La fine di Icaro

Enrico Basso
2 min readNov 2, 2014

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“Icaro” di Fernando Zobel

Nei rari e preziosi momenti in cui qualcosa, o qualcuno, fa da specchio alla nostra anima, ci rendiamo conto di come il nostro intimo sia un labirinto. Labirinto che può sfuggire alla comprensione e celare al suo interno mostri e segreti. Sanguineti aveva giocato con l’assonanza tra la traduzione latina della parola e il labor intus, cioè il lavoro interiore che ognuno può fare su di sé, suggerendo implicitamente come l’autoanalisi sia l’unico modo per poter sopravvivere ai momenti in cui ci si deve addentrare nei meandri dell’anima.

Nel famoso mito, Teseo ha dovuto entrare nel labirinto; un lavoro serrato su di sé lo ha reso capace di non temere il mostro e di sconfiggerlo, mentre un lavoro più esteriore, ma non per questo più semplice, basato sulla relazione con l’altro, gli ha permesso di trovare l’uscita, seguendo il filo di quel rapporto. È proprio questo labor, fatto in profondità, tanto con noi stessi quanto con gli altri, che ci rende capaci di vivere in modo pieno e convivere con la nostra labirintica intimità.

La fatica di questa preparazione può sembrare inutile ai più. Ma ci sono momenti in cui la vita ci scaraventa al centro dell’intreccio del nostro labirinto. Cercare affannosamente di uscirne, senza avere gli strumenti adeguati, rischia di concludersi inevitabilmente facendo la fine di Icaro.

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Enrico Basso

Gestisco concetti, maneggio parole, immagino cose. Umanista digitale.