COS’E’ LA COMPERSIONE?

(sicuramente non quello che c’è scritto in questo articolo) 

Beazilla
12 min readFeb 19, 2014

Con questo articolo, diamo il via alla rubrica “Le pagelle di Beazilla”:

Articoli di critica sulle cazzate che vengono dette in giro sul poliamore.

Aiutateci a smontare le poliballe una ad una!

Dal sito Sexpressed.

Traduzione di Serena Bertogliatti.

Quando parlo con gli uomini delle mie relazioni non-monogame, la loro prima reazione di solito è: “Wow, è una figata!”. Dopodiché, di norma segue una domanda per schiarirsi le idee, giusto per assicurarsi del fatto che abbiano capito bene: “Quindi tu hai una ragazza e le sta bene che te la fai con altre tipe? E fai anche cose a tre? E fai orgie?” E io dico sì, sì e sì. A questo punto sorridono, pensando a quanto debba essere fantastico. Subito dopo sbiancano. “Ma… Questo significa che anche lei fa sesso con altri ragazzi?” Ovviamente rispondo: “Sì. Dopotutto, è equo.” E qui tutta la loro eccitazione svanisce, e loro dicono: “Neanche per sogno. Non potrei mai accettarlo.”

Ok, fin qui uno scenario tipico, è capitato a tanti poli che conosco ed io stessa ho avuto esperienze molto simili. L’articolo non sembra male all’inizio, anzi viene da seguirlo e da identificarcisi molto.

Non voglio farvi pensare che questo sia il genere di conversazione che ho con tutti gli uomini, ma di sicuro è quello che accade con la maggior parte. Sono tutti gasati fino a che non realizzano che provare a fare quel che faccio io implicherebbe l’approvare a loro volta il fatto che le loro ragazze possano fare sesso con altri uomini, e come potrebbero mai? La loro gelosia è troppo potente per permettere loro di accettare serenamente che le loro ragazze abbiano esperienze sessuali con altri. Il concetto, l’idea di supportare i/le propri partners nel momento in cui questi/e hanno altre relazioni all’esterno della struttura monogama si chiama “compersione”. Cos’è la compersione? Ecco la definizione:

Compersione: uno stato di gioia empatica che si prova quando una persona che amiamo è felice con un suo altro partner.

Ok, devo ammettere che fin qui mi piace. Ma è troppo bello per durare, purtroppo. Ecco in arrivo una serie di strafalcioni di tutto rispetto!

Si può provare compersione nei confronti dei propri figli, dei propri amici, della propria famiglia, dei propri colleghi… di chiunque, di fatto.

Ehm, no, guarda, ma proprio NO.

Ogni volta che ci sentiamo genuinamente felici per e a sostegno di una persona felice e soddisfatta dei risultati raggiunti, anche nel caso in cui tale felicità non ci porti alcun beneficio diretto, allora stiamo esprimendo loro compersione.

…Veramente quella è l’empatia. O meglio, la capacità di provare felicità per la felicità di un altro si divide in empatia e simpatia: si tratta di empatia quando si riesce a comprendere i sentimenti altrui e a relazionasvisi senza venirne travolti, mantenendo comunque una capacità di giudizio e un’obiettività.

La simpatia si ha invece quando ci si lascia travolgere e ci si fa influenzare nel proprio giudizio. Per esempio, se provo simpatia per una persona che vedo soffrire, sarò meno incline a crederla capace di commettere un crimine, anche se mi vengono presentate delle prove.

Allo stesso modo, se sono felice per qualcuno, magari farò fatica a capire che in realtà si sta mettendo nei guai, o che mi sta creando dei problemi, e non saprò settare dei limiti ben precisi per non far succedere una gran merdaccia.

Quella che l’autore erroneamente definisce come compersione in realtà è una forma di empatia.

La compersione stessa è una sottocategoria dell’empatia, ma specifica delle relazioni poliamorose e della gioia data dal vedere un partner in relazione sentimentale o in intimità con un altra persona.

Il termine è stato creato in ambiente poli proprio perché non esistendo molta informazione sulle relazioni poli, non c’era nemmeno una terminilogia adatta a definire questo tipo di interazione.

Ma la cosa interessante di questa parola è la sua origine: è stata completamente inventata dalla comunità poliamorosa. Persino adesso, mentre scrivo con Microsoft Word, una sottolineatura rossa a zig zag appare sotto a “compersione” ogni volta che la scrivo, mostrandomi che il controllo ortografico non la riconosce.

Non è interessante? Fino al momento in cui la comunità poliamorosa non è sopraggiunta non esisteva un’unica e semplice parola per descrivere l’idea di sentirsi felici della felicità altrui.

Ancoraaa? ma sì che c’era, era “empatia”! E in ogni caso, esistevano diversi termini in diverse culture non-anglosassoni. (v. sotto)

C’è però una parola per il suo contrario: gelosia. La compersione è il contrario della gelosia.

*BEEEEEEP* no, in realtà anche su questo c’è un grosso dibattito in corso nella comunità poliamorosa.

Alcuni provano sia gelosia che compersione insieme, allo stesso modo in cui Una persona che sperimenta il sadomaso può provare dolore e piacere nello stesso momento.

Anche se “ufficialmente” si è portati a pensare che gelosia e compersione siano opposti e mutualmente esclusivi, l’esperienza insegna che siano invece due facce di una stessa medaglia.

Quindi non è così scontato che le si possa considerare una il contrario dell’altra. Sono più che altro i due aspetti della stessa emozione.

Anzi, è un’idea parecchio semplicistica e poco accurata.

Si racconta che che una comune poliamorosa esistente a San Francisco negli anni settanta sia stata uno dei primi gruppi di una certa grandezza ad accogliere il concetto di “polifedeltà” e a considerarlo un modo realistico di agire. Hanno aperto molti orizzonti ai non-monogami e coniato una serie di termini, tra cui “compersione” (“compersivo” è l’aggettivo, ad es. “Ti prego, sii compersivo nei confronti della mia vita”).

o_O questa frase più la leggo e meno ha senso… per come ho capito io il termine, si può essere compersivi verso i propri partner, quindi l’oggetto della compersione dev’essere una persona, non qualcosa di astratto come la vita di qualcuno.

Credo sia sempre dovuto all’ errore di prima di confondere compersione ed empatia.

Trovo sia estremamente affascinante che questa parola sia stata creata nella lingua inglese meno di cinquant’anni fa, mentre il suo contrario, “gelosia”, esiste da migliaia di anni.

Non è che un’altra prova del fatto che l’umanità si preoccupa molto più di essere gelosa di ciò che la circonda che dell’essere compersiva.

Secondo me qui si trova un effetto del condizionamento culturale dell’autore. Non è vero che non esistono termini per parlare dell’empatia o comunque di un qualche tipo di felicità per il prossimo.

In molte altre culture esistono termini usati per definire la gioia empatica che si prova per l’altro ( per esempio Mitfreude, in tedesco, è la compartecipazione gioiosa alla felicità altrui. In Pāḷi, una lingua arcaica del subcontinente indiano nella quale sono stati redatti molti dei testi della tradizione buddista, questo stesso concetto è espresso con il termine Muditā. Ed è un termine antico quanto la cultura asiatica!)

Non mi è per nulla difficile essere compersivo nei confronti dei miei partner quando si tratta delle loro relazioni. Voglio saperli felici, e se fare sesso con altre persone li renderà tali in qualsiasi modo allora hanno il mio supporto. Anche se fossi geloso in qualche modo, o se mi sentissi minacciato dalle esperienze sessuali che hanno all’esterno del nostro rapporto, comunque mi guarderei allo specchio e smetterei di sentirmi così,

Questo passaggio mi sembra un po’ semplicistico. Quando sei geloso, ti guardi allo specchio e tutto ti passa magicamente?? Bella favoletta, peccato che per il 99,999999999999% dei poli che conosco non sia così. Ci vuole un sacco di lavoro su sé stessi, non è per niente facile, e a volte si sta male anche fisicamente.

Tanto di cappello per chi ci riesce, per carità. Ma per tutti gli altri, articoli come questo possono solo farli sentire delle merde, se per caso non riescono a provare compersione al primo colpo.

perché essere compersivi è la cosa giusta da fare.

Oddio, poco-poco direttivo e paternalistico, questo pezzo! :D

“La compersione è la cosa giusta da fare. Lo dice nostro Signore!” ROTFL.

In realtà conosco persone che, pur non provando compersione, stanno benissimo anche senza. Non provano gelosia, semplicemente non provano uno sballo da compersione così forte, pur non essendo affatto turbati dalla nuova relazione del proprio partner.

La non-monogamia potrebbe non fare per voi, ma penso che concorderemo tutti sul fatto che approvare le cose che rendono felici le persone che amiamo sia la cosa giusta da fare, per tutti e in ogni frangente, anche quando si tratta di cose che non ci fanno sentire a nostro agio.

Mmmmhbhe, inzomma… Se un mio partner fosse alcolizzato o tossicodipendente, non potrei certo “approvare” la sua autodistruzione! Cercherei di convincerlo a smettere, magari anche aiutandolo, ma non sono una fan del “whatever floats your boat” a tutti i costi: se un mio partner sta facendo una cazzata, non mi permetto di sostituirmi a lui e alle sue decisioni, ma non mi trattengo neanchedal dirglielo!
Approvare tutto acriticamente è un comportamento dannoso per tutti, e rasenta l’indifferenza.

Ma non sto cercando di sminuire la difficoltà che la compersione ci presenta.

La “difficoltà”? Boh, la compersione è un’emozione, non un obiettivo da raggiungere. Dato che non ci si può condizionare a provarla, non presenta nessuna difficoltà: o succede di provarla o non succede.

Ci sono cose che magari possono intensificarla, aiutarci a provarla, o a godercela di più, ma se non si è predisposti per l’empatia è inutile scervellarsi a cercare di spremerla fuori da noi… In questo senso , la compersione non presenta nessuna difficoltà, di per sé.

La difficoltà è semmai nel gestire le crisi di gelosia a cui uno stile di vita come il poliamore può esporci.

La gelosia è un tratto acquisito, uno di quelli che ci vengono inculcati in tenerissima età dal mondo che ci circonda in molteplici modi, e disimparare non è semplice.

Anche su questo c’è molto dibattito. Alcuni sostengono che il tratto acquisito non sia la gelosia, ma il modo in cui ci abituano a gestirla (cioè, cercare di limitare e controllare il comportamento sessuale del partner invece di lavorare su sé stessi e sulle proprie insicurezze).

La gelosia è come la fame: ci segnala che qualcosa non va. Se sia perché abbiamo saltato un pranzo, o perché ci nutriamo male e quindi non siamo mai abbastanza sazi, o se sia perché soffriamo di fame nervosa, questo sta a noi cercare di capirlo.

Mi sta un po’ sul cazzo il modo semplicistico in cui questo tizio affronta la gelosia, dicendo “è un tratto acquisito, punto.” senza spiegare come è giunto a questa conclusione, senza dire se ci sono studi che confermano la sua ipotesi (sarebbe il minimo, vista l’affermazione così perentoria).

Semplicemente , prende come un dato di fatto qualcosa di estremamente complesso, senza neanche linkare ad un approfondimento per far capire al lettore di cosa si sta parlando.

Non c’è dubbio che vi sia del lavoro da fare per raggiungere questo obiettivo, ma per quale motivo al mondo non si dovrebbe desiderarlo? Dopotutto, quanto ci si può dire vicini ai propri partner/amici/famigliari/etc se non si prova genuina felicità dinnanzi alla loro felicità?

Approvo questo pezzo. Anche se, ripeto: non è così semplice!

Prendete questo semplice esempio: una ragazza se la prende quando il suo ragazzo esce con gli amici per una “serata tra uomini”. Accade ogni due settimane, e ogni volta lui fa tardi e torna a casa stanco e mezzo ubriaco e crolla sul divano. Non ha problemi con l’alcol, è attento alle necessità di lei in tutti gli altri frangenti, c’è sempre una persona sobria al volante e non la tradisce in nessuno modo quando è fuori con gli amici. Semplicemente, ogni tanto gli piace uscire e fare casino con gli amici.

… e poi parte il delirio:

Se lei gli dicesse chiaro e semplice che questa piccola cosa che lo rende tanto felice non le va giù e che non la condivide per nulla, quanto intimi e affiatati e al sicuro potrebbero sentirsi l’uno nei confronti dell’altra? Lui penserà che lei non capisce o sostiene i suoi desideri e lei penserà che lui non capisce le sue necessità emotive. Ma se lei non solo accettasse le sue “serate tra uomini” ma addirittura lo incoraggiasse a uscire con gli amici ogni due settimane, magari preparandogli persino una coperta sul divano e portandogli del caffè il mattino dopo, il tutto senza alcuna traccia di animosità, immaginate come si sentirebbe lui. Immaginate quanto si saprebbe compreso e supportato. Immaginate quanto sarebbe bello per lei sapere non solo quanto lui sia felice, ma che il suo sostenerlo l’ha resa parte di quella felicità.

Sì certo, se lei se la sentisse di farlo, e se le andasse bene. Non se dovesse fingere che la cosa le vada bene, quando in realtà le sta sul cazzo.

Io ce l’ho avuto un fidanzato lievemente alcolizzato, e anche se si ubriacava solo quando usciva con gli amici, no, non era una cosa carina da vedere. Faceva male vederlo ridotto così.

E non è “normale” o “carino” che a chi ti ama non venga da dire niente.
E’ giusto essere sinceri con il partner, anche quando si deve parlare di cose poco gradevoli, cose che comunque vanno risolte insieme.

E poi questa roba: “preparandogli persino una coperta sul divano e portandogli del caffè il mattino dopo” ma cos’è, sua madre??

Ripeto: se le fa piacere farlo, ok. Buon per loro. Ma non ha senso farlo controvoglia, quando in realtà si vorrebbe portare alla luce quello che lei considera un problema.

E immaginate quanto sarà propenso lui a dare sostegno a lei in qualcosa in cui normalmente non glielo darebbe, come una serata tra donne o un party tra studentesse o una qualche attività particolarmente costosa o una vacanza da sola o qualsiasi altra cosa.

La compersione, persino al di fuori della struttura non-monogama, è la chiave per l’affiatamento con il proprio partner.

Ah quindi “se io ti faccio da mamma, tu mi fai da papà e sganci soldi per le cose costose”?? ci mancava solo lo stereotipo del ragazzo che è più invogliato ad accompagnarti a fare shopping e poi avevamo fatto bingo!

Seriamente, ragazzi, queste cose che “non siete propensi a fare” non fatele se non vi viene da farli.

E soprattutto: non fatele come merce di scambio. Della serie “se sarò carino con lei, lei poi me la darà/me lo ciuccerà/non mi dirà niente quando mi ubriacherò”. Not cool, guys!

In una relazione sana bisognerebbe fare solo ciò che ci si sente, non ciò che conviene fare perché ti dà un ritorno, anche se lo viviamo come una forzatura. Poi certo, quando c’è un problema da affrontare, a nessuno piace mettersi lì a risolverlo, e costa fatica, ma è una cosa che si fa per stare meglio con sé stessi e con gli altri, non per ottenere cose in cambio!

Secondo me, è il fatto che a una persona con cui stai insieme non va bene che tu abbia serate fra sole amiche, o un party, ad essere preoccupante. A prescindere da quello che tu fai o non fai per quella persona.

Capisco in parte cosa intendesse dire l’autore, ma secondo me non ci si dovrebbe fermare al “se lasci il partner più libero ti conviene, perché anche lui lascerà libero te”. E’ sicuramente una bella cosa, ma le persone andrebbero lasciate libere perché non è giusto limitarle, non perché c’è un ritorno. Quello dovrebbe essere solamente un gradevole effetto collaterale di una scelta di vita più corretta e rispettosa verso l’altro!

I partner non-monogami per scelta non si limitano ad “accettare” la struttura dei loro rapporti. Non la “tollerano”. La amano. La sostengono di cuore e vogliono fare tutto il possibile (entro i limiti, ovviamente) per assicurarsi del fatto che il/la loro partner possa avere ciò che desidera, con la consapevolezza che il/la loro partner farà lo stesso per loro. L’unica differenza è che, anziché una “serata tra uomini”, si tratta di “fare sesso con qualcun altro”.

Tutto qui. Niente di più semplice.

Tiriamo le somme:

Questo articolo è un po’ permeato di stereotipi eteronormativi, probabilmente anche per il fatto che chi scrive è un maschio alfa superpieno di sé in una coppia aperta etero che vive il poliamore nella sua accezione più superficiale, ovvero “siamo poli e facciamo un sacco di sesso … e basta” .

L’articolo partiva anche benino, illustrando una scena molto comune per quei poli che si trovano a spiegare il looro stile di vita a degli amici monogami, ma poi precipita subito sulla definizione di “compersione”, toppandola in pieno che manco la tipa del Mattino di Padova(link).

In alcuni punti il tizio sembra avere delle belle illuminaizoni, coe se si riprendesse dal coma e l’encefalogrmma piatto ricominciasse a dare un lieve bip a segnalare attività cerebrale: mi piace molto il punto in cui dice che i poli “adorano” il loro stile di vita e non si limitano a farselo semplicemente andare bene(anche se forse il tizio allude al “lifestyle” nel senso del fatto di trombare un sacco in giro e basta, che capisco possa diventare molto addictive, ma le gioie del poliamore sono anche altre), o il pezzo in cui si chiede perché non si dovrebbe essere felici per il partner, anche se semplifica un po’ troppo e finisce per cadere nella solita fuffa da legge dell’attrazione che “se non ci riesci è colpa tua” e la cosa mi sta estremamente sul cazzo. Il mio voto per questo articolo: 6 meno-meno.

Diciamo che se la cava con una sufficienza striminzita, ma mancano proprio le basi.

Provaci ancora, Scotty!

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