Cos’è l’autismo?
Premessa
In ogni sito di associazioni o enti che si occupano, a vario titolo, di autismo, la voce “Cos’è l’autismo” è immancabilmente presente nel menu. La domanda sembra banale, la risposta scontata. Ma è davvero così? Cosa leggiamo quando accediamo a quella sezione?
Ciò che mi stupisce è constatare che la descrizione di “Cos’è l’autismo” è sempre identica, indipendentemente dal contesto. Non importa se si tratta del sito di professionisti, di un’associazione di genitori o di autorappresentanti, né quale sia l’impostazione adottata — medica, sociale, culturale, più o meno emancipativa. Il “Cos’è l’autismo” è sempre una copia pedissequa del DSM, con una lista di deficit in vari ambiti.
Possibile che non esista un’alternativa? Una narrazione differente? Parole che non attingano al linguaggio medico? Questo accade persino quando l’associazione dichiara di riferirsi al paradigma della Neurodiversità — un modello che, tuttavia, non si riconosce in quel linguaggio.
Nick Walker propone un’alternativa interessante, che supera il modello medico individuale — sia nella sua declinazione biomedica che in quella biopsicosociale. Nel saggio What Is Autism? [1], riscrive la definizione di autismo dalla prospettiva della Neurodiversità, opponendosi a una visione patologizzante [2] e restituendo all’autismo una narrazione diversa.
Di seguita la traduzione del suo contributo.
Cos’è l’autismo?
L’autismo è una variante neurologica umana di base genetica. Il complesso insieme di caratteristiche interrelate che distinguono la neurologia autistica da quella non autistica non è ancora pienamente compreso, ma le evidenze attuali indicano che la distinzione centrale risiede nel fatto che i cervelli autistici sono caratterizzati da livelli particolarmente elevati di connettività e reattività sinaptica. Ciò determina che l’esperienza soggettiva delle persone autistiche sia più intensa e caotica rispetto a quella delle persone non autistiche: sia a livello sensomotorio che cognitivo, la mente autistica tende a registrare più informazioni, e l’impatto di ciascuna informazione tende a essere sia più forte che meno prevedibile.
L’autismo è un fenomeno legato allo sviluppo, il che significa che inizia nell’utero e ha un’influenza pervasiva sullo sviluppo, a molteplici livelli, per tutta la durata della vita. L’autismo produce modalità di pensiero, movimento, interazione e elaborazione sensoriale e cognitiva distintive e atipiche. Una analogia spesso utilizzata è che le persone autistiche possiedano un “sistema operativo” neurologico diverso rispetto a quelle non autistiche.
Secondo le stime attuali, tra l’1% e il 2% della popolazione mondiale è autistica. Sebbene il numero di persone diagnosticate come autistiche sia aumentato costantemente negli ultimi decenni, le prove suggeriscono che tale aumento delle diagnosi sia il risultato di una maggiore consapevolezza pubblica e professionale, piuttosto che di un reale incremento della prevalenza dell’autismo.
Nonostante le comuni caratteristiche neurologiche di base, le persone autistiche sono estremamente diverse tra loro. Alcune mostrano talenti cognitivi eccezionali. Tuttavia, nel contesto di una società progettata intorno alle esigenze sensoriali, cognitive, evolutive e sociali delle persone non autistiche, le persone autistiche sono quasi sempre disabilitate in una certa misura — a volte in modo evidente, altre volte in maniera più sottile.
Il contesto dell’interazione sociale è uno degli ambiti in cui le persone autistiche tendono a essere costantemente disabilitate. L’esperienza sensoriale del mondo da parte di un bambino o una bambina autistica è più intensa e caotica rispetto a quella di un bambino o una bambina non autistica, e il compito continuo di navigare e integrare tale esperienza occupa quindi una maggiore quantità di attenzione ed energia. Ciò significa che il bambino o la bambina autistica ha meno attenzione ed energia disponibili per concentrarsi sulle sottigliezze dell’interazione sociale. La difficoltà di soddisfare le aspettative sociali delle persone non autistiche spesso porta al rifiuto sociale, che aggrava ulteriormente le difficoltà sociali e ostacola lo sviluppo sociale. Per questa ragione, l’autismo è stato frequentemente frainteso come essenzialmente un insieme di “deficit sociali e comunicativi” da parte di chi non riconosce che le sfide sociali affrontate dalle persone autistiche sono semplicemente conseguenze dell’intensa e caotica natura dell’esperienza sensoriale e cognitiva autistica.
L’autismo è ancora ampiamente considerato un “disturbo”, ma questa visione è stata messa in discussione negli ultimi anni dai sostenitori del modello della neurodiversità, secondo il quale l’autismo e altre varianti neurocognitive fanno semplicemente parte dello spettro naturale della biodiversità umana, come le variazioni nell’etnia o nell’orientamento sessuale (che in passato sono state anch’esse patologizzate). Alla fine, descrivere l’autismo come un disturbo rappresenta un giudizio di valore piuttosto che un fatto scientifico.
Note:
[1] Articolo pubblicato per la prima volta sul sito di Nick Walker a questo link https://neuroqueer.com/what-is-autism/ e poi inserito nel suo libro Neuroqueer Heresies
[2] Nick Walker, come molte altre persone che si muovo all’interno del paradigma della Neurodiversità, con il termine “patologizzante” non intendono necessariamente che una condizione non sia patologica ma che l’approccio verso qualsiasi condizione che diverge dalla normatività, viene affrontata con una visione patologizzante. Che si tratti di autismo, etnia, orientamento sessuale, genere etc. In merito si legga:
Autism and the Pathology Paradigm di Nick Walker pubblicato per la prima volta sul suo sito a questo link https://neuroqueer.com/autism-and-the-pathology-paradigm/ e inserito all’interno del suo libro Neuroqueer Heresies