Terzo settore: intervista a Maurizio Mumolo

FBLab
6 min readJul 31, 2017

--

1) Dott. Mumolo, da una ricerca del 2011 dell’Istituto Italiano della Donazione dal titolo “Non Profit, settore frammentato ma di certa utilità sociale: questa la percezione degli italiani”, realizzata in collaborazione con l’Istituto GfK Eurisko, era emerso che solo il 17% degli intervistati aveva sentito parlare di “Terzo Settore” e di questi solo il 66% ne conosceva almeno approssimativamente il significato (il termine “Non Profit” risultava, al contrario, più rappresentativo e di più immediata comprensione).

Negli ultimi anni, secondo lei, la situazione è migliorata? E se si, a cosa pensa sia dovuto?

Maurizio Mumolo: non si può nascondere che il Terzo settore, specialmente in passato, abbia avuto difficoltà nel comunicare la propria identità. Questo dipende da diversi fattori, tra cui sicuramente c’è la “giovane età” del termine — che si può far risalire, almeno in Italia, alla fine degli anni Settanta — e il fatto che finora il Terzo settore è stato considerato esclusivamente una categoria sociologica, nota quasi soltanto negli ambiti accademici e tra gli “addetti ai lavori”. Ma non conoscere il termine “Terzo settore” non significa ignorare le realtà organizzate che lo compongono: i cittadini sanno bene cos’è il volontariato, l’associazionismo o la cooperazione sociale. I dati del censimento ISTAT sono molto eloquenti. E la riforma recentemente approvata contribuirà molto a definire questa componente significativa della società civile, che corrisponde a un sottoinsieme — seppure molto consistente — del non profit. La legge 106 del 2016, infatti, dà finalmente una definizione chiara e univoca di cosa sia il Terzo settore (un insieme di enti privati che perseguono, senza scopo di lucro, finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, e che promuovono e realizzano attività di interesse generale), ne fa una categoria giuridica e ne riconosce il valore sociale, oltre che economico. Certo, il lavoro da fare per avvicinare i cittadini a questa realtà è ancora lunga, ma possiamo dire di essere sulla buona strada. D’altra parte le potenzialità ci sono tutte: con lo Stato sociale in declino a livello globale e la grande imprenditoria “for profit” che spesso si vede costretta ad assumere connotati tipici del “mondo solidale” per essere apprezzata dai consumatori, il Terzo settore si qualifica, ancora di più che in passato, come quell’alternativa che mette al centro l’interesse generale e il bene comune riuscendo contemporaneamente a “stare sul mercato”.

2) Oltre 300 mila organizzazioni non profit, circa 5 milioni di volontari coinvolti, 64 miliardi di euro di fatturato generato, oltre 700 mila dipendenti stipendiati.* Un settore, insomma, che sembra godere di buona salute e che, a giudicare dal rapporto “I.T.A.L.I.A — Geografie del nuovo made in Italy”**, ha contribuito ad aiutare il Paese a contrastare gli effetti delle crisi economica.

Anche nel confronto con le altre economie europee, i dati dimostrano una vitalità del settore italiano: nel confronto con le principali economie europee, l’Italia è prima per numero di addetti sul totale dell’economia (9,7%) e supera Francia (9,0%), Spagna (6,7%), Germania (6,4%) e Regno Unito (5,6%), oltre che il totale della media europea (6,5%). Questo paese, poi, è il primo per numero di aziende e di addetti: 71.578 cooperative (il doppio della somma di Francia, Germania e Regno Unito).

Secondo la sua opinione, a cosa si può attribuire l’espansione, anche economica, di questo settore in Italia?

Maurizio Mumolo: non c’è dubbio che il Terzo settore sia stato, in questi anni di profonda crisi, l’unico comparto dell’economia del Paese non solo in grado di tenere ma anche di crescere.

Le ragioni di questo fenomeno sono diverse e non tutte facilmente definibili. Indubbiamente abbiamo una lunga tradizione nell’autorganizzazione dei cittadini per produrre attività di sostegno per i più deboli o iniziative a favore della propria comunità. Provocatoriamente si potrebbe dire che il progetto di “Big Society” britannico che tanto scalpore fece un decennio fa, in Italia è una realtà fin dal 1300. Sempre per rimanere nell’ambito storico, dobbiamo ricordare la forte matrice culturale delle nostre aggregazioni sociali, che vede da una parte l’associazionismo caritatevole cattolico e dall’altra l’associazionismo civico laico e socialista: identità molto marcate e tutt’ora vive.

Infine, un fattore importante della crescita di questo settore è la debolezza storica del nostro Stato sociale: una debolezza, a volte addirittura assenza, alla quale hanno risposto i cittadini, autorganizzandosi per fornire i servizi necessari alla comunità in cui vivono.

3) Pur essendo un settore fondamentale per l’economia del Paese, il legislatore italiano — dopo anni di dibattiti — ha varato solo nel 2016 una legge delega recante “Riforma del Terzo Settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale” i cui decreti attuativi sono stati recentemente approvati.

Come spesso accade, la riforma ha dato adito a qualche perplessità tra gli esperti del settore.

Dal suo punto di vista la riforma è “perfettibile” o il Governo ha fatto tutto quanto doveva essere fatto per sostenere il Terzo settore?

Maurizio Mumolo: parliamo di una buona riforma, che finalmente riconosce il valore del Terzo settore, dandogli piena cittadinanza e attribuendogli un ruolo importante nella costruzione di un modello di sviluppo inclusivo e sostenibile. In più occasioni il Forum ha espresso apprezzamento rispetto a come il legislatore è intervenuto sui decreti: le misure per promuovere la trasparenza degli enti (in primis il Registro Unico), il sostegno alle reti, gli strumenti di finanza sociale, l’apertura all’impresa sociale, il miglioramento del funzionamento del 5 per mille ecc… sono alcuni degli aspetti che riteniamo sicuramente positivi per il nostro mondo, perché permetteranno al Terzo settore di essere ancora più forte e pronto ad affrontare le sfide del futuro. Certo, la riforma è perfettibile, non abbiamo nascosto le nostre critiche. Gli aspetti più problematici sono quelli legati alla non completa armonizzazione delle precedenti normative e il decreto sull’impresa sociale, nella parte in cui svantaggia la cooperazione sociale, esempio virtuoso di democrazia economica e pilastro dell’economia sociale italiana. Poi c’è la questione dell’appesantimento burocratico, particolarmente sentito dagli enti più piccoli, e dell’eccesso di normazione della vita interna delle associazioni (un’ingerenza poco motivata e che non porterà necessariamente a maggiore trasparenza). Infine c’è la nuova normativa tributaria, molto complessa e di difficile interpretazione, che temiamo porterà a un maggiore aggravio degli adempimenti burocratici e del carico fiscale. Il Governo ha comunque un anno di tempo per porre rimedio, se lo vorrà, a questi problemi, adottando dei provvedimenti correttivi. E ci sono oltre 30 decreti ministeriali che dovranno essere approvati nei prossimi 12 mesi per rendere effettivamente operativa la riforma.

4) La Legge Delega è stata è stata fortemente voluta e promossa dall’ex Premier Matteo Renzi.

Alla luce della sua esperienza in qualità di Direttore del Forum del Terzo settore, come descriverebbe i rapporti tra il Terzo settore e la politica italiana?

Maurizio Mumolo: è difficile dare una valutazione del rapporto con la politica italiana in generale, anche perché il compito principale del Forum, nella sua qualità di parte sociale e organismo di rappresentanza, è quello di interfacciarsi con il Governo, con tutti i governi. Sicuramente i rapporti con la compagine governativa a cui ha dato vita Renzi, e oggi con Gentiloni, sono stati positivi nella misura in cui il Forum è stato riconosciuto, anche formalmente — grazie alla firma di un accordo di collaborazione — come soggetto autorevole con il quale costruire un tavolo di confronto politico sulla materia della riforma. Rispetto al passato i miglioramenti sono evidenti, e questo non può che essere un bene, soprattutto nel momento in cui si decide il futuro di una vasta realtà che vede nel Forum il suo principale punto di riferimento. Nel 2014 Renzi ha detto che il Terzo settore dovrebbe essere il “primo settore” per importanza, Gentiloni ne ha parlato pochi giorni fa come di “pilastro del futuro”. Un’attenzione del genere non è sempre stata riscontrata in passato, e di questo cambiamento siamo soddisfatti.

5) Il disegno di legge annuale sulla Concorrenza 2017, giunto alla sua fase conclusiva dopo un lungo iter, prevede che le associazioni, le Onlus e le fondazioni che intrattengono rapporti economici con le pubbliche amministrazioni debbano pubblicare, entro il 28 febbraio di ogni anno, nei propri siti o portali digitali, le informazioni relative a sovvenzioni, contributi, incarichi retribuiti e comunque a vantaggi economici di qualunque genere ricevuti dalle medesime pubbliche amministrazioni a pena della restituzione delle somme ai soggetti eroganti.

In due parole, che ne pensa?

Maurizio Mumolo: su questo punto abbiamo notato delle discordanze tra il ddl sulla Concorrenza e quanto disposto nel decreto sul Codice del Terzo settore. Qui, infatti, si prevede che tutte le informazioni contabili (rendiconti, bilanci, raccolte fondi) siano inviate al Registro Unico del Terzo settore e rese pubbliche entro il 30 giugno di ogni anno. Solo per il bilancio sociale, poi, si parla di pubblicazione sui siti degli enti. In sostanza, le due norme non sono raccordate tra loro, e ci auguriamo che il Governo proceda a fare chiarezza al più presto e in modo da non svantaggiare le associazioni che, come già detto, avvertono particolarmente l’appesantimento burocratico di questa riforma. In generale crediamo che siano positive tutte le iniziative che possano rendere più trasparenti le attività delle organizzazioni di Terzo settore. Non abbiamo timore della trasparenza, temiamo la burocrazia fine a sé stessa. La trasparenza non può che rendere maggiormente visibile la qualità sociale del terzo Settore.

Domande a cura di Isabella Toppetta

*Dati tratti dall’articolo “Il Terzo settore diventa adulto. Ora crea fatturato e occupazione”. La Stampa, 18/40/2016.

** Rapporto del 2015 diffuso da Unioncamere, Fondazione Edison, Fondazione Symbola e Aiccon.

--

--

FBLab

Analisi e approfondimenti sulla politica italiana ed Europea. A cura di FB e Associati.