Simon Biles, ginnasta stellare che, però, è stata definita da People “Michael Jordan della ginnastica” come se, senza un parametro maschile, non riuscissimo a capirne la grandezza (foto dal Guardian)

Pacchi e lato B, le Olimpiadi online

Barbara Sgarzi
4 min readAug 9, 2016

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Non che sia una novità: certi commenti sbavanti sulle atlete — soprattutto della pallavolo o, peggio, del beach volley — li ricordo negli anni come un fulgido esempio di di morbosità.

Ma questa volta, con le Olimpiadi di Rio, si sono tutti superati. Passino le analisi sulla quantità di preservativi dati in dotazione agli atleti, i gossip sulle relazioni più o meno clandestine, i commenti sui look: cose alle quali siamo purtroppo abituati, che affollano i colonnini morbosi (immortale definizione di Luca Sofri, sono passati anni ma non ne trovo una migliore) dei siti dei quotidiani ogni volta che c’è un evento sportivo di medie dimensioni. Gattino, Bélen, acconciatura “sexy” della centometrista, panda che rotola, balletto di Gianluca Vacchi, sedere di marmo della tuffatrice.

Ma dimenticarsi completamente delle performance sportive in virtù dell’aspetto fisico, ecco, quello forse è troppo anche per noi. Dico forse, perché da una parte siamo bombardati dai messaggi sul body shaming — è l’estate in cui ci siamo rivoltati contro una didascalia infelice e scannati su un paio di shorts, quella in cui a leggere certi commenti pare che se una donna sovrappeso gira in pantaloncini venga assalita e coperta all’istante dalle Brigate Buon Gusto — dall’altra ci facciamo scivolare sopra tutto, a parte qualche urletto di indignazione generica. Siamo assuefatti al vuoto, scrive su Caterina Bonetti su Gli stati generali.

Vediamo, dunque. Sei bella? Chissenefrega delle ore di sudore e allenamento: faccela vede’, faccela tocca’. Lato B da urlo per Rossella Fiamingo, con foto prese rigorosamente dal suo profilo di Facebook e quei “Meraviglie” e “Guarda” che fanno tanto onanista frustrato.

Sei brutta, anzi, peggio, cicciottella? Come ti permetti. Qualunque cosa farai, anche un’impresa titanica, sarà secondaria al tuo girovita abbondante, come è successo alle arciere italiane, protagoniste loro malgrado di uno dei titoli più infelici del giornalismo sportivo.

A margine: le scuse-non-scuse del direttore del Resto del Carlino non gli hanno evitato il licenziamento, pardon la rimozione, da parte dell’editore. Ma non hanno evitato neppure il titolone dell’Huffington Post che, come nelle migliori tradizioni del giornalismo italiano, dal “fiume killer” alla “montagna assassina”, sembra affibbiare alle atlete la colpa del licenziamento. Anche loro, in effetti, che modi: fossero state snelle, il direttore non avrebbe dovuto scrivere quel titolo e ora avrebbe ancora un lavoro.

Un po’ di decoro, suvvia. Dimagrite. Magnate de meno, rincara la dose Libero, su Twitter, restando, va detto, semanticamente coerente: non divorate i poveri direttori.

Un problema italiano? Non direi, almeno per questa volta. Almeno non a leggere questo pezzo del Guardian che chiarisce come i commentatori sportivi, nel raccontare i successi della nuotatrice ungherese Katinka Hossz, ne attiribuiscano il merito soprattutto al marito allenatore. Qualche commento su Twitter, tra quelli citati nel pezzo:

D’altronde, ci siamo sorbiti per decenni la frase più velatamente maschilista di sempre, che nascondeva il sessismo dentro un palese falso complimento — “Dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna”, dietro, mi raccomando — ora prendiamoci pure la versione a parti invertite. E visto che non dovrebbe, ma pare servire un vademecum per non essere sessisti, lo stesso Guardian arriva in soccorso con un pezzo pieno di suggerimenti puntuali per parlare di atlete senza fare comparazioni o riferimenti agli uomini. Sembra assurdo ma quelli del Guardian, visti gli exploit dei commentatori delle Olimpiadi finora, si sono sentiti in dovere di specificare cose del genere:

DON’T refer to women in terms of men they know, are related to, work with or have sex with. Women are fully-formed, autonomous people who do things. We are not pets or gadgets or sex-baubles.

Un problema che riguarda solo le donne? Non direi, di nuovo. Mi sarebbe piaciuto che tutte quelle che urlano alla mercificazione del corpo femminile dicessero qualcosa anche contro il pezzo firmato Redazione Cosmopolitan che altro non è se non una gallery di inguini, per così dire. Magari lo hanno fatto, eh: in caso mi scuso, non ho letto o sentito nulla. Però l’ho trovato ugualmente fastidioso e con un titolo francamente indifendibile. Pensate ad aver dato sangue sudore e lacrime per essere alle Olimpiadi e trovarsi insieme a una decina di colleghi ridotto a un francobollo di lycra e carne, in una gallery su un magazine, nominato solo per quello che pare celare il costume. Medaglie d’oro per tutti, bravi.

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Barbara Sgarzi

Journalist, Adjunct Professor @sissaschool. Digital junkie. Columnist @ Donna Moderna. Sommelier. http://www.donnamoderna.com/opinionisti/barbara-sgarzi