Perché Twitter sta morendo lentamente.

Luca Alagna
4 min readAug 11, 2015

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Cosa sta succedendo a Twitter?

Partito come una piattaforma semplice ma efficace, in grado di mettere in difficoltà anche Facebook, Twitter si era immaginata come l’erede moderno dei mass-media eppure oggi questa visione si sta rivelando un vicolo cieco. Nonostante i maggiori ricavi pubblicitari la base degli utenti non cresce più e non si innesca l’Effetto Rete che ha fatto esplodere Facebook o Google.

I dati sono quelli del secondo trimestre 2015: +61% di ricavi (pubblicitari) rispetto allo stesso periodo nell’anno precedente ma una crescita sempre più striminzita degli utenti. A chi si vende pubblicità se gli utenti latitano? Ma poi questa pubblicità, molto da interruzione e poco nativa, funziona? A quanto pare no.

Twitter era diventato popolare perché permetteva alle numerose reti sociali di essere più permeabili. In pratica le community online non erano più bolle chiuse ma potevano essere contaminate e scovate per tematiche (gli hashtag) e valutate per i contenuti in sè.

È così che un blogger pakistano poteva diffondere la notizia del secolo dell’operazione contro Bin Laden o gli studenti dissidenti iraniani potevano diffondere al mondo news sulla repressione a Tehran. Ed è così che noi li potevamo trovare, interagire e raccontare, perché non erano più racchiusi in community distanti sei gradi di separazione ma erano lì, a un passo di hashtag. Era un meccanismo rapidissimo, all’epoca impossibile su Facebook.

In breve tempo Twitter si è trasformato in un formidabile flusso di informazioni in tempo reale di ogni tipo, cronaca e politica in aggiunta agli argomenti più leggeri che l’avevano caratterizzato fin dall’inizio, grazie anche alla spinta di alcune star. A un certo punto, era il 2011 forse, Twitter decise di identificarsi come un ‘News Network’ non più come social network.

Avrebbe potuto sfruttare l’immensa massa di informazioni per innescare un livello superiore di network sociale, con quelli che noi oggi chiamiamo Big Data, vendendo e aggregando le informazioni, curando allo stesso tempo le relative fonti, lasciando ai migliori la produzione di contenuti; invece ha scelto di vendere pubblicità da interruzione (i Promoted Tweets), quella pubblicità che stava morendo, quella sempre più odiata dagli utenti. Sarebbe potuta essere la Cisco dell’informazione online ma ha deciso di essere una CNN 2.0, con i suoi conduttori, i suoi spot, i suoi ospiti e tutto il resto a fare da pubblico cinguettante senza alcuna possibilità reale individuale di contribuire.

I famosi filtri informativi e collaborativi di cui si era parlato tanto, sono stati neutralizzati.

Invece di dare nuovi strumenti ai propri piccoli e medi curatori (quelli che avevano fornito il carburante del suo successo) per curare le proprie nuove community online, ha tagliato i ponti con gli sviluppatori indipendenti assegnando di fatto due ruoli: pubblico indistinto o personaggio da mass-media. Chi non è cresciuto abbastanza nel frattempo e chi non si porta dietro una fama da tv, cinema, musica, youtube ecc. oggi non ha speranza di crescere dentro Twitter. Allo stesso tempo chi produce contenuti di qualità non è in grado tecnicamente di valorizzarli. La piattaforma si è trasformata velocemente in un contesto in cui il disturbo e l’hate speech la fanno da padrone, in cui le star mediatiche possono sopravvivere lo stesso ma i nuovi produttori di contenuti si dissolvono.

Ha fatto il contrario di quello che fece Facebook nella stessa fase di crescita, e i risultati si sono visti.

Twitter ha dimenticato una delle regole principali della Rete: senza vantaggio per la Rete, non si può contare su di essa. La Rete non è una risorsa da sfruttare ma un ambiente da costruire insieme. E la Rete ha una potenzialità di crescita così enormemente superiore a qualsiasi audience da mass-media che nessuno ne può far a meno oggi, neanche i più grandi. Ogni spettatore tv è ‘isolato’, ogni utente di rete è iperconnesso.

Oggi chi è abituato ad interagire difficilmente torna a uno stato di spettatore ‘irrilevante’.

Perché gli utenti dovrebbero iscriversi in massa a Twitter oggi? Per fare da spettatori ai vari personaggi che già vedono in tv e sulla stampa? O per ‘televotare’ in una trasmissione? O per seguire le gesta del proprio personaggio preferito? Sì, lo fanno ma non è abbastanza perché è possibile farlo anche su altre piattaforma, per es. Instagram (che non a caso ha raggiunto gli stessi utenti di Twitter) o Facebook o altri (persino Snapchat!).

Invece di cambiare rotta per coprire questa mancanza di utenti Twitter si è affrettata a lanciare Periscope, un rilancio di un’ulteriore modalità star-audience; in pratica dei tweet in formato video che già oggi appaiono in calo di interesse.

In Italia il fenomeno è addirittura amplificato. Gli utenti nell’ultimo anno sono calati e la piattaforma guarda particolarmente a personaggi famosi o trasmissioni tv. Per dare un’idea, il lancio di Periscope in anteprima in Italia è stato concesso a Fiorello, Pim e Maccio Capatonda. Nessun reporter, nessun giornalista digitale, nessun attivista online, nessuna star online, nessun influencer di community per quanto grande.

Accorreranno gli utenti italiani ad iscriversi e usare Twitter per deliziare Fiorello e Maccio Capatonda? Pare non stia accadendo. In compenso però sto notando che i piccoli produttori di buoni contenuti nativi su Twitter si stancano sempre più, sommersi nell’‘ironia della Rete’, travolti da frizzi, lazzi, insulti e flame di ogni tipo. E forse pensano a Facebook o Instagram, chissà.

Twitter si sta chiudendo su se stessa. Riuscirà a sopravvivere in queste condizioni, solo con grandi contratti di pubblicità da interruzione? Sembra difficile, e se fossi Google (o Alphabet) inizierei a farci un pensierino.

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