Il cellulare dell’immigrato

Federico Dolce
Centro Studi Argo
Published in
7 min readOct 27, 2017

Un caposaldo della propaganda nazionalista e xenofoba punta a negare l’immagine degli immigrati come persone che fuggono da povertà, fame e condizioni inumane. La disperazione sarebbe una scusa buonista per sfruttare la compassione dei cittadini mentre gli immigrati sono persone pigre, avide e piene di confort; primo fra tutti il cellulare.

L’argomento non è nuovissimo: già in passato altre testate hanno provato a sviscerare il luogo comune: l’Indipendent ha titolato in maniera un pò cattiva un articolo in cui spiega brevemente l’economicità di molti modelli di smartphone e il loro ruolo nella primavera araba cercando portare avanti un punto importante: anche un paese in via di sviluppo può conoscere cenni di diffusione tecnologica e allo stesso tempo presentare condizioni disastrose che spingono persone disperate ad andarsene.

“Anche non considerandone l’utilità, la semplice ragione per cui i rifugiati Siriani usano smartphones invece di vecchi Nokia 3210 è la stessa ragione per cui a casa dei disoccupati si trovano televisioni a schermo piatto: avete provato a comprarne di altro tipo recentemente? Si possono acquistare telefoni Android a meno di £100, con camera, schermi larghi e tutti gli optionals che ti aspetti dai telefoni di ultima generazione. E con l’abitudine occidentale a cambiare il telefonino ogni anno o due il prezzo dei modelli più vecchi crolla significativamente.
E’ possibile trovare iPhone di seconda generazione per circa £25, e nonostante siano vecchi di qualche anno sono ancora modelli perfettamente usabili. Al momento ci sono più telefonini che persone al mondo quindi le chances sono che chiunque possa permettersi un telefonino (come milioni di Siriani) ne possegga già uno.”

Lo scorso febbraio l’Economist ha pubblicato un servizio in cui spiega in maniera esaustiva come lo smartphone sia oramai indispensabile per effettuare il viaggio verso l’Europa con successo: logistica, pianificazione, soccorso, servizi possono fare la differenza non solo tra il successo e il fallimento, ma fra la vita e la morte.

Ma se vogliamo davvero capire quanto vale per i migranti questo strumento dobbiamo fare parecchi passi indietro.

Il cellulare e gli africani… in Africa

Il Congo è uno degli stati africani nelle condizioni più preoccupanti: il conflitto civile lo piaga dal 1998, il tracollo pressoché totale dello stato ha investito tutte le istituzioni, compresa la banca centrale. La moneta non ha più valore ed il commercio è naufragato. Nella regione di Goma, al confine col Rwanda, i bombardamenti hanno provocato 2 milioni di vittime, eppure nel campo profughi di Mugunga, a nord di Goma, il tasso di penetrazione dei cellulari in quella bidonville era del 42% già nel 2009.
Perchè i cellulari sono così diffusi in una comunità privata delle necessità di base?
I cellulari rappresentano la possibilità per i componenti delle famiglie di mantenere i contatti dopo essere stati evacuati. Un tempo sarebbero occorsi mesi se non anni per riunire una madre ed un figlio separati da un incursione nel villaggio, ora bastano giorni o settimane. Le persone possono allontanarsi dai campi tutto il tempo necessario per trovarsi un lavoro o qualcosa da mangiare senza temere di perdere il contatto con i familiari. I telefoni cellulari permettono inoltre di mandare e ricevere denaro, e anche di conservarlo dietro una password o un codice rendendone più difficile il furto — non raro in un campo profughi. Questo retaggio è rimasto anche ai migranti in Occidente che vengono ricollocati dopo l’approdo e — curiosamente ai nostri occhi — rifiutano terrorizzati di stanziare in luoghi dove non possono usare il cellulare, peggio che se fossero gettati in prigione.
Agli inizi degli anni 2000 i cellulari in Africa erano una rarità, nel 2002 solo il 3% degli africani usava il cellulare, oggi quel dato ha superato l’80% e sta crescendo ad un ritmo più rapido che in ogni altra regione del mondo 3. A parte poche eccezioni le economie africane non conoscono restrizioni legislative sui sistemi di pagamento informatizzate e questo ha attirato molti operatori del mercato nero e del terrorismo.

fonte Techcrunch.com

Cosa più importante, i cellulari sostituiscono vere e proprie infrastrutture in paesi che ne sono sprovvisti. Si racconta di gente che ha cominciato a trasferirsi nelle prossimità delle antenne della CelTel (operatore telefonico internazionale di origini sudanesi), come si faceva in America nei primi anni dell’Ottocento stabilendosi intorno alle stazioni di servizio delle ferrovie. Come pozzi nel deserto le torri delle compagnie telefoniche hanno fatto nascere oasi di opportunità che connettono le comunità africane tra loro e col resto del mondo.
Non è solo una questione legata al movimento di denaro, o alla comunicazione coi propri cari. In presenza di rete cellulare si può supplire alla mancanza di rete telefonica fissa — ovviamente — ma anche migliorare notevolmente servizi come la sanità (numerosi programmi di aiuto a distanza e alfabetizzazione sanitaria tramite telefono si stanno diffondendo in africa centrale e sud est asiatico), prevenzione disastri naturali (grazie ad allerte delle tempistiche efficienti) e una migliore gestione logistica di merci, beni e servizi in un paese dagli spazi così grandi permette un miglioramento dell’efficienza davvero importante.

Gadget tecnologico VS strumento vitale

Lo smartphone è quindi un’innovazione tecnologica che è riuscita — raggiungendo pochi altri esempi nella storia — a diventare un importantissimo tratto culturale, ma non solo: è diventata due diversi tratti culturali che la crisi migratoria ha messo duramente a confronto.
Nel mondo occidentalizzato il cellulare è uno status symbol per cui si spendono cifre sempre maggiori per poter possedere l’ultimo modello. In una società ad alta innovazione tecnologica il valore aggiunto di questo oggetto è stato notevole ma non altissimo e il suo driver di diffusione principale è diventata la moda, grazie al lavoro di comunicazione e design messo a punto dalle case americane ed europee. Di conseguenza è diventato agli occhi delle generazioni più anziane un simbolo di pigrizia e vanità, di distaccamento dal mondo terreno delle cose realmente importanti.

Nel resto del mondo invece — in particolare nei paesi in via di sviluppo — il cellulare è esploso in tutta la sua potenzialità andando a sopperire alle infrastrutture deficitarie creando nuovi modelli di società e di sviluppo meno path-dependent. In questo senso la portata culturale di questo oggetto travalica il suo simbolismo occidentale e diventa un oggetto vitale per la sopravvivenza come per i nostri nonni sono state le scarpe, e chiedere al migrante di non usufruirne è a tutti gli effetti come pretendere che vadano in giro scalzi.

Di come il pregiudizio sia fortemente basato sull’eurocentrismo del punto di osservazione lo possiamo facilmente verificare comparando la percezione delle quote di mercato che in Occidente crediamo essere sostanzialmente dominato da due operatori — Apple e Samsung — che lasciano ai restanti le briciole, mentre in realtà a livello globale questi occupano poco più di un terzo del mercato e sono in costante discesa 4, e nel complesso i più economici Android dominano il mercato cellulare globale con l’86% in continua crescita. Il mondo interpreta questa innovazione epocale in un senso ben preciso che non corrisponde alla percezione che si ha in Occidente.
O per lo meno in gran parte di esso: è infatti oramai risaputo l’atteggiamento estremamente problematico (al meno dal punto di vista dei consumi) di parte di quella che viene definita generazione dei Millennials.

Questa generazione è la più grande generazione della storia statunitense e sta raggiungendo l’età per i primi anni lavorativi e di consumo, il loro impatto sull’economia sarà importantissimo. I Millennials sono diventati giovani adulti durante un era di forte evoluzione tecnologica, globalizzazione e crisi economica. Questi fattori hanno dato loro un set comportamentale ed esperienziale fortemente innovativo.

Questa nuova generazione è più saggia e più istruita. Gestiscono nelle loro mani strumenti in grado di soddisfare tutti i loro bisogni. Sia che si tratti di movimento grazie a Uber o ordinare un burrito grazie a Seamless, la tecnologia è il loro modus operandi. Attraverso di essa stanno trasformando i pattern di consumo non solo nei modi, ma anche ignorando totalmente beni che per anni sono stati considerati assolutamente basici come la casa e l’auto di proprietà. In generale abbiamo un atteggiamento ben definito che sta spostando l’attenzione dal possesso di beni all’esperienza di vita, all’insegna di un’impermanenza filosofica senz’altro più paragonabile all’approccio (senz’altro agli antipodi in termini di capacità di spesa e ricchezza) dei coetanei del resto del mondo.

Se da qualche parte il mondo sta andando e si vuole pronosticare dove, questo punto di vista non può essere ignorato o contestato con tanta leggerezza, pena finire nell’irrilevanza storica di chi non ha capito cosa diamine stava succedendo a forza di essere circondato da tutte quelle persone fissate col cellulare.

Originally published at Argo.

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