FLOTZ: UN FALLIMENTO SU KICKSTARTER (CHE PUÒ INSEGNARE QUALCOSA)

Edoardo Santamato
14 min readFeb 16, 2021

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PERCHÈ QUESTO ARTICOLO

Non ci girerò attorno: circa due anni fa abbiamo lanciato un Kickstarter ed è andato…malissimo.
Sarete abituati a sentir parlare solo di grandi successi, di grandi traguardi e invece oggi vi tocca leggere di qualcuno che ha toppato alla grande.
Ma è proprio dalle ceneri di questo fallimento che ci è venuta l’idea di provare a estrarre qualche tizzone ancora caldo, nella speranza che possa accendere il fuoco di qualcun’altro. Di Kickstarter è pieno il mondo, letteralmente pieno. Nascono, e muoiono, centilioni di prodotti ogni minuto sulle piattaforme di crowdfunding. Un business da una manciata di miliardi di dollari tanto per capirci (https://learn.launchboom.com/kickstarter-vs-indiegogo-updated-october-2019-45fa1d3699c9)

Una macchina da soldi che attiva una miriade di altri piccoli business che campano sulle “guide al buon kickstarter”. Sedicenti guru che spiegano, consigliano, elargiscono, senza, magari, aver mai nemmeno messo le mani all’interno di una campagna. E, stranamente, sono sempre consigli che prendono a esempio campagne milionarie di super successo. Di altri. Quello che intendiamo fare noi (tranquilli ci presenteremo a brevissimo) è un’operazione diametralmente opposta: vogliamo spiegarvi cosa crediamo ci voglia per fare un buon Kickstarter partendo da un nostro progetto. Un vero progetto di crowdfunding che abbiamo lanciato e che è andato malissimo. Un vero fallimento. Un grosso buco nell’acqua, sul quale abbiamo deciso, forse masochisticamente, di posare uno sguardo più ragionato.
Ma andiamo con ordine: prima le presentazioni.

CHI SIAMO

Ciao! Mi chiamo Edoardo Santamato, per gli amici Edo. Sono il direttore creativo di Invasione Creativa, uno studio di design e comunicazione. Lavoro, quindi, nell’advertising.

Ciao a tutti! Io sono Stefano Capponi, per gli amici Ste. Una grande esperienza di Trade Marketing, ambito nel quale lavoro da sempre.

Insieme ad altri amici (Stefano, Alessandro, Matteo e Alberto) abbiamo deciso di lanciare una campagna Kickstarter .

Il gruppo che ha sviluppato il gioco di cui parleremo a breve è quindi ampio, amici di una vita per intenderci, ma gli operativi sulla campagna siamo stati essenzialmente noi due e se qualcosa è andato male (e cavoli se è andato male) è da imputare esclusivamente alle nostre scelte.

Per facilitarvi la lettura, la voce narrante sarà quella di Edo.

FLOTZ: IL GIOCO

Piccola premessa: il progetto in questione è un gioco di ruolo. Un GDR, o RPG se vi piace l’acronimo inglese. Ai fini della nostra “guida” poco importa che sappiate o meno che cosa sia un gdr o se ci abbiate mai giocato in vita vostra, ma questo è il caso concreto sul quale abbiamo lavorato e questa l’esperienza che vogliamo condividere.

Parliamo quindi del gioco: Flotz. Lo facciamo partendo da lontano, parlando dei profondi anni 2000 quando un gruppo di amici, stanchi di giocare ad Advanced Dungeons&Dragons decidono di inventare un proprio gioco di ruolo. Dopo anni di test, di perfezionamenti, di serate a giocare e a modificare regole siamo riusciti a mettere insieme un corpus per un nuovo gioco di ruolo, realizzando anche un sistema di dadi proprietario che abbiamo minuziosamente studiato, grazie soprattutto a mio fratello Alberto che con i numeri ci vive. Matrici, simulazioni e un sacco di prove ci hanno permesso di arrivare a pensare che questo gioco potesse avere del potenziale.
Sono una persona intraprendente e così, durante una delle nostre serate pre-covid, davanti a una bella bionda (la birra intendo), propongo al mio gruppo di lanciare Flotz sul mercato, tramite Kickstarter.

Freno l’iniziale euforia scatenata dalla proposta, dicendo che sarà un progetto costoso, anche in termini economici, lungo e probabilmente fallimentare. Avevamo già messo in conto di fallire, ma è una di quelle cose che fai tipo rito propiziatorio…come la più classica delle “grattatine”. Non credi davvero che potrai fallire. E questo, come ben immaginate, è stato già un primo errore e non il più grosso.

FLOTZ: IL PROGETTO KICKSTARTER

Con Stefano decidiamo di lavorare al piano di battaglia e lo facciamo in modo molto scrupoloso dividendo l’enorme “problema Kickstarter” in tanti piccoli problemi, da affrontare uno alla volta.

Non sappiamo nulla di crowdfounding, mai fatto in vita nostra. I nostri rispettivi lavori, non ci hanno mai messo di fronte a questo strano essere, se non in modo molto laterale. La nostra road-map si sviluppa quindi su quattro assi che decidiamo di affrontare a blocchi, anche solo per capire la mole di lavoro che ci aspetta.

Questa la scaletta che avevamo immaginato avremmo dovuto seguire.

1) IL GIOCO (è pronto davvero? Funziona? Cosa vogliamo che sia? Un pdf? Un libro?…)

2) L’ASPETTO SOCIETARIO (ci lanciamo sul mercato, ma come? Con una società nuova? A livello fiscale? Cosa si fa? Come funziona Kick e le tasse?)

3) L’ASPETTO DI BUSINESS PLAN (qual è il pledge che richiediamo? Quando rientreremo dei costi? Le spedizioni? Quali sono i ragionamenti sui vari pledge intermedi? Chi stampa? )

4) LA CAMPAGNA (tempi, modi, lingua, materiali promozionali, adwords, sito, Facebook, Instagram…)

C’era davvero un sacco di roba. Ma la sfida è allettante e ci buttiamo a capofitto. Vediamo nel dettaglio come ci siamo mossi per ogni asse.

1) IL GIOCO

Il gioco funziona. Ha dei limiti, lo sappiamo tutti, ma sappiamo anche che funziona. È frenetico, divertente, violento, molto ignorante e con un lore leggero e che lascia molto spazio all’interpretazione e alle intenzioni di master e giocatori. (Anche se non sai assolutamente di cosa stia parlando, fai finta che abbia detto “il prodotto funziona”.) Abbiamo deciso di lasciare la parte di art direction del manuale a un grande artista italiano (Alberto Besi) che ci regalerà alcune tavole notevolissime e un flavor davvero unico.

Lo stile impareggiabile di Alby

L’abbiamo mai fatto uscire dalla nostra cerchia? Sì. Ed è piaciuto? Sì.

L’abbiamo mai fatto provare a ludoteche, esperti di giochi di ruolo, game designer? No. Mai.

L’abbiamo mai fatto beta testare online? No, mai.

Il motivo dell’idea di non farlo beta testare prima del lancio, o di non rilasciare alcun “teaser” sul gioco, è risieduto nella nostra convinzione che la campagna di lancio avrebbe assorbito tutta la curiosità in eccesso, rendendo, di fatto, la prova sul campo inutile. Abbiamo ipotizzato che i disegni, il FullDiceSystem (il nostro sistema di dadi), la lontananza dai grandi classici del ruolo contemporaneo sarebbero stati sproni sufficienti per far aprire il portafoglio ai nostri giocatori. Come già immaginate, non è stata una delle scelte migliori che potessimo fare.

2) L’ASPETTO SOCIETARIO

Senza l’aiuto di un commercialista non avremmo mai fugato i mille dubbi che ci attanagliavano. In ambito fiscale non diremo null’altro: la legge italiana è un dedalo molto complesso per non addetti ai lavori, vi consigliamo quindi e sempre di rivolgervi a un commercialista che vi sappia consigliare in base all’entità del progetto che volete affrontare. Per quanto riguarda la nostra “guida” l’aspetto societario è quello che importa meno: per capire quali siano stati gli errori che avremmo dovuto evitare dobbiamo spostarci su altri lidi.

3) IL BUSINESS PLAN

Stefano si è sobbarcato il business plan e tutte le simulazioni e i break-even del caso. Quanti manuali avremmo dovuto vendere per rientrare dei costi? Le spedizioni come sarebbero state gestite? Le stampe?Abbiamo fatto tutti i compiti, con una preparazione meticolosa. Abbiamo raccolto i costi: quelli vivi di Alberto per le sue tavole, i costi per aprire un sito, i costi delle future sponsorizzazioni su Facebook e Instagram, i costi per il video promozionale (musica e diritti) e abbiamo cominciato a buttar giù simulazioni.

Abbiamo speso tantissime ore lavoro sulle simulazioni e sulla ricerca di un fornitore che ci aiutasse nella duplice sfida di stampe e spedizioni. Non volevamo stampare da una parte e spedire da un’altra, o, peggio ancora, spedire tutto a mano facendo noi da hub postale. Ci sarebbe costato di più, ma la parte legata allo shipment abbiamo ritenuto fosse troppo importante per lasciarla al caso o all’inesperienza. Alla fine, siamo riusciti a trovare un fornitore che ci avrebbe assicurato stampa, spedizione (worldwide) e gestione degli eventuali resi/prodotti fallati, alleggerendoci da una parte molto importante del lavoro. Costi in più, ma ben investiti.

Con questo interlocutore abbiamo deciso la resa di stampa, abbiamo ragionato sulla grammatura della carta, sul formato (il nostro sarebbe stato un inedito A4 orizzontale), sulla lucidatura e sulle finiture che volevamo fossero di una certa qualità. L’idea era di consegnare un prodotto di spessore e non un manualetto leggero e senza carattere. Abbiamo identificato i vari breakeven del progetto, abbiamo fissato un pledge che avrebbe assicurato la copertura dei costi (e un piccolissimo margine iniziale) e abbiamo pensato ai pledge superiori che ci avrebbero poi permesso di guadagnare davvero qualcosa con il progetto.

Abbiamo investito una montagna di ore nella stesura di un business plan accurato e abbiamo sempre lavorato con l’idea del buon padre di famiglia: meglio ipotizzare costi più alti e ricavi più bassi, invece che il contrario. Sembrava tutto molto bello.

Alcuni sketch preparatori
Il manuale

4) LA CAMPAGNA

Abbiamo creato una pagina Kickstarter in inglese, con una secondaria in italiano e abbiamo sviluppato il piano su Facebook e Instagram bilingue.

Abbiamo costruito un complesso piano editoriale che prevedeva la presenza quotidiana sui due canali principali: Facebook e Instagram. Un piano editoriale che si è sviluppato su tre vettori diversi: teaser — prelancio — lancio.

Un piano editoriale a saturazione crescente che ci ha portato, durante il mese di lancio, ad avere due e anche tre post giornalieri, su entrambe le piattaforme.
Abbiamo creato video, post in 3d, survey, gif, animations. Il mio lavoro è stato quello di creare un intenso parco materiali che potesse bastarci per coprire quotidianamente circa sessanta giorni di campagna (trenta di pre, trenta durante). Alla fine del progetto avrò creato più di trecento asset. Senza contare il sito, creato da zero e il video di presentazione. (che è stato un altro grosso pezzo di lavoro).

Ecco il video della Campagna

Abbiamo poi studiato una campagna Facebook ads che coprisse, con un cifra congrua (eh no, non parlo dei venti euro a settimana…), tutto il periodo della campagna e qualche settimana il prelancio, con materiali ad hoc.

È stato un lavoro pazzesco, lunghissimo, pieno di soddisfazione, di passione e… inutile.

Alcuni screen del prodotto finito

IL FALLIMENTO

La campagna ha macinato bene durante le prime ore di lancio portandoci a circa cinquemila euro sui trenta richiesti, ma dopo dodici ore non avevamo più alcun pledge. Dopo ventiquattro la campagna si è fermata e durante i restanti ventinove giorni, non siam riusciti a farla ripartire a dovere. Anzi, abbiamo avuto parecchie defezioni. Non sono bastate le sponsorizzazioni, non sono bastate le discussioni sulle pagine, non è bastato un meticoloso seeding su piattaforme esterne. Non è bastato l’inserimento del pdf di prova a sito con un nuovo piano editoriale creato ad hoc. La campagna è semplicemente implosa, lasciandoci con una montagna di lavoro alle spalle e il deserto attorno a noi.

Dove avevamo sbagliato?

All’angolo

GLI SBAGLI

Ora lo sappiamo che ci sarà un coro di:

“ah ma è chiaro dove avete sbagliato!”,

“Sono errori da principianti”,

“io questi errori non li faccio”,

“ma perché fare un kickstarter che si sa che ci sono mille altre piattaforme con un ratio cost/revenue che…”

Grazie, ma col senno del poi siamo tutti più bravi ;)
Crediamo che “nessuno nasce imparato” e quindi vorremmo provare a condividere quelli che, a mente molto fredda, crediamo siano stati i nostri errori più grandi, suturati direttamente sulla nostra pelle.
È una disamina che ci ha aiutato a prendere coscienza di alcuni aspetti che avevamo volutamente tralasciato, di altri che non avevamo minimamente calcolato e che ci ha permesso di fare il famoso “bagno di umiltà”, sperando che possa essere di qualche utilità ad altri.

ERRORE N.1: NON ESCI IL GIOCO

Prima di lanciare il gioco su Kick, lancialo online. Fai una beta, un teaser, un pre-pack, un micropack, un assaggio, un bonus…qualunque cosa che faccia provare il tuo gioco. Puoi creare la campagna perfetta, ma si tratta di un gioco di ruolo. La gente lo vuole giocare. E lo vuole SPACCARE, in tante, piccolissime parti.
Flotz non è stato beta testato in ambienti “non safe” e non abbiamo fatto vedere il manuale ad alcun “esperto del settore” per avere un parere imparziale. Noi sapevamo che il gioco funzionava bene e la cosa ci bastava.

Lo avevamo testato per anni, ma questo la gente non lo sapeva. Sapevamo che il sistema di dadi era nuovo, fresco e divertente, ma la gente non lo sapeva. Sapevamo che poteva essere un’alternativa spassosa ai soliti giochi di ruolo. Ma la gente? Indovinato, bravi. Non lo sapeva.
Avevamo paura di “svelare troppo”, “di perdere l’effetto sorpresa”… e questo è stato un erroraccio. I giocatori di ruolo non comprano nulla a scatola chiusa (ma c’è davvero chi lo fa?). È necessario che qualcun’altro l’abbia già giocato, l’abbia già provato, o recensito. C’è bisogno di qualcosa che non credevamo fosse una cosa così vera e tangibile: una community.

ERRORE N.2: OH MA LA COMMUNITY?!!11!?

O sei uno che di mestiere sviluppa, recensisce, commercializza, localizza giochi da tavolo/di ruolo e quindi possiedi già una community solida, o non non lo sei. E se non lo sei (cosa che noi chiaramente non eravamo), ti serve una community. Prima di lanciare una campagna ti serve avere una base già avvezza al tuo prodotto, una community educata al tuo stile e adeguatamente affamata.

Devi aver fatto un grandissimo lavoro a monte su questa community: devi averla interessata, accudita, ascoltata. Magari anche “trovata”. Devi aver passato ore a discutere, a socializzare a creare valore per qualcosa che deve ancora uscire.

Noi, semplicemente, non l’abbiamo fatto ;)

Non fraintendete: nella vita vivo con la pubblicità, lavoro con le community. So come funzionano. Ma lo faccio… per gli altri. Sembra un discorso idiota, ma quando l’ho dovuto fare per noi, semplicemente l’ho tralasciato credendo che la forza del gioco, la forza dei materiali che avremmo costruito, sarebbero bastati. Ma non è stato così. La forza del progetto, la sua massiccia carica esplosiva, ha avuto un’onda d’urto che non ha sentito nessuno. Se avessimo fatto esplodere la campagna in un terreno “già minato”, beh si sarebbe sentito un botto ben diverso.

Abbiamo tralasciato uno step fondamentale, direi basale, e l’abbiamo fatto con una convinzione quasi tragicomica. Quindi non fatelo anche voi.

ERRORE N.3: NON PARLI BENE

Localizzazione ragazzi.

Spendete.

Dei.

Soldi.

Per.

Tradurre.

Non parlo del prodotto (quello ci mancherebbe…) ma proprio della CAMPAGNA. Noi avevamo finito il budget che ci eravamo imposti e abbiamo scientemente deciso di autotradurci la campagna e quello è stato un errore. Siamo sei persone che conoscono bene l’inglese, alcuni di noi hanno lavorato a Londra per anni e possiamo dire di usarlo spesso anche per lavoro, ma la realtà è che… NON BASTA.

Se lanci Kickstarter la lingua è tutto, tutto. Se hai tradotto da solo e di mestiere non traduci, hai di certo tradotto MALE. Dovete pensare di allocare dei soldi per localizzare tutto ciò che metterete online su Kick, dal banner al testo lungo. Tutto. Abbiamo ricevuto moltissimi messaggi da studi di localizzazione che campano con Kickstarter che ci hanno contattato appena cominciata la campagna. Sapevamo di non essere perfetti, sapevamo che alcune cose che ci consigliavano erano corrette… non avevamo più soldi da spendere per aggiustare il tiro. O meglio: ci eravamo imposti un budget e quel budget era stato speso tutto.

Con il senno di poi, avremmo forse allocato il budget in modo differente.
Pensateci.

ERRORE N.4 (corollario del N.3): MAGARI PARLI PURE BENE, MA LO FAI CON LE PERSONE SBAGLIATE.

Abbiamo pensato a Flotz come a un prodotto internazionale. E abbiamo agito (e speso) in modo internazionale. Sponsorizzazioni extra Italia, Facebook Ads su America, Regno Unito, Russia. Errore banale, ma errore. Soldi buttati via, per altro davvero molto lontano da noi.

Avremmo dovuto spingere solo sull’Italia. Era il nostro primo Kick e ci siamo fatti prendere dalla voglia di gloria. Ed è stato l’errore più vecchio del mondo.
Nel caso doveste lanciare un vostro prodotto, pensate bene al costo di una campagna ampia e al suo ritorno effettivo.
Per questo esiste una parola:

ὑβριστής

ERRORE N.5: CREDI ANCORA AGLI UNICORNI

Kicikstarter non fa beneficenza, non segue regole proprie di mercato e non è un’entità aliena. Kickstarter è una macchina da guerra e non fa sconti a nessuno. Nè tanto meno si ciba di sogni.

Qualche giorno dopo il lancio della campagna, sono stato contattato da un gruppo di “creator” di giochi da tavolo che creava room per discutere dei progetti, delle strategie. Ho partecipato pieno di curiosità e aspettativa (e di speranza! Speravo genuinamente che elargissero consigli per risollevare campagne in stato comatoso come la nostra, ma questo teniamocelo per noi) e la prima domanda che hanno posto è stata:

<< quanta equity avete comprato del vostro prodotto?>>

Traduco: degli Xmila euro che chiedete di pledge, quanti ne avete comprati direttamente voi per dare l’idea SIN DA SUBITO che la vostra campagna sia una campagna di successo?

Sono caduto dal più canonico dei peri, o dei fichi. E nella vita faccio pubblicità. Avevamo seriamente creduto che la campagna sarebbe esplosa per conto proprio? Abbiamo seriamente creduto di essere in un paese favolistico, dove è tutto candido e leggero, dove avidità, astuzia e DANARO non hanno gran valore? Dove ciò che vale davvero è solo l’idea? Dove la viralità spunta davvero dal nulla?

Che illusi! Per mestiere vendo pubblicità e non ho pensato a un trucco così vecchio:

<< guarda quando è bello questo prodotto, l’hanno già comprato quasi tutti! Affrettati o finisce!>>

shame on us .shame on me.

Avremmo dovuto inserire nel famoso business plan una riga di “equity” nella quale compilavamo un costo per noi: un costo di immagine. Pura, semplice, vecchia, abusata, mai andata fuori moda, cara immagine.

Nulla di più semplice, eppure abbiamo fatto l’errore di non pensarci.

Voi, pensateci.

CONSIGLIO BONUS: NON HAI IDEA DELL’IMPEGNO. NO, DAVVERO. NON CE L’HAI.

A onor del vero sia io che Stefano avevamo ben chiaro l’impegno sin dal primo momento. Lavoriamo in mondi dove “è tutto per ieri” e dove la moltiplicazione dei materiali supera quella dei pani e dei pesci di parecchie misure.

Ma quando lo fai come seconda occupazione, quando il progetto lo ritagli da altro, quando ti occupa i sabati, o le domeniche (o entrambi) per un periodo molto prolungato di tempo…può diventare faticoso in modi che non immagini.

Seguire la rete, i pledge, le domande, le discussioni, gli insulti, i flame, è un lavoro a tutti gli effetti e se volete che le cose funzionino non potete far finta che non ci siano, o non potete relegarlo a “ci penso questa sera”.

A inizio corsa, eravamo entrambi già molto stanchi e non siamo riusciti a seguire con la dovuta attenzione i mille rivoli in cui la campagna si è dipanata…non che comunque abbia fatto una gran differenza.

FINE DELLA CORSA (?)

Siamo arrivati alla conclusione di questo breve volo nell’immenso e sconfinato spazio galattico del crowdfounding. Speriamo vi sia piaciuto, o che almeno vi abbia lasciato qualche spunto utile.

Avete viaggiato su un’astronave commerciale un po’ malandata, una che non è arrivata in tempo al porto interstellare designato. Non ha concluso i suoi affari e i costi del carico sono rimasti in capo a chi la guidava.
Ma è stata una nave affidabile, con un equipaggio unito che non ha mai smesso di lottare. Semplicemente è stata guidata con poca esperienza e troppa ingenuità.

Permetteteci di rimanere ancora un attimo all’interno di questa calda metafora sci-fi: qui di seguito vi lasciamo il link per scaricare la versione PDF di Flotz. Magari avete voglia di fare un’ultima, folle accelerata alla velocità della luce per un salto nell’iperspazio… ;)

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Edoardo Santamato
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Written by Edoardo Santamato

Creattivo. Copy and Partner @Invasionecreativa

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