Come prodursi uno spettacolo da soli, fare una marea di cazzate ed essere contenti lo stesso

Ciccio Rigoli
10 min readSep 30, 2015

In breve, cos’ho fatto: ho scritto diversi pezzi per tablet, microfono e voce recitante e, dopo averli portati in giro per pub, circoli ARCI, vinerie e piazze, li ho messi insieme, ho dato loro un ordine, ho chiamato lo spettacolo “Ponderatissime parole a manetta” e ho deciso di portarli a teatro. Visto che i teatri non mi hanno preso in considerazione eppure pensavo che ci fosse qualcosa di buono in quello che avevo scritto, mi sono organizzato uno spettacolo da solo. Vediamo come, almeno nella mia esperienza, si mette assieme uno spettacolo, si raccolgono i fondi, lo si produce e lo si porta in scena. E soprattutto quante cazzate si fanno e cosa ho imparato.

Bisogna avere uno spettacolo pronto

Solitamente i cartelloni dei teatri sono organizzati con mesi di anticipo, e spesso gli spettacoli non sono del tutto pronti. Sono degli abbozzi, alcuni sono in fase avanzata, ma non tutto è pronto. Quando si tratta di compagnie stabili però, essendoci qualcuno che lo finanzia, e magari qualcun altro che si occupa dell’amministrazione e della burocrazia, gli attori possono fare gli attori, il regista può fare il regista, e ognuno ha il suo ruolo. Quando te lo organizzi da solo, no. Fai (quasi) tutto tu, e a pochi giorni dallo spettacolo ti accorgi che, tra tutto, la cosa di cui ti sei occupato di meno è proprio il testo. Dovresti provare, e invece devi andare in SIAE a pagare dei soldi. Dovresti provare, e invece devi pensare a come sistemare le luci in scena. Dovresti provare, e invece stai a montare dei video per il promo. Insomma, dovresti provare e non ce la fai quasi mai. Nel mio caso inoltre, non facendo solo l’attore nella vita, di giorno lavoravo e poi la sera e la notte facevo tutto il resto. Avendo poi anche una famiglia, diciamo che il tempo si è ridotto ulteriormente. Per questo conviene che lo spettacolo sia già pronto e magari già provato da qualche parte.

Sembra strano, ma servono soldi: raccogliere i fondi

A meno che tu non sia ricco di famiglia, dovrai trovare dei soldi per portare in scena lo spettacolo. C’è da affittare un teatro, pagare chi lavorerà con te, pagare i manifesti, pagare la benzina della macchina per andare a provare e tutto il resto.

Se hai fortuna, trovi uno sponsor. Ma, diciamoci la verità, in quanti vogliono investire soldi sul teatro? In pochi. Quasi nessuno. E non gli si può dare neanche tutti i torti.
Cosa rimane quindi, oltre a impegnare la casa oppure chiedere soldi a mamma e papà? Semplice: il crowdfunding.
Trovare una persona che ti dia 1.000 euro è quasi impossibile, trovarne 10 che te ne diano 100 ciascuno è difficilissimo, trovarne 100 che ti diano 10 euro a testa è difficile, ma non impossibile.

Fondamentale: sapere quello che si vuole fare. Non è possibile chiedere fondi e dire “Ho un’idea cioè, è un abbozzo, insomma, pensavo, farei…”. Voi dareste dei soldi a qualcuno che si presenta così? No, vero? Ecco, esatto. Neanch’io.

Dovete spiegare esattamente cosa andate a fare, dove, come e quando. E, soprattutto, quanti soldi vi servono. Vi fa schifo parlare di soldi? Beh, pensate che solitamente gli scambi funzionano che qualcuno paga, e qualcun altro fornisce un servizio o una merce. In questo caso, siete voi che pagate. Quindi i soldi vi servono.

Ponetevi un obiettivo onesto. Se chiedete 1.000 euro e per lo spettacolo ve ne servono 6.000, non saprete mai come tirare fuori i 5.000 che mancano. E dovrete comunque rendere conto a chi ha messo dei soldi e vi ha fatto arrivare a 1.000. Se invece ne chiedete 10.000 e ve ne servono solo 4.000, oltre a rischiare di fallire clamorosamente l’obiettivo, nel caso in cui raggiungeste la cifra richiesta dovrete rispondere a chi vi ha dato più soldi del necessario, che giustamente si aspetta che ci facciate uno spettacolo con quei fondi e non che andiate a bere dei mojito a Cuba. Dettagliate tutte le spese e stabilite il vostro obiettivo.

Una volta stabilita la cifra, come fare a raccoglierla? Ci sono diversi servizi di crowdfunding, io ho usato Indiegogo perché, banalmente, era quello che chiedeva la percentuale più bassa sui fondi e non avrebbe voluto niente in caso il crowdfunding fosse fallito. Ci sono altri servizi, tipo Kickstarter, Produzioni dal basso, Musicraiser (soprattutto per musicisti) e altri. Scegliete quello che vi ispira più fiducia, stabilite quanto dovete raccogliere, in quanto tempo, stabilite le quote e le ricompense da dare a chi contribuisce, scegliete se prendere tutti i fondi solo una volta raggiunto l’obiettivo oppure prendere comunque quanto vi viene dato indipendentemente dal raggiungimento dell’obiettivo, ed è ora di darsi da fare. Inizia ora la parte difficile.

Una delle ricompense per chi ha contribuito al crowdfunding: i magnetini da frigo.

Un soldino per i tuoi pensieri: convincere gli altri

Dovete innanzitutto far sapere agli altri quello che state facendo, quello che volete fare e che, possibilmente, sarebbe bello se contribuissero. Parlatene, sbattetevi, ditelo a tutti, cominciate a raccogliere fondi partendo da amici e parenti stretti, girate del materiale promozionale, aprite un blog, parlate di quello che volete fare e considerate che quel periodo di crowdfunding sarà dedicato quasi esclusivamente a convincere quante più persone possibile che se vi danno dei fondi sarà per una buona causa. In questo periodo avrete sempre in testa di andare a controllare quanto state raccogliendo, avrete dei dubbi sul raggiungimento dell’obiettivo, avrete i sensi di colpa perché state chiedendo dei soldi agli altri, insomma, sarà un periodaccio. Esaltante, ma un periodaccio. E vi troverete a controllare compulsivamente la mail per vedere se qualcuno ha contribuito. I primi giorni probabilmente saranno i migliori, poi ci sarà un periodo di stanca, che è quello in cui sarete molto depressi perché sarete quasi certi di non raggiungere l’obiettivo, e poi alla fine si avrà il rush finale in cui arriveranno i ritardatari e tutti quelli che vi vogliono bene. E lì si vedrà se avete seminato bene.

Se alla fine siete riusciti a raccogliere quanto serve, siete adesso obbligati a partire. Non si scherza più, c’è chi ha creduto in voi e ha tutto il diritto di essere ripagato.

E qui arriva la prima cazzata che ho fatto io: il crowdfunding l’ho lanciato a Marzo 2014, dicendo che avrei portato lo spettacolo in scena nel 2014 stesso. L’ho portato in scena solo a Settembre 2015.

Cosa fare in questo caso quando una delle promesse non viene mantenuta? Semplicemente non nascondersi, ma spiegare perché c’è un ritardo. In generale, spiegare cosa sta succedendo e dimostrare che non siete scappati col malloppo tranquillizza chi ha contribuito, fa stare voi in pace con la coscienza e vi consente di ripartire e di chiarirvi le idee.

Seconda cazzata che ho fatto io: credo di non aver ancora ricompensato tutti i funders, e sto cercando di recuperare. Lo so che per alcune cose è tardi, ma in qualche modo cercherò di farmi perdonare. Quindi è molto importante essere riconoscenti con chi contribuisce e non dimenticarsi di ricompensarli come promesso.

Il Maestro Gelli, autore dei suoni e fulmini dello spettacolo

Vieni con me, sarai salvato: scegliere i collaboratori

A meno che non facciate l’opera teatrale più spoglia del mondo, ci sarà qualcuno che dovrà lavorare con voi. Un musicista che suoni in scena come nel mio caso, altri attori, qualcuno che si occupi di audio e luci, qualcuno che stia alla cassa, un social media manager, un grafico che vi aiuti con le immagini, insomma, ci vorrà qualcuno che lavori e che dovrete, indovinate un po’? Pagare. Ebbene si, sembrerà strano, ma le persone si pagano. E si pagano il giusto. E puntuali.

Pagare le persone, oltre a rendervi una persona migliore e farvi voler bene da chi lavorerà con voi, stabilirà un rapporto diverso. Se si propongono di lavorare gratis per voi perché magari sono amici, rifiutate. Non potrete avanzare nessuna pretesa nei loro confronti se dovessero mostrarsi svogliati, non avessero più nessuna voglia di lavorare oppure trovassero di meglio da fare. Insomma, se uno lavora gratis, nessuno può lamentarsi perché lavora male.

Farà schifo come concetto, ma “pago e pretendo” vale anche nell’arte. Ovvio che non dovete maltrattare chi lavora con voi, ma far capire che si tratta di un lavoro pagato vi mette in una posizione diversa rispetto all’organizzare le cose in amicizia. E fa capire che non state sfruttando nessuno, ma date importanza al lavoro altrui. Infine, ammettiamolo, da anche una certa soddisfazione poter pagare adeguatamente chi lavora per e con voi.

Scegliete qualcuno di cui vi fidate oppure che vi ispira fiducia dal primo momento. Se da subito lo vedete poco interessato, passate oltre. Vi serve qualcuno in cui credere ciecamente, a cui potervi affidare senza timore. Lo ribadisco, c’è poco tempo da perdere.

Altra cazzata che ho fatto io: non sono stato in contatto continuo con chi doveva lavorare con me. Ho provato poco con il contrabbassista, e a pochi giorni dal debutto chi doveva occuparsi delle luci mi ha fatto sapere che aveva preso altri impegni per quei giorni, visto che non mi ero più fatto sentire per mesi. Per fortuna poi Roberto, il contrabbassista, è stato eccezionale e lo stesso ha fatto Silvia, la ragazza che ha sostituito egregiamente chi doveva occuparsi della parte tecnica. Tra l’altro, Silvia non l’avevo mai vista prima, e per un caso fortuito è stata la migliore collaboratrice che potessi desiderare, ma se ci fosse stato qualcuno improvvisato all’ultimo momento e mi avesse sbagliato tutte le luci? Lasciar fare al caso è un rischio troppo grande, meglio essere previdenti.

I cartelloni teatrali hanno fatto il loro tempo: scegliere il teatro

Premessa: entrare in cartellone a teatro, soprattutto se non si fa parte di alcuni giri come me, è difficilissimo. I teatri non sanno chi tu sia, e spesso non investono in qualcuno di sconosciuto.

Quindi, fondamentalmente, mi ero rotto le palle di non poter fare uno spettacolo a teatro anche se credevo che lo spettacolo meritasse di stare su un palco, e allora ho deciso di pagarmelo.

Pensavo fosse facile, proponendo di affittare un teatro, trovarne uno che andasse bene. E invece no. I teatri più blasonati non danno volentieri in affitto lo spazio, mentre altri chiedono prezzi esorbitanti e irraggiungibili per salette da 50 persone. I teatri che accettano di affittare la sala, talvolta sono teatri organizzati male e non accoglienti. Una delle cose che mi ha colpito di più: alcuni teatri che sentivo più affini a me per cultura o tematiche trattate non hanno neanche risposto alle richieste di preventivo per l’affitto dello spazio. Da questo ho imparato che se non rispondono entro un giorno neanche alla seconda mail, anche se è il teatro dei vostri sogni lasciate perdere. Vuol dire che non vogliono che voi andiate là, e non state perdendo nulla.

Lo stesso se rispondono con sufficienza perché chiedete di affittare il loro spazio. Vi ritengono degli usurpatori, e non vi daranno alcun supporto. Cercate uno spazio che vi piaccia e nel quale stiate bene dalla prima volta in cui ci entrate, gestito da persone che non si vergognano a dirvi quanto costa l’affitto, abbiano rispetto del vostro lavoro, mettano da subito in chiaro le condizioni ma che siano collaborative.

Verificate anche che la capienza sia giusta per voi. Se avete 18 amici su Facebook, magari non conviene affittare un teatro da 400 posti. Rischiereste di avere uno spazio bellissimo, uno spettacolo interessante, e nessuno a vederlo. O pochi spettatori spauriti e isolati. Quindi, siate onesti con voi stessi e cercate di non strafare.

99 manifesti dello spettacolo appena sfornati

Vieni a vedermi, dai: promuovere lo spettacolo

Non c’è niente da fare: se nessuno sa che fate uno spettacolo, nessuno viene a vedervi. Quindi, la promozione sarà uno sbattimento esagerato. Se non siete bravi sui social network, stabilite parte del budget per pagare qualcuno che lo faccia per voi e che vi sproni a postare regolarmente, a fare delle foto, a far sapere quando sarà lo spettacolo, insomma, a fare girare la voce.

Stessa cosa per i manifesti, le cartoline, gli adesivi e tutto quello che potete produrre. Appendeteli, regalateli agli amici, lasciateli nei bar, ma non teneteveli a casa.

Altra cazzata che ho fatto io: non sono stato abbastanza dietro alla promozione. La pagina Facebook ha languito per lunghi periodi, e buona parte dei manifesti sono rimasti chiusi in una scatola. Mettete da parte la vergogna e siate orgogliosi di quello che portate in scena. E fate girare la voce il più possibile.

Altra cazzata mia: ho curato poco l’aspetto di promozione sui giornali e blog specializzati. Se tornassi indietro chiederei a qualcuno di farmi da ufficio stampa. Chi lo fa di mestiere conosce bene i giornalisti, sa chi può darvi ascolto e probabilmente scriverà qualcosa su di voi, e inoltre farà in metà tempo e con un effetto doppio quello che voi fareste nel doppio del tempo senza probabilmente ricevere risposta da nessun giornalista.

Dio è nei dettagli: prendersi cura di ogni cosa

Non tralasciate nulla dello spettacolo. Anche se il tempo per provare è poco, impegnatevi ad avere un copione comprensibile a voi e a chiunque lavorerà con voi. Non date per scontato nulla, piuttosto siate fin troppo pignoli. Non c’è niente di peggio che dimenticarsi oppure fare rimanere solo nella propria testa quel cambio luci che vi sarebbe piaciuto tanto ma che vi siete dimenticati di segnare sul copione che avete dato al tecnico luci. Rileggete, ripetetevi lo spettacolo nella testa e, visto che siete anche registi di voi stessi, immaginate quello che dovrà avvenire in scena e assicuratevi che gli altri l’abbiano capito.

Fatevi degli schemi, ripassate ogni scena, immaginatevi la scenografia e assicuratevi di avere tutto pronto per il giorno del debutto.

Fate dei copioni diversi per i musicisti, gli attori e i tecnici. A ciascuno serviranno indicazioni diverse, quindi impegnatevi a essere il più chiari possibile. Ascoltate tutti i loro suggerimenti, ma badate sempre di avere l’ultima parola.

Male non fare, paura non avere: godersi ogni momento.

Capiteranno dei momenti in cui non vorrete fare nulla, oppure vi chiederete chi ve l’ha fatto fare, oppure sarete sicuri che nessuno verrà a vedervi. Tenete duro, e vedrete che invece sarà bellissimo.

Saranno giorni duri, ma pensate che c’è qualcuno che vi ha dato dei soldi di sua spontanea volontà, qualcuno che ha deciso di lavorare con voi, qualcuno che è venuto a vedervi, insomma, forse quello spettacolo che avete fatto non era proprio quella schifezza che pensavate.

Sapere di essere stati artefici di ogni passaggio aumenterà la gioia di stare sul palco. E un giorno avrete di sicuro qualcosa di bellissimo da raccontare ai nipotini.

Quindi, prendete quello spettacolo che avete messo da parte perché nessuno ve lo faceva mettere in scena, vedete se qualcuno oltre a voi ci crede, trovate un teatro e preparatevi a vendere i biglietti.

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Ciccio Rigoli

Comedian, Book expert, Writer, Dad, Lazy. CEO and Founder at SLAM.