(Il colonnello Samuel Colt vi saluta — il ritratto è di Mathew Brady)

LE PISTOLE DEI WESTERN

danilo agutoli
3 min readMar 17, 2015

Quando nel 1835 il Colonnello Samuel Colt brevettò il revolver, la storia così come la conoscevano fino a quel punto cambiò. Lo sappiamo soprattutto grazie ai film western, dove tra una rissa da saloon e un inseguimento a cavallo c’è sempre qualcuno che ringrazia il vecchio colonnello Colt per aver portato un po’ di civiltà nel West. E però c’è un però. É che nell’ immaginario collettivo il pistolero spara i suoi bei sei colpi, velocemente ricarica magari nascondendosi dietro l’ abbeveratoio dei cavalli, e subito ritorna a sparare. E invece no, l’ immaginario collettivo è sbagliato.

Ma andiamo per ordine: prima del 1835 i revolver esistevano già, ma erano scomodi e poco pratici, perchè l’ innesco era ancora a pietra focaia, come le pistole monocolpo del ‘700. Il brevetto di Colt consisteva sostanzialmente nell’ invenzione della capsula d’ innesco che veniva infilata nell’ apposito alloggio nella parte posteriore del tamburo: tale e quale ai colpi rossi di plastica che si mettono nelle pistole giocattolo. Le pallottole però erano ancora piccole sfere di metallo, che venivano inserite nel tamburo dalla parte opposta insieme ad una certa quantità di polvere da sparo, e poi pressate con una leva che faceva parte integrante dell’ arma. Come in questa Colt Navy del 1851:

In pratica era possibile pre-caricare sei pallottole, ma il concetto non era troppo diverso dal caricare il moschetto dell’ esercito di Sua Maestà Britannica durante la guerra dei Sette Anni. Era senza dubbio un enorme vantaggio rispetto al passato (del resto fu anche grazie ad armi del genere che gli americani sterminarono gli indiani), ma tutta l’ operazione era ancora troppo distante dall’ immaginario collettivo di cui sopra. Che poi in realtà le munizioni con le capsule in metallo come quelle moderne esistevano già, solo che il brevetto per un revolver a cartucce ce l’ aveva Smith & Wesson e Colt non poteva usarlo (all’ epoca Smith&Wesson era più un brand da East coast bene, nel west non andava tanto), almeno fino alla sua scadenza che per fortuna avvenne proprio prima dell’ inizio della Guerra Civile Americana, nel 1861. Colt aveva una quantità di ricambi per la Navy, e li utilizzò per farci la Navy Conversion: cambiò il tamburo con uno che alloggiasse le cartucce, modificò la parte posteriore di modo da poter infilare una alla volta le cartucce (ed estrarre i bossoli vuoti dopo aver sparato), modificò la canna aggiungendo una una leva a molla per l’ estrazione. Funzionava così:

Sia l’ esercito Unionista che quello Confederato usarono revolver Colt durante quella guerra, la potenza di fuoco fu letteralmente moltiplicata per sei rispetto ad una qualsiasi guerra precedente, e il modello piacque parecchio anche ai pistoleri. Per la verità l’ estrazione dei bossoli non è un’ operazione velocissima, ma si avvicina già molto di più all’ immaginario collettivo.

Trinità e Bambino avevano entrambi una Colt Navy Conversion (una specie di ibrido in verità), si vede bene quando c’è Emiliano che prima non tradisce e poi con la pistola nel naso dice tutto, e ancora meglio quando Hill prende a schiaffi il seccapaccheri al saloon. E Clint Eastwood nei film di Leone. E Tuco. E Hanry Fonda nei panni di Jack Beauregard in Il mio nome è Nessuno, il mio preferito.

Quel panzone di John Wayne invece usava quasi sempre una Colt Single Action Army, un modello del ‘73 che funzionava uguale alla Conversion qua sopra ma era più brutto. Io non l’ ho mai sopportato John Wayne.

Fun fact: Il Colonnello Colt inviò in regalo a Giuseppe Garibaldi una cassa contenente cento tra revolver e carabine giusto prima dell’ impresa dei mille. Peppino ne fu molto soddisfatto, ringraziò Colt con una lettera piena di sentimenti di fratellanza patriottica, e subito ordinò 23.500 fucili.

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