Bauhaus, Dessau 1925

Walter Gropius e la Bauhaus

Emanuele Carrai
5 min readAug 1, 2017

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Giulio Carlo Argan

Il problema principe della ricerca insita nell’opera di Gropius è quello di costruire una didattica dell’architettura che abbia come fondamento tutte le discipline in ambito artistico, avendo come scopo quello di riformare il rapporto tra arte e società.

“L’opera d’arte è una realtà che la società produce per corrispondere a un reale bisogno e non per soddisfare ad aspirazioni oziose: una società che non usi l’arte che produce sarà difettosa, perché i bisogni insoddisfatti o residui inutilizzati creeranno pericolosi scompensi ideologici. Bisogna dunque che l’arte sia tale da poter venire completamente riassorbita nella circolazione della vita.”

Il miglior modo per far sì che l’arte si normalizzi nella vita delle persone è quello di utilizzare i mezzi di produzione contemporanei, per la loro capacità di raggiungere il maggior numero di persone con costi ridotti.

“Da un punto di vista marxista ogni processo storico, anche dell’arte, dipende dallo sviluppo dei mezzi di produzione: se l’arte si eccettuasse a questa legge e continuasse ad avvalorare, in una società industrializzata, i procedimenti tecnici dell’artigianato, essa costituirebbe una forza conservatrice e reazionaria. Dunque l’arte dovrà servirsi dei mezzi di produzione dell’industria, i soli che possano immetterla nel circolo della vita sociale moderna. […] E poiché l’industria produce beni di utilità collettiva, l’opera d’arte non dovrà rivolgersi ai ceti più colti, ma essere utilizzabile dall’intera collettività.”

La didattica della Bauhaus si basa proprio su queste considerazioni, proponendo una formazione che prevede non solo lo studio dell’opera ma anche la realizzazione prima con i metodi dell’artigianato, poi con quelli dell’industria.

“Se la formazione dell’artefice consiste nel passare dalla padronanza dell’utensile a quella della macchina, il suo processo formativo riproduce il processo evolutivo dall’artigianato all’industria: la scuola artistica è dunque una società in nuce perché il processo didattico riproduce il processo dell’evoluzione sociale.”

L’altro caposaldo di questa concezione della didattica in funzione di una nuova concezione dell’arte è la razionalità come unica guida, in quanto l’arte non deve fornire visioni ispirate della realtà bensì deve contribuire a costruirla.

“L’energia razionale, di cui ogni opera è satura, si scarica nella vita e ne intensifica il ritmo: se l’arte non è più l’approdo sereno e liberatore al di là della contingenza, è tuttavia la forza che ci fa superare la contingenza nella contingenza stessa, obbligandoci a compiere con razionale chiarezza anche i minimi atti della vita quotidiana. […]

La Bauhaus, con la sua rigida razionalità, vuole creare le condizioni di un’arte senza ispirazione, che non deformi poeticamente la realtà della nozione ma costruttivamente formi la nuova realtà.”

La Bauhaus incarnava in piccolo quello che Gropius tentava di fare in grande della società: non c’era differenza tra didattica dell’arte e tempo libero, la produzione artistica era normalizzata all’interno della vita di ciascun docente e allievo della scuola.

“La Bauhaus è stata un tipico esempio di scuola democratica, fondata sul principio della collaborazione tra maestri e allievi. Concepita come un piccolo ma completo organismo sociale, mirava a realizzare una perfetta unità di metodo didattico e di sistema produttivo. Dotata di mezzi assai limitati, integrava il bilancio fornendo all’industria, ch’era il suo sbocco naturale, modelli studiati in collaborazione da docenti e allievi […].

Benché fosse una scuola governativa la vera fisionomia della Bauhaus era quella di una comunità artistica organizzata. Per l’intera durata dei corsi maestri e allievi vivevano nella scuola; la loro collaborazione continuava anche nelle ore di riposo, che venivano impiegate in audizioni musicali, conferenze, letture, discussioni e nell’organizzazione di rappresentazioni, mostre, gare sportive. L’attività artistica s’inseriva e ambientava spontaneamente in quell’alto tenore di vita: si cercava così di togliere alla creazione artistica ogni carattere di eccezionalità e di sublime per risolverla in un ciclo normale di attività e produttività. L’arte destinata a ripercuotersi e confondersi nella vita doveva nascere come atto della vita.”

Avendo come obiettivo quanto finora spiegato, è chiaro come la scuola sviluppasse molteplici discipline per raggiungere quanti più ambiti della società. L’architettura cambia in quest’ottica, divenendo uno strumento al servizio dell’uomo e non più rappresentazione di un potere religioso o politico.

“Con la riforma della tipografia, della pubblicità, del teatro la Bauhaus allarga illimitatamente la sua sfera d’influenza sul costume e le consuetudini sociali; non si tratta soltanto d’introdurre nella vita quotidiana, attraverso oggetti d’uso comune, un più preciso senso della forma e quindi una più lucida coscienza della realtà, ma di individuare e potenziare i centri della sensibilità dell’uomo sociale.

Nella tipografia il rinnovamento si estende dalla forma dei caratteri all’architettura della pagina e del libro. […] Balza agli occhi l’analogia stilistica tra il disegno dei nuovi caratteri e il profilo dei nuovi mobili metallici; oserei dire che i caratteri stanno nella pagina come quei mobili nell’architettura. […]

In sintesi: per secoli i caratteri di stampa sono stati pensati in funzione della scrittura, quasi compimento epigrafico dell’opera letteraria; ora sono pensati in funzione della lettura, come uno strumento del lettore. Lo stesso è accaduto dell’architettura: un tempo era in funzione dell’architetto creatore, come interprete delle supreme astrazioni religiose e politiche; ora è in funzione dell’uomo che vi abita, strumento della sua esistenza.”

Alla fine degli anni ’20 arriva il momento in cui Gropius sente di dover espandere l’area di influenza del suo programma educativo oltre i muri della scuola. Perciò intraprende la libera professione improntando il suo lavoro sul dare risposte concrete ai problemi della società e in particolare della città, attraverso l’architettura.

“Nel ’28 Gropius lascia la Bauhaus e riprende a Berlino l’esercizio della libera professione. Il suo programma di azione educativa non poteva più contenersi nei limiti di una scuola. L’urbanistica è una pedagogia formale che vuole esercitarsi nella totalità della sfera sociale.

Essa determina il tracciato sul quale si muovono e organizzano le forze cooperanti della società. Poiché cooperazione è anzitutto eliminazione di contraddizioni, il compito dell’urbanistica consiste essenzialmente nell’eliminare le contraddizioni. Una delle massime contraddizioni è quella che l’industria capitalistica ha aperto tra l’organizzazione del lavoro collettivo e l’autonomia dell’individuo e della famiglia. […]

Ma le nefaste conseguenze igieniche e sociali dell’abitazione collettiva non dipendono se non dal fatto che un’insufficiente struttura politica e amministrativa abbandona i quartieri operai nelle mani della speculazione. Le case collettive possono realizzare costruttivamente condizioni di aria e di luce altrettanto buone che le case per una sola famiglia. Non sarà il compromesso della casetta col giardino a risolvere un problema nel quale si riflette l’antitesi tra un romantico sentimento della natura e la moderna esigenza di una perfetta razionalità di vita.”

A completare l’opera di Gropius vi sono, oltre agli studi sull’abitazione, quelli sulle due funzioni principali che la società delega alla collettività, ovvero la distribuzione del lavoro e l’educazione, nella forma di progetti di centri per l’impiego, scuole, teatri.

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