Oltre l’hype di Apple Vision Pro: dove ci sta conducendo la tecnologia AR?

Alcune mie personali osservazioni a caldo da chi non ha provato il visore ma da curioso di ogni oggetto tecnologico potenzialmente rivoluzionario.

Dave Nous
5 min readFeb 6, 2024

--

Il 2024 inizia con un prodotto dirompente o sarà l’ennesimo epic fail in ambito AR? Tentando di andare oltre l’hype per l’Apple Vision Pro cosa possiamo dire di questo trend tecnologico dei visori indossabili?

Ne abbiamo visti di progetti che sulla carta sembravano dirompenti come Google Glass, Meta Quest, Hololens (ma prima ancora i visori dedicati ai videogiocatori a partire dagli ormai lontani anni ’90) eppure stavolta molti dicono che sarà diverso perché l’arrivo del colosso della Mela sul mercato dei visori indossabili sdoganerà finalmente questa tecnologia rendendola di massa come sono ormai da tempo gli smartphone o gli smartwatch.

In termini teorici la realtà aumentata di per sé ha un grande potenziale: trovo che sarebbe fantastico avere uno strato artificiale sovrapposto al mondo materiale nella vita quotidiana. Che ne dici mentre passeggi e muovi lo sguardo in un luogo avere in diretta le descrizioni dei monumenti o mentre viaggi le recensioni dei locali attorno a te?

Ma da un punto di vista pratico c’è un problema di fondo: non è tanto una questione software (creare una interfaccia adeguata per questi visori dipende solo da quanto è brava una azienda a coinvolgere gli sviluppatori) quanto si tratta di una questione hardware. Per come sono pensati e disegnati questi device indossabili rischiano di rimanere perlopiù lussuosi o superflui oggetti destinati ad un pubblico casalingo o aziendale. A parte i costi elevati di questi dispositivi, che certamente potrebbero abbassarsi con lo sviluppo tecnologico e la concorrenza di mercato, mi chiedo una cosa su tutte: cosa trasforma un oggetto tecnologico di moda in un oggetto tecnologico di massa?

Se oggi usiamo smartphone e smartwatch come fossero una nostra protesi è perché effettivamente sono in larga misura economicamente accessibili, facilmente portatili ed effettivamente utili in molti casi. È la differenza tra una tecnologia che va di moda, e qualcosa che diventa invece necessario nella nostra vita quotidiana.

Pur avendo effetti collaterali quali spam, distrazioni ed overload informativo i device di massa vengono usati da praticamente tutti perché si integrano abitualmente e pervasivamente nella nostra vita quotidiana. Nihil sub sole novum: questo doppio aspetto bivalente in cui la tecnologia da una parte agevola la vita e dall’altra parta ce la complica è da sempre tipico di ogni strumento tecnologico dall’invenzione della ruota in poi (questa ci ha permesso di trasportare più cose senza fatica, tale da renderla indispensabile, ma oggi gli incidenti stradali e l’inquinamento degli autoveicoli ne sono l’effetto collaterale…). Quello che rende una tecnologia vincente è se alla fine dei conti i benefici superano i suoi costi (economici, sociali, esistenziali e via dicendo).

Quindi, fin quando questi visori AR non saranno perfettamente ergonomici (ed oggi siamo ben lontani da ciò) tali da integrarsi nella nostra vita quotidiana è difficile vadano oltre ad essere una tecno-moda passeggera o un’applicazione estremamente di nicchia. Sicuramente tornano utili in determinanti settori professionali e dell’istruzione per aumentare la propria produttività o apprendimento. Mi aspetto che nell’ambito dell’intrattenimento (in primis videoludico) invece la fascia di età della popolazione più sensibile e ricettiva a questi prodotti siano principalmente giovani già nativi digitali. D’altronde se esiste la generazione Tik Tok non vedo come non possa esistere la generazione AR (augmented reality).

Come saranno le interazioni sociali nell’epoca della Augmented Reality?

Ma quale sarà il doppio aspetto, umano ed oscuro, di questi device indossabili? Se da una parte questi device agevoleranno il progetto di arredamento della nostra casa, la pianificazione del nostro lavoro o ci faranno assistere ad un concerto dal vivo senza la necessità della presenza fisica, tuttavia dall’altro lato il prezzo da pagare potrebbe essere un maggiore isolamento sociale in quanto il nostro ed altrui viso sarà letteralmente oscurato dallo schermo.

Per quanto sarà attraente l’ “effetto inside” delle applicazioni immersive attraverso il semplice uso delle mani o dei nostri occhi, o il nostri (ed un po’ inquietante) avatar personale, la vera sfida sarà l’ “effetto outside”: indossare un dispositivo che ingombra quanto una maschera subacquea ridimensiona drasticamente ed inevitabilmente la nostra interazione sociale fisica e complica nella gran parte dei casi la nostra attività quotidiana traducendosi in costi sociali che superano i vantaggi. Pertanto credo che tali device saranno destinati ad un uso molto più ristretto di quello che si aspettano gli entusiasti o gli Apple-fan. E’ d’altronde lo stesso motivo che ha causato la scomparsa delle TV con tecnologia delle immagini 3D: lì per lì provi l’ “effetto WOW” ma il fastidio di indossare occhiali dedicati alla visione 3D per tante ore e la difficoltà di interazione sociale con i tuoi compagni o amici è stato nefasto per la diffusione di questa tecnologia come per tutti quei prodotti che sembravano promettenti e poi di fatto dimenticati.

Ecco qui riassunto con una immagine il rischio anti-sociale di indossare visori

Qual è l’aspetto fondamentale che questi device mancano per quanto ogni anno sia presentato un prodotto più avanzato del precedente? Quello che tendono a trascurare è proprio la nostra natura umana: noi siamo essenzialmente "animali sociali" a cui generalmente piace l’interazione dal vivo oltre un mero schermo (e oltre una foto pubblicata su un social media).

Ricapitolando: confesso di essere entusiasta per le opportunità che si dischiudono con la tecnologia AR ma sono ancora molto scettico sull’hardware indossabile che trovo ancora in larga parte primitivo e limitante.

E c’è in ultima analisi un caveat che mi sento di fare: non sarà che sul fronte della tecnologia indossabile abbiamo raggiunto un punto limite o “barriera del suono”? Sembra che il nostro corpo biologico non può sopportare o tollerare per lungo tempo di indossare device ingombranti nella vita quotidiana e troppo limitanti nell’ interazione sociale fisica. Esattamente come il nostro corpo biologico non è adatto per vivere sulle stazioni spaziali oltre un certo periodo di tempo (a causa degli effetti fisici degenerativi ormai comprovati da numerose missioni e studi scientifici), potrebbe non essere altrettanto pronto per l’uso intensivo di tali prodotti che dagli anni ‘90 vengono ciclicamente riproposti sul mercato.

Quindi finché il nostro corpo biologico non riceverà un “upgrade” difficilmente diventerà una tecnologia di massa indossare visori nella vita quotidiana. Sul lungo periodo, e seguendo questa ipotesi, ritengo che oltre le mode passeggere del momento, il nuovo trend su cui dovremmo invece prestare attenzione, e che nel bene o nel male va nella direzione di un autentico upgrade tecno-umano, sia la cd “telepatia sintetica”. Quando avremo l’evoluzione tecnologica di chip tipo Neuralink integrati nel corpo umano in modo minimamente invasivo allora ciò rappresenterà letteralmente una tecnologia dirompente tale da aprire un nuovo stadio evolutivo: il potenziamento cognitivo attraverso device AR che sapranno leggere direttamente nella mente trasformerà in modo rivoluzionario la connessione tra intelligenza umane ed artificiali. Senza più schermi tra noi ad intralciare l’interazione sociale o senza dover pensare di ricaricare l’ennesimo device tecnologico avremo una tecnologia AR incorporata nella nostra stessa mente. Sarà di fatto il nostro terzo occhio artificiale. Per dirla con una frase adatta ad un meme: visori indossabili is for boys, telepatia sintetica is for men.

--

--

Dave Nous

Mi occupo di filosofia - tecnologia - spiritualità. Il miglior modo di prevedere il futuro è crearne uno giusto.