Ti odio Yıldıray Baştürk

Massimiliano Chirico
4 min readMar 30, 2017

--

Io di Yldiray Basturk non so assolutamente niente, zero proprio. Ce l’ho in testa solo perché quando qualcuno dice la parola Bastone io penso automaticamente a Basturk e questa cosa mi fa incazzare parecchio, che sto sempre la ad associare le cose ai giocatori.

Se la nostra memoria fosse un hardisk (cosa che spero tanto non sia vera) allora la mia è piena al 30% almeno di nomi e storie di personaggi inutili legati al mondo del calcio e questa è una di quelle cose intollerabili, specialmente se hai sempre paura di dimenticare le cose. Cioè più che paura di dimenticare le cose è questa fobia del dover sapere tutto, del non riuscire a capire perché certe cose rimangono in testa più facilmente mentre alte si tirano fuori da sole. Se esiste un criterio di importanza per classificare i ricordi allora la stringa che classifica i miei deve essersi incasinata. Magari in un futuro non troppo lontano saremo delle macchine che immagazzinano cose e ci toccherà fare pulizia, rimuovere qualcosa per lasciar spazio a nuovi ricordi da stipare. Il tutto da gestire ovviamente dal nostro smartphone, con una di quelle app tipo CCleaner che a un certo punto ti fa Sei sicuro di voler eliminare “Primo giorno di scuola elementare (audio+video)”?
A dire il vero non sono sicuro di voler rinunciare ai miei nomi di giocatori, è grazie a quelli se sono uno dei più temibili avversari in Cognomi di giocatori che iniziano per… secondo solo a Enrico Faggionato che nell’ultimo duello (giocavamo coi cognomi che iniziano per P) mi ha battuto con Pietro Pizza.

Quello a sinistra dovrebbe essere Pietro Pizza, passato dal Feralpi Salà alla Fiorenzuola.

Il ricordo di Basturk però mi fa pensare a qualcosa di ancora più grande: mi porta alla mente il fatto che la mia generazione possa associare diversi ricordi a esperienze collettive vissute coi videogame. Ad esempio Basturk è l’immagine della mia adolescenza passata a PES 6 dove era il centrocampista-capitano-goleador della mia Sampdoria al campionato master. La fascia da leader ogni tanto finiva sul braccio del veterano Valeny, instancabile motorino di difesa, ma Basturk era quello più indicato perché spesso le gare spigolose si risolvevano con una sua botta da fuori, col tasto quadrato mezzo distrutto e caricato fino a trequarti. Oggi giocare ai videogiochi di calcio è diventato impossibile per me, sono troppi simili alla realtà e per vincere spesso bisogna essere anche dei bravi giocatori nella vita vera, leggere gli inserimenti e le diagonali. Non mi diverto più, preferivo correre sul fondo, rientrare e mettere in mezzo e preferivo le serate nello scantinato di un amico alle sfide su internet ma andando avanti così sprofonderei nella nostalgia che è il male dei giorni nostri. Però ecco noi tra quindi anni non diremo Ti ricordi quella volta al mare… o comunque lo useremo molto meno di C’hai presente quel torneo a Pes…

Yldiray Basturk è turco ma dal nome avrei detto kossovaro. Era nella Turchia del doppio bronzo in Corea-Giappone del 2002 e nella Confederetions Cup dell’anno dopo. È nato la vigilia di Natale del ‘78 in Germania, dove ha giocato per ventitré anni prima di concedersi una stagione al Blackburn per poi salutare tutti. L’apice della sua carriera è stato al Bayer Leverkusen e azzarderei col dire che sia stato anche compagno di squadra di Barbarez (che a PES era Barbonez). Figlio di un minatore, nel 2002 è arrivato addirittura al nono posto nella classifica finale del Pallone d’oro vinto poi da Ronaldo I. Secondo una stupidissima quanto inutile classifica di DreamTeamFC, Basturk sarebbe addirittura arrivato secondo se ai giocatori di Barcellona, Real Madrid e Bayern Monaco venisse impedito di rientrare tra gli aspiranti vincitori. Avete presente la sensazione che provate leggendo quelle assurde classifiche tipo Come sarebbe la Serie A se le partite finissero al 45' ? Ecco, questa classifica ha lo stesso valore.

Oggi Basturk è membro del CdA del Tuzlaspor, squadra che milita nel terzo campionato turco, magari intrattiene i giovani giocatori raccontando loro quella tragica stagione in cui il Leverkusen cadde in finale contro il Real Madrid per due a uno. Bastürk divideva lo spogliatoio con Ballack e Zè Roberto ma Zidane quell’anno aveva preso in prestito i piedi dall’Olimpo e girò in porta un pallone che ancora oggi serve alla UEFA a girare gli spot.

Chissà come si vive a galleggiare sempre su quella linea, a bordo di un’incompiutezza disarmante che comunque ti permette di vivere, questo si, ma che ti lascia addosso un malessere che ti ricordi. Sei arrivato lì, a un passo dalla Champions League, a un passo dal sogno di vincere un Mondiale e invece non ce l’hai fatta, facendo i conti con la tua mortalità e con quella dei tuoi compagni. Sarebbe bastato un niente in più, allenarsi di più su un tiro a giro per rispondere alla volèe di Zidane, inventarsi qualcosa per Dio! per non essere uno dei tanti. E invece niente.

Però magari si vive comunque bene, si impara a farsi bastare quello che hai e a non desiderare l’impossibile. Raccontare di una finale persa è sempre meglio che non aver nulla di cui parlare, come quelle persone fastidiosissime che vivono di silenzi e circostanze sul meteo ormai impazzito.

Non ci sono più le previsione di una volta > Non ci sono più le feste di una volta > Non si vincono più le schedine di una volta.

Nella speciale classifica dei giocatori che odio trovi anche
Kasper Bøgelund

--

--

Massimiliano Chirico

Da piccolo avrei voluto fare hockey su ghiaccio ma vai a spiegarglielo a mio padre. Oggi la mia vita sarebbe diversa.