalista per giudicare il valore della conoscenza empirica.

<<Il cucchiaio non esiste!>>

Secondo Cartesio la realtà esiste solo in quanto filtrata dalla nostra persona: se non ci fosse il soggetto pensante non ci sarebbe l’oggetto pensato. Per questo, nel filmato successivo, il bambino dice che è Neo a piegarsi e non il cucchiaio!!!

Dubitando di tutto, persino che 2 + 3 = 5 (dubbio “iperbolico” generato dall’ipotesi del Genio Maligno…), noi siamo certi di esistere: <<cogito, ergo sum>>… anche se questa certezza si limita al pensiero; ovvero Cartesio è certo di esistere solo come RES COGITANS (sostanza pensante).

Cartesio, partendo dalla certezza del pensiero o res cogitans , ci dice che le IDEE sono il contenuto del pensiero e possono essere di tre tipi:

AVVENTIZIE: quelle che sembrano esterne a me…

FATTIZIE: quelle formate o trovate da me stesso…

INNATE: quelle che non ho creato io e che non esistono al di fuori di me (Perfezione, Infinito, principio di non contraddizione…)

Cartesio, partendo dalle idee innate deduce l’esistenza di Dio, chiamata anche idea di Infinito, perchè è impossibile che l’uomo, creatura finita e imperfetta, possa produrre l’idea di una sostanza infinita, eterna, immutabile, indipendente, onnisciente e onnipotente: IDEA DI DIO.
La dimostrata esistenza di Dio, togliendo l’ipotesi del “Genio maligno”, elimina il dubbio iperbolico e quindi, di conseguenza, il dubbio sulle certezze matematiche. Quando si coglie la realtà con i sensi si continua a dubitare (dubbio metodico), ma non si possono più mettere in discussione gli aspetti geometrico-matematici dei corpi che Cartesio chiama RES EXTENSA (realtà fisica che è estesa, inconsapevole e meccanicamente determinata).

II quadro di Kandisnky (Composizione VIII — 1923) è una metafora di un universo spaziale, fatto in mondo geometrico, ovvero da res extensa.

Cartesio, quindi, fa una distinzione tra proprietà “oggettive” e proprietà “soggettive” dei corpi: la grandezza, la figura, il movimento, la durata e il numero sono qualità reali (oggettive) della sostanza estesa (res extensa); ma il colore, il sapore, il suono ecc. dipendono dalle nostre percezioni (proprietà soggettive) e non esistono come tali nella realtà corporea.

Anche il tempo, che apparentemente non è “spazio”, mediante l’orologio, diventa uno spazio geometrico.
Con questa espressione si intende la concezione cartesiana secondo la quale, ammettendo l’esistenza dei corpi come res extensa, completamente distinti dalla res cogitans, la realtà si suddivide in due zone eterogenee e radicalmente opposte (DUALISMO ONTOLOGICO):

A) La sostanza Pensante → Res Cogitans
B) La sostanza Estesa → Res Extensa

Dualismo ontologico cartesiano

Nel dualismo cartesiano, tutte le attività spirituali (come il pensare, il volere, il desiderare) sono modi d’essere della sostanza pensante, che Cartesio tende ad identificare con l’anima individuale, mentre tutti i corpi sono “modificazioni accidentali” dell’unica sostanza estesa.
Una delle conseguenze del dualismo cartesiano fu il problema dei rapporti tra res cogitans e res extensa nell’uomo. La difficile questione di come debbano essere intesi i rapporti tra anima e corpo ha generato numerose discussioni intorno al cogito.
L’osservazione più insidiosa per Cartesio è stata quella del “materialista” Thomas HOBBES, secondo il quale dire che l’uomo, dal momento che pensa, è sicuramente pensiero, sarebbe come dire che, siccome passeggia, sarebbe una passeggiata!
L’ironia di Hobbes sottintende la possibilità, non contemplata da Cartesio, che “il pensare” non sia tanto un attributo di una fantomatica res cogitans o anima, ma, più ragionevolmente un’attività compiuta dal corpo.
Ecco una scena del film Blade Runner in cui l’androide Rachel, dotata di innesti di memoria che la rendono altamente simile a un vero essere umano, si crede tale e si comporta esattamente come un’umana, sottoponendosi al test del cacciatore di replicanti Rick Deckard.

Scena da “Blade Runner”, di Ridley Scott (1982)

Hobbes, infatti, pensava che sotto al procedimento del pensare ci fosse qualcosa di materiale, come il cervello, la cui attività è appunto il pensiero. Secondo il materialista Hobbes il pensiero, quindi, non è staccato (“dualisticamente”) dal corpo, ma è una cosa unica con esso

Con la radicale separazione tra pensiero e materia, che riduceva tutta la natura esterna a res extensa, Cartesio potè però elimare i residui finalistici, antropomorfici, animistici, magici e astrologici che, agli inizi del 600' infestavano ancora la Fisica, interpretandola in modo totalmente “meccanicistico”. Ciò incise profondamente sulla formazione della mentalità scientifica del ‘600, soprattutto in Francia.
Il MECCANICISMO (o “determinismo meccanicistico”) indica la propensione a considerare il Mondo alla stregua di una grande macchina, indagabile secondo le leggi della meccanica e spiegabile in termini di materia in movimento, secondo riteri quantitativi e matematici. Infatti, togliendo la res cogitans dal mondo “esterno”, siamo costretti a spiegarlo meccanicamente, quindi scientificamente.

Animale-macchina

Secondo Cartesio le funzioni vitali non erano differenti dai fenomeni di natura meccanica, infatti riteneva di poterne trovare la conferma negli studi di anatomia rinascimentali.

Rembrandt, Lezione di anatomia del dottor Tulp, 1632

Si iniziò a studiare il corpo meccanicamente (scientificamente) e William Harvey scoprì la circolazione del sangue, teoria dalla quale Cartesio ricavò conferme della propria interpretazione meccanicistica del corpo umano e degli altri esseri viventi, considerati degli “automi”, in quanto privi di res cogitans. Infatti la circolazione del sangue può essere interamente spiegata come la circolazione di un liquido all’interno di un circuito idraulico, di cui il cuore è la pompa!

Per il filosofo anche il corpo dell’uomo è un “automa”, di cui la res cogitans si servirebbe come di un proprio strumento.

IL SUPERAMENTO DEL <<DUALISMO>> CARTESIANO: Spinoza e il concetto di “sostanza”

Partendo da Cartesio, ma ndando oltre Cartesio, un altro filosofo razionalista, Spinoza, si interroga sul concetto di sostanza per dedurre tutto il sistema del sapere metafisico.
Spinoza definisce la SOSTANZA come <<ciò che è in sè e per se si concepisce, vale a dire ciò il cui concetto non ha bisogno del concetto di un altra cosa da cui debba essere formato>>. Dalla definizione di sostanza, come “ciò che è in sè per sè si concepisce”, Spinoza deriva quattro proprietà che la caratterizzano: 1) increata — 2) eterna — 3) unica — 4) infinita

Ma il Dio-Sostanza di Spinoza non è più il Dio personale, trascendente e “separato” dal mondo della tradizione ebraico-cristiana, bensì la Natura stessa: DEUS SIVE NATURA = “Dio ovvero la Natura”.
Dal principio dell’unicità della Sostanza, deriva quindi una forma di “panteismo” che, identificando Dio o la Sostanza con la Natura, considera anche quest’ultima come una realtà increata, eterna, unica e infinita, di cui le cose del mondo saranno manifestazioni.
Quelle che Cartesio considerava “erroneamente” due sostanze (aggiunte alla sostanza divina), la res cogitans e la res extensa, diventano i due ATTRIBUTI che l’intelletto umano percepisce dell’unica Sostanza: il pensiero (la coscienza) e l’estensione (la materia), che sono le due “facce” della realtà di cui è partecipe. Mentre i singoli corpi e le singole menti diventano i MODI, ovvero le modificazioni accidentali degli attributi: modificazioni dell’estensione (corpi) e modificazioni del pensiero (menti).

Monismo panteistico spinoziano

La Natura (= Dio e i suoi attributi), considerata come causa, sarà Natura naturante; considerata invece come effetto (l’insieme dei modi), sarà Natura naturata. Questo significa che la causalità divina rispetto al mondo acquista, nel pensiero spinoziano, il significato assolutamente innovativo di causalità immanente, ovvero di attività produttrice il cui prodotto non esiste fuori della causa, bensì in essa stessa.

Detto altrimenti, Dio (ovvero la Natura) non “crea” qualcosa di diverso da sé, ma si “modifica”, cioè si esprime in infiniti “modi determinati” (le singole menti e i singoli corpi).

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