Connecting the dots

Federica Pasini
4 min readAug 17, 2021

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Il 16 agosto 2021 ho lasciato il mio lavoro in Generali, con un pizzico di paura, ma fermissima determinazione. Il lavoro per me è sempre stato il porto sicuro, l’unico modo per assicurarmi da vivere e per circondarmi di persone che mi aiutassero a crescere in un ambiente sereno. Di fatto un’immensa comfort zone. Quindi arrivare a prendere questa decisione è per me un fenomeno di raggiungimento di un obiettivo importante: quello di sentirmi libera e completa come persona, svincolando il mio valore umano da quello professionale e guardando la mia crescita a 360° gradi, dandomi per la prima volta l’opportunità di essere me stessa.

Sono arrivata qui, al 16 agosto 2021, dopo giri immensi dentro e fuori di me, andando fino in fondo con tutta la mia mente e tutto il mio cuore, riscattando il mio valore da me stessa, la vera unica gabbia.

Per più di 15 anni ho vissuto con il cuore infranto, frastagliato, per diverse situazioni personali e familiari. Questo status ha innescato nel mio cervello (e quindi cuore) meccanismi che nel profondo mi hanno convinta che questo fosse il mio unico destino, come se provare dolore e delusione, provarmi di non valerne la pena, fossero l’unico modo per vivere, l’unica cosa che mi meritassi. Ogni passaggio della vita era quindi una sfida pesante, quasi impossibile da superare emotivamente, una prova di sopravvivenza che è durata dal liceo a fine 2020, quando tutto aveva un peso specifico enorme, spesso purtroppo aggravato dalla non comprensione di cosa stessi vivendo dentro e di come gestire questa mole di fatica.

Il primo lockdown mi ha portata a fermarmi, a chiedermi come stessi e cosa volessi dalla mia vita e per la prima volta mi sono sentita davvero intitolata di volere, di desiderare, di potermi prendere qualcosa per me, di valere e sopratutto di voler smettere di auto sabotarmi, di smettere di scegliere persone e situazioni che confermassero il mio non valere nell’inconscio.

Chi mi conosce non sta credendo a quello che legge, e lo capisco. Com’è possibile che una “come me” che si è sempre “presa tutto quello che voleva”, affermi di non valere o di non sentirsi intitolata di volere, “ha sempre fatto quello che voleva, si è sempre presa tutto”. E qui casca l’asino :) ho sempre avuto grandissima determinazione verso ciò che riconoscevo come l’unica via di sopravvivenza: trovare lavori stimolanti e situazioni che mi dessero una base economica stabile, attività super interessanti che mi permettessero di impegnare la mia testolina smart e tutta l’energia che i meccanismi di auto sabotaggio mi generavano. Quello che bastava, quello che funzionava, quello che era ok. Ma non quello che volevo nel profondo. Non quello che voglio nel profondo.

Così a settembre 2020 mi sono presentata dalla quinta psicologa della mia vita (dopo aver ascoltato il suo incredibile podcast “Le regole dell’amore” durante le svariate file al supermercato) e le ho detto che il motivo per cui ero lì era che non sapevo cosa volessi. Ho quasi 30 anni, un buon lavoro, amiche super, una famiglia che mi vuole bene, un network di persone attorno pazzesche, una vita sentimentale incasinata. Mi sembra “fitti” tutto, pure il casino con l’amore visto che vivo a Milano, ma non so cosa voglio ed ho paura di volere ciò che la società in realtà vuole da me (chiaramente da qui è nato poi Mis(s)Fit).

Lei mi ha metaforicamente abbracciata e accompagnata fino al fondo del barile, a raschiare tra le cose più profonde, portando a galla ciò che credo e penso di me, ciò che sento e so di me, le cose che continuavano a generare questi meccanismi di auto sabotaggio. Ci è voluto davvero poco tempo (ma grande focus) per realizzare questa rivoluzione, per ribaltare la mia me da cima a fondo ed entrare in una fase di riequilibrio, in cui ci sono ancora tantissime cose che devo imparare di nuovo su di me e sulla mia vita e tanti piccoli grandi ostacoli che devo cercare di affrontare nel modo giusto. Ma so di poterlo fare con tutta la mia testa e tutto il mio cuore.

Tra gli ostacoli più tosti, quello sicuramente più difficile riguarda l’essere profondamente ambiziosa e determinata ad andare a prendermi quello che voglio, in una società stracolma di preconcetti inconsci rispetto al ruolo della donna, che di default diffida e critica le donne forti, sicure di sé e felici e le spingere a preferire il voler essere accettate e apprezzate secondo i canoni dell’essere una brava moglie, una brava mamma e una brava nonna. Dobbiamo gestire noi stesse le nostre serpi in seno. Dobbiamo riuscire ad essere fedeli a noi stesse anche date le regole implicite della società in cui viviamo, quella che porta a dubitare di ciò che diciamo e che ci porta preferire l’essere accettate e carine, invece che complete e felici. E questa è una battaglia che voglio combattere, quella che sfida le regole che mi hanno portata a dubitare spesso di me, preferendo la via dell’essere accettata, dell’essere “liked” invece che vera e fedele a me stessa. Il meccanismo del fitting con la società ci porta a disperdere una marea di energia e a farla disperdere a tutte le altre donne che non hanno esempi a cui guardare nel sentirsi ok nell’essere loro stesse. E pure per gli altri uomini che sono ingabbiati nello stesso modo in regole che chiedono loro di essere supereroi invece che loro stessi.

Voglio combattere questa sfida creando una piattaforma che abbia alla base delle logiche che permettano di esprimere il proprio talento e la propria ambizione in maniera scalabile nel tech, cercando di avere un impatto il più ampio possibile.

The best is yet to come, a partire dal 1° settembre, ha un nome: si chiama Altruistic… stay tuned!

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Federica Pasini

Naturalmente entusiasta e curiosa, cognitivamente iperattiva. La mia capacità di leggere i contesti e di collegare i puntini è quasi magica.