Didattica a distanza. Dal buon senso.

don Diego Goso
2 min readJun 29, 2020

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La scorsa settimana questa pagina ha riportato le utili impressioni dell’ufficio scuola diocesano a seguito di un test svolto tra gli insegnanti per recepire le loro impressioni e i suggerimenti riguardo l’esperienza della didattica a distanza che ha rappresentato per i nostri ragazzi la modalità di svolgimento delle attività scolastiche a causa dell’epidemia da coronavirus.

Chi scrive ha vissuto dall’altra parte della cattedra digitale alcune settimane accompagnando virtualmente con il tablet a scuola un nipote di sei anni e una nipote di quattro con risultati non sempre entusiasmanti: Vittorio ha scoperto che la nostra rete internet, nonostante le promesse di banda larga per tutti, lascia a desiderare. Matilde ha intuito che dopo aver risposto alla sua domanda poteva fare quello che è giusto facciano i bambini quando si annoiano: addormentarsi davanti allo schermo. La pandemia ha preso il mondo della scuola impreparato e senza protocolli da seguire. La modalità di insegnamento in diretta è infatti tipico di una realtà scolastica neofita. I corsi negli Stati Uniti, dove le università cavalcano la cosa da almeno un decennio, offrono video lezioni già preparate, dispense scaricabili, ebook interattivi e applicazioni dedicate gestite direttamente dal servizio informatico della scuola. Noi al confronto, nonostante l’impegno degli insegnanti e la collaborazione di genitori e ragazzi siamo ancora all’età del tubo catodico in bianco e nero.

E ora gli sguardi di famiglie e di personale docente confusi dalle indicazioni ministeriali nebuolse guardano a Settembre: quando si tratterà di riaprire in sicurezza le scuole. Mascherina per ore addosso ai nostri ragazzi? Sanificazione degli ambienti dopo ogni spostamento di classe? Tornare alla modalità della lezione on line dove metà del tempo lo si utilizza per provare che tutti siano in grado tecnicamente di partecipare e quindi con la necessità per i più piccoli di un adulto a seguito?

Sono domande che sarebbe giusto lasciare alle questioni nazionali: ma qui, in riva al mare e in questi giorni, il pensiero del pericolo rappresentato dalle nostre scuole a Settembre fa sorridere se si lancia un’occhiata a cosa succede sulle battigie delle nostre coste: dove le distanze di sicurezza sono un ricordo, le protezioni sanitarie un reperto archeologico sotterrato nelle borse da spiaggia insieme a braccioli e palette e secchielli e i bambini giocano in contatto diretto, mangiando insieme e scambiandosi pezzi di focaccia e leccate di gelato, correndo tra gli sdrai con nonni che li inseguono mentre loro si riaffacciano pallidi dopo i mesi di lockdown a rivedere il sole, anche se da sotto l’ombrellone. I ragazzi più grandi non disdegnano il passaggio di bocca in bocca della birra, della bibita e — lontano dallo sguardo di mammà — della sigaretta quando capita, mentre studiano la lingua, a modo loro, con le compagne di classe.

Quindi davvero ci stiamo preoccupando per Settembre e pensiamo di mettere il plexiglas tra i banchi?

Auguri.

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