Bose: quando il Divino inciampa sull’umano.

don Diego Goso
5 min readMay 30, 2020

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Non esiste persona un minimo addentro alle cose di Chiesa che non abbia letto un libro o almeno un articolo di Enzo Bianchi. Possiamo dire di lui che sia il monaco più famoso d’Italia, al punto che anche tantissime persone, alle quali un campanile non rischierebbe mai di crollare sulla testa, hanno incontrato invece lui per qualche sua conferenza, collaborazione con giornale o rivista, apparizione televisiva. Oppure sono andate a Bose, la comunità religiosa ecumenica, mista, culturalmente impegnata che Bianchi ha inventato diventando così di fatto il compilatore del “manuale”, la regola, per la vita religiosa di questi tempi moderni.

Proprio da questo suo monastero, famoso almeno come lui per essere da decenni la sede di incontri internazionali di formazione e apprezzata oasi di meditazione dei pensatori europei, due anni fa Enzo Bianchi si è dimesso dall’incarico di Priore, vedendo eletto al suo posto dagli altri confratelli — e si immagina su sua stessa indicazione — Luciano Manicardi, braccio destro di Bianchi per tantissimi anni e di fatto già “priore in pectore” specie quando il fondatore era in giro appunto per conferenze, predicazione di esercizi, presentazioni di libri.

Qualcosa però in questo passaggio di forma più che di sostanza non ha funzionato. Nel senso che quando esse hanno cominciato a coincidere un delicato equilibrio si è rotto, ovvero quando la “badante” è diventata la nuova “padrona di casa” si cominciato a litigare su chi dovesse da adesso sedere a capotavola.

Dal 6 dicembre al 6 gennaio scorsi per questo un triumvirato inviato dal Vaticano, tra cui un altro religioso scrittore abbastanza famoso, lo psichiatra Cencini, si è recato a Bose per una indagine durante la quale i tre “inquisitori” sentono tutti i confratelli e le consorelle e stilano, dopo un mese di permanenza nel monastero, un rapporto dettagliato alla Santa Sede.

A seguito di questo, nelle settimane scorse, viene emesso un decreto approvato da papa Francesco e a firma del Segretario di Stato, cardinal Parolin, in cui Enzo Bianchi e altri tre religiosi (due monaci e una suora) “dovranno separarsi dalla Comunità monastica di Bose e trasferirsi in altro luogo, decadendo da tutti gli incarichi attualmente detenuti”.

Seguono le dichiarazioni della Comunità stessa di Bose e quella di Bianchi attraverso i social media. Entrambe di gratitudine per lo meno formale verso l’indagine, di richiesta più specifica di motivazioni per le decisioni prese quella di Bianchi.

Ad oggi è abbastanza chiaro questo: non ci sono colpe gravi… nemmeno sotto il tappeto… che emergono dal dossier vaticano. L’intervento pontificio è stato fatto per preservare il ruolo importante e riconosciuto della comunità di Bose quale polo spirituale e culturale, i cui disordini interni correvano invece il rischio di distruggere o indebolire.

E da qui si arriva al nocciolo della vicenda: che è poveramente umana in un luogo dove di solito si cantilla il Divino.

E che riguarda la separazione della comunità in chi appoggia il nuovo priore da chi rimpiange il vecchio (leggesi: i posti di potere che si avevano vicino al primo e non si hanno più vicino all’altro oltre al fatto che il “giovane” non si ritiene più subalterno all’anziano).

E’ la presenza ingombrante di chi ben la racconta quando viene a spiegare ai parroci che devono smettere di occuparsi delle caldaie ma piuttosto leggere solo la Bibbia per predicarla ma che poi, quando torna a casa sua, deve mettere via le scritture e ascoltare i confratelli che si lamentano del loro termosifone rotto.

E’ la regola molte volte comprovata che due galli non stanno bene nello stesso pollaio: vale anche nelle nostre comunità dove non sempre “i matrimoni” tra il parroco di prima e il suo successore funzionano se permangono nelle stesse mura della canonica o delle sue vicinanze (anche qui quasi sempre per i fans dei rispettivi schieramenti).

Sono cose che ci sono in tutte le realtà umane, dai tempi di Caino e Abele. E che sono presenti appunto anche nella Chiesa: con il rischio di generare quello scandalo che va contro la prova certa richiesta dal Signore ai suoi amici: vi riconosceranno come miei discepoli dall’amore che avrete gli uni per gli altri.

Se questo infatti non è presente e visibile allora la nostra infallibile esegesi, la solenne ed essenziale liturgia cantata, la frequentazione di tutti i saperi del mondo è di ostacolo al Vangelo (o l’Evangelo, come lo chiamano sempre in quel di Bose) piuttosto che alla sua promozione.

Perchè l’ospite di un monastero, parrocchia, ente religioso, affascinato dal canto e dall’oratoria dura e pura, poi prova il volta stomaco davanti ai discorsi di pettegolezzo e critica dei monaci tra di loro, dei sacerdoti tra di loro e verso il Vescovo, dei catechisti e dei volontari contro il parroco o chi di essi un poco più si alza in visibilità. E tutto questo fa dimenticare il resto, per quanto impeccabilmente curato e celebrato.

Poi, come in ogni cosa che riguarda il “Vaticano”, ci sono i soliti complottisti che penseranno ad una resa dei conti con un personaggio scomodo come Bianchi inviso alle correnti tradizionaliste della chiesa (o l’Ecclesia, come la chiamano sempre in quel di Bose). Non è questo il Papa e non è questo il Segretario di Stato per una resa dei conti del genere.

Eviterei almeno questa volta di leggervi cose da Segreti Palazzi: certo qualcuno nell’oscuro tradizionalismo sta gongolando e scandalizzando così a sua volta contro il Popolo di Dio. E certo una tirata di orecchie ai monaci di Bose è arrivata forte e imperativa. Forte come quella che di solito sono loro a impartire al resto dell’Ecclesia dal loro privilegiato osservatorio biblico. Imperativa come la vita cristiana sa esserlo con i discepoli, invitando alla fedeltà delle piccole cose prima di continuare a buttarsi su quelle grandi.

E se poi in questa vicenda avete proprio bisogno di vedere che si nasconde un complotto… fatelo. Non cambia la sostanza e il risultato della cosa per la motivazione più scontata e ordinaria che vi propongo io: che cioè non siamo grandi davanti a Dio perchè ci applaudono gli atei, ma perchè con sincerità viviamo l’Evangelo con il prossimo, quel fastidioso, noioso, lento, povero, arrogante, capriccioso vicino di spazio che la vita e la Provvidenza ci hanno appiccicato addosso e che ci chiede di essere autentici.

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