Come hanno fottuto i trenta/quarantenni
Quando ero piccolo io negli anni Ottanta, bastava studiare e la questione era risolta. Una vita gloriosa si stendeva davanti a noi, che avremmo potuto studiare, non avremmo dovuto emigrare, avremmo avuto una vita piena e ricca di soddisfazioni. L’Italia pompava fatturato, i Mondiali di Italia 90 erano la rappresentazione chiarissima di come stava evolvendo e crescendo e godendo questo Paese.
Poi, sarà che siamo arrivati terzi ai Mondiali, sarà che all’improvviso il Pentapartito non c’era più con il bel faccione di Craxi a rassicurarci, sarà che quello che era considerato il più grande imprenditore italiano si è buttato in politica, insomma, la situazione è degenerata. E non solo qui da noi, che alla fine dei conti eravamo abituati ad arrangiarci, ma in tutto l’Occidente, mentre il rising billion del Terzo mondo cominciava a dirci “Ehi, pure noi vogliamo le robe fighe che avete voi!”. I segnali c’erano ma non li sapevamo cogliere, quando ancora Roberto Baggio sbagliava i rigori a Usa 94.
Insomma, ci siamo ritrovati laureati e abbiamo cominciato a scrivere “Dott.” o “Dott.ssa” alla fine dei curriculum ma a nessuno fregava più niente del fatto che fossimo Dott. o Dott.ssa. Bisognava studiare ancora, fare un Master, fare i debiti, e poi raccapezzarsi a passare una vita saltando da un lavoro all’altro.