8 marzo, con tanti auguri da Barilla

Barbara Sgarzi
3 min readMar 7, 2016

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Dunque, io avevo una bisnonna. Ho avuto la fortuna di conoscerla, sì, e di averla fino alla mia età adulta. Famiglie contadine, si facevano i figli presto, a cinquant’anni si era nonne, a settanta bisnonne.

La mia bisnonna era una donnina minuta, con i capelli grigi raccolti a crocchia, seminascosti da un fazzoletto nero. Negli ultimi anni, unica concessione alla modernità, si era tagliata i capelli, una zazzeretta ispida ormai tutta bianca. Sotto a un fazzoletto, nero. Vestiva sempre di nero, tanto che in famiglia la chiamavano così: la nonnina nera. Una volta vidi le sue foto di anni prima. Mia mamma era una ragazzina, dovevano essere gli anni sessanta. Lei invece era identica, uguale a come l’avevo conosciuta io più di vent’anni dopo. Una donna anziana. Minuta, secca, vestita di nero, il fazzoletto sulla testa. Nero. Aveva poco più di quarant’anni, la mia età di oggi. L’età in cui le donne di quella generazione che, come lei, avevano passato la vita a lavorare e fare figli (nove, nel suo caso) si vestivano di nero. Perché qualche lutto c’era stato, certo. I genitori. Un fratello. Anche qualche figlio nato morto o che non aveva superato l’età della dentizione. E perché così si faceva. Copriti prima, perché sei bella, perché attiri troppo. Copriti dopo, perché sei vecchia, perché sei consunta, perché sei brutta da vedere. “Come alcune donne musulmane” lo ha già detto qualcuno? Ecco, sì, esatto.

Questa sera ho acceso la tv, cosa che faccio di rado. Su Rai Uno, cosa che faccio ancora più di rado. Aspettavo il Commissionario Montalbano, perché ognuno ha le sue debolezze. E ho scoperto fra l’altro che esiste ancora il programma dei pacchi, Affari tuoi, e che ha ancora ascolti lusinghieri.

E insomma alla fine di Montalbano è arrivata questa pubblicità, sicuramente in onda da tempo, ma che io ho visto solo stasera. Leggo: in onda da febbraio, regia di Salvatores. Cose d’autore. Chissà dove sono stata fino a oggi. Una ragazzina caruccia che parla al telefono con il padre, Favino, che guida per tornare a casa e dice “Papà, ti ho fatto il ragù”, con un bel sorriso soddisfatto da donnina di casa. Come dicevano a me trent’anni fa: che brava donnina di casa. Come sei giudiziosa. E lei giù a spiegare come ha fatto il ragù, barando, leggendo la ricetta sul retro della scatola, tutta fiera di essere la donnina di papà, pure un po’ furbetta perché si sa, alla fine le donne sono nate per intortarli, gli uomini. Compiacerli, certo, ma intortarli pure un po’.

Così mi è venuto in mente che domani è la Giornata internazionale della donna o Festa della donna o come preferite chiamarla. E non è che io abbia mai fatto tanto altro che comprare della mimosa che comunque, essendo ligure, è uno dei miei fiori preferiti, e rileggere La ballata delle donne di Sanguineti; d’altronde, la mia coscienza civile si è formata negli anni 80, si è fatto quel che si è potuto. Ma siccome ho una figlia di otto anni che sto cercando di crescere senza barriere, senza limitazioni, senza steccati, dopo quello spot così cliché, così banale, così anni cinquanta, così mia bisnonna con in testa il fazzoletto nero, mi sono infuriata, mi sono intristita. Intristita, soprattutto. Ancora lì, siamo?

Per cui volevo dire al signor Barilla, quello che ha già chiarito tempo fa che definizione abbia della famiglia, l’unica possibile, che è stato superato da tutti i lati, che le bambine di oggi, mia figlia e le sue compagne di classe, giocano a calcio e corrono più veloci dei maschi, fanno l’accademia per diventare Jedi e combattere con la spada laser, amano le magliette che luccicano e gli anfibi, Margherita Hack e Harry Potter, sognano di imitare Samantha Cristoforetti e giocano con le Barbie. Hanno voglia di fare il ragù per i loro padri? Può darsi. Anche. Magari anche per le loro madri che, chissà, lavorano, a volte tornano tardi pure loro.

Vorrei dire che, per una volta, nel ruolo di accudimento avrei voluto vedere un figlio maschio. Così, per cambiare un po’. Per dimostrare di aver capito qualcosa. Anche solo per l’effetto sorpresa. E invece no. Tutto preciso, tutto come deve essere, tutti al loro posto. Tutte con il fazzoletto in testa, possibilmente nero. D’altronde, si è sempre fatto così.

Preparatevi bambine, perché non cambieranno mai. Non cambieremo mai.

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Barbara Sgarzi

Journalist, Adjunct Professor @sissaschool. Digital junkie. Columnist @ Donna Moderna. Sommelier. http://www.donnamoderna.com/opinionisti/barbara-sgarzi