Accessibili, usabili e inclusivi: per una progettazione etica dei servizi pubblici digitali

Come passare dalla teoria alla pratica grazie a Designers Italia

Mauro Filippi
Designers Italia

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di Mauro Filippi, esperto di service design
e Federica Merenda, esperta di diritto ed etica dell’intelligenza artificiale

La trasformazione digitale negli ultimi decenni ha facilitato e supportato l’epocale passaggio dall’economia centrata sul prodotto a quella centrata sul servizio: l’importanza dell’esperienza dell’utente ha gradualmente sostituito la centralità del possesso dei prodotti. Questo processo, di pari passo allo sviluppo della progettazione dei servizi come vera e propria disciplina, nasce nell’ambito del privato e si struttura prevalentemente in conformità alle logiche e alle finalità di mercato. Oggi, però, la creazione di servizi digitali riguarda in misura sempre maggiore anche il settore pubblico. Con grandi sforzi e investimenti, le istituzioni pubbliche hanno infatti intrapreso un percorso di adeguamento e di ottimizzazione dell’offerta di servizi, che mira a utilizzare il digitale come fattore abilitante per l’esercizio della cittadinanza, e internet come spazio d’azione comune e inclusivo.

Le finalità che caratterizzano la Pubblica Amministrazione come soggetto erogatore di servizi hanno così portato anche la disciplina della progettazione dei servizi a subire, nel tempo, opportuni adeguamenti e adattamenti. A differenza del privato, infatti, i servizi pubblici non sono destinati a un gruppo target che si vuole indirizzare verso l’acquisto tramite campagne di marketing dedicate, ma devono essere progettati in modo da risultare accessibili a tutte le persone — ovvero sia ai cittadini sia ai soggetti che, magari in via temporanea, hanno uno status particolare connesso alla fruizione di certi servizi, come la sanità e l’istruzione per chi è titolare di permesso di soggiorno.

Il settore pubblico ha pertanto imposto alla disciplina della progettazione dei servizi importanti cambi di paradigma e di modelli di riferimento, attraverso la rivisitazione di metodi, approcci e strumenti volti a sviluppare soluzioni abilitanti per l’esercizio di diritti e doveri collettivi, e non soltanto come frutto di scelte e necessità individuali.

Fruire un servizio pubblico non è una semplice scelta, ma equivale a esercitare un proprio diritto o un proprio dovere.

photo credit: Joshua Hoehne, via unsplash

Verso un design responsabile: l’amministrazione digitale come strumento chiave per i diritti umani

Il processo di trasformazione digitale delle pubbliche amministrazioni, attualmente in corso in molti Paesi del mondo tra cui l’Italia, che nel 2019 ha istituito un apposito Dipartimento per la trasformazione digitale, mira a utilizzare le tecnologie informatiche per rendere più facile, veloce ed efficiente l’accesso ai servizi pubblici, rafforzando così anche l’esercizio dei diritti umani e dei doveri democratici. Naturalmente, l’intero processo deve avvenire in linea con gli obblighi degli Stati rispetto alla protezione e alla promozione dei diritti e delle libertà fondamentali, sanciti a livello nazionale dalle costituzioni degli Stati democratici.

A livello internazionale, inoltre, i diritti umani sono identificati in fonti come la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, i due patti internazionali sui diritti civili e politici (ICCPR) ed economici e sociali (ICESCR), e nei numerosi trattati su categorie specifiche di diritti umani siglati di volta in volta dagli Stati, oltre che dal diritto internazionale consuetudinario. Infine, a livello sovra-nazionale, i diritti vengono garantiti da meccanismi regionali come la Convenzione Europea dei Diritti Umani (ECHR) e la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea.

L’erogazione di servizi pubblici digitali risulta così strettamente legata alla realizzazione dei diritti. La progettazione di interfacce digitali che rendano semplice l’interazione tra l’utente e la pubblica amministrazione è quindi cruciale nel far sì che tale soddisfacimento sia reso possibile per tutti e per tutte, senza discriminazioni basate ad esempio sul genere, sulle abilità fisiche e mentali, sull’età, sulla collocazione territoriale.

Per garantire il rispetto di tale principio di non discriminazione, i progettisti di servizi pubblici hanno pertanto sviluppato delle procedure e degli strumenti che possono, a loro volta, contribuire a migliorare eticamente anche la qualità dei servizi privati, in un processo di scambio virtuoso tra pubblico e privato.

photo credit: Hal Gatewood, via unsplash

Prevedere le conseguenze delle nostre decisioni: i principi di base per un design etico

Ma come tradurre i principi alla base dei diritti umani in soluzioni operative? Parlando di design responsabile, Victor Papanek, uno dei pionieri del design sociale e sostenibile, diceva:

mentre gli architetti e gli ingegneri risolvono problemi quotidianamente, i designer sono invece spesso pagati per crearne di nuovi.

La veste del problem-solver, del “risolutore di problemi”, che per tanti anni ha descritto il profilo dei tecnici e dei progettisti, ha spesso nascosto uno degli aspetti più utili e interessanti nell’intero ciclo del problem-solving, cioè quello del problem finding (o problem framing), ossia della definizione stessa del problema. La capacità di leggere in modo critico contesti e soluzioni, infatti, permette ai designer di scoprire e prevedere anche le incognite che non si sono ancora manifestate, oltre a quelle che potrebbero essere causate dalle soluzioni già applicate ai problemi di oggi.

Paul Virilio, filosofo e scrittore francese noto per le riflessioni sugli impatti delle tecnologie nei mondi dell’arte, dell’architettura e del design, scriveva nel suo Politics of the very worst:

quando inventi la nave, inventi anche il naufragio.

Una massima che riassume in modo chiaro l’impatto che ogni designer genera (più o meno coscientemente e più o meno responsabilmente) quando progetta un prodotto/sistema/servizio, e ne sottolinea la responsabilità nel dover prevedere eventuali conseguenze negative.

photo credit: Nick Jones, via unsplash

Così, anche il sito web di una Pubblica Amministrazione che non utilizza un linguaggio semplice e inclusivo, esclude o rende più difficile l’accesso a un servizio per alcune persone; allo stesso modo, un portale che non rispetta i livelli minimi di contrasto del testo per una lettura accessibile, o che non è ottimizzato per essere visualizzato su mobile, ha un impatto negativo sull’esperienza di fruizione di un diritto/dovere di alcune persone.

Questi esempi lasciano intuire quanto anche una ‘semplice’ interfaccia possa negare l’esercizio di un diritto a qualcuno, e quanto ogni designer debba quindi assicurare equità e giustizia nell’erogazione dei servizi pubblici digitali. In entrambe queste occasioni, per tornare a parlare di casi concreti, si potrebbe parlare di una violazione del principio di non discriminazione nell’accesso ai diritti. Un principio fondamentale, il cui rispetto da parte delle istituzioni è essenziale, come ribadito anche dal Manifesto per la Repubblica Digitale.

Molto spesso il mancato perseguimento di questi principi viene attribuito alla carenza di risorse e di tempo per un’opportuna progettazione, alla mancanza di professionisti qualificati o di sufficienti informazioni sul tema; tuttavia non vi può essere margine di tolleranza per giustificare il mancato rispetto dei principi di giustizia nei riguardi delle persone e la negazione dei loro diritti. Ed è con questo obiettivo che Designers Italia offre alle Pubbliche Amministrazioni e ai loro fornitori strumenti e linee guida per facilitare la progettazione di servizi digitali, impedendo così che sia la tecnologia a dominare i servizi, per fare in modo, invece, che siano i diritti a dominare le tecnologie.

Esempi di strumenti di progettazione proposti da Designers Italia: mappa degli attori; mappa dell’ecosistema; protocolli di ricerca; setting per workshop di co-progettazione; librerie UI design system.

Dalla teoria alla pratica: come applicare i principi nell’esperienza del quotidiano

Cennydd Bowles, designer inglese autore di Future Ethics, afferma che

il design è etica applicata

Nella sua visione ogni atto di design equivale a un’affermazione sul futuro. Ogni volta che un designer prende una decisione, sta contemporaneamente scartando tutte le infinite potenziali alternative, per cui l’unica prospettiva a indirizzarlo rimane l’etica. Ogni designer, infatti, dovrebbe sempre chiedersi se quello che sta progettando e che sarà realizzato potrebbe impattare negativamente su qualche soggetto, danneggiandolo, ferendolo, indebolendolo o discriminandolo.

I documenti politici e programmatici a livello nazionale e internazionale sul tema del digitale mostrano sempre maggiore sensibilità sul tema dell’etica della progettazione, ed è per questo che riportano sempre più spesso elenchi di principi e buone pratiche da calare poi nell’esperienza quotidiana.

Il Piano triennale per l’informatica nella pubblica amministrazione, ad esempio, propone un’ampia lista di principi utili per progettare responsabilmente: il principio Digital & Mobile First (predilezione per le soluzioni digitali e in special modo ottimizzate per la fruizione da smartphone), il principio Once Only (evitare di richiedere all’utente di fornire dati che ha già fornito in un precedente momento), il principio di Sicurezza e Privacy by design (tenere in considerazione il rispetto del GDPR non solo in fase di verifica finale ma anche e soprattutto nel momento stesso della progettazione), il principio del Transfrontaliero by design (attraverso la promozione dell’interoperabilità oltre i confini nazionali), e i principi Open source e Cloud First (che prevedono che il rilascio di ogni documento avvenga in formato open e che ogni servizio venga progettato in forma cloud native).

Ma come fare operativamente a trasferire tutti questi principi nella pratica? Come fare a garantire che tutti i servizi pubblici rispettino questi valori?

frame tratto dal talk Make me think: a responsible approach to web usability, tenuto da Mauro Filippi e Federica Merenda per il Dipartimento per la Trasformazione Digitale in occasione del World Usability Day, Roma 10.10.2021

Designers Italia, a partire da un framework di lavoro strutturato e un insieme di valori e principi fondativi, offre un sistema di strumenti pratici che guidano e supportano operativamente tutte le Pubbliche Amministrazioni e i loro fornitori nella corretta progettazione dei servizi pubblici. In particolare, ecco 5 domande e 5 strumenti concreti che possono aiutare ad essere progettisti responsabili:

1. come assicurare un approccio olistico/sistemico nella progettazione dei servizi?

Usando il kit Analisi del contesto che consente di ottenere una visione d’insieme dei fattori e delle variabili che influenzano l’erogazione e la fruizione del servizio pubblico digitale. Il kit ha l’obiettivo di supportare il progettista nel mettere a fuoco gli obiettivi e il perimetro del progetto, attività fondamentale per poi impostare in maniera bilanciata le successive fasi di ricerca e concettualizzazione.

2. Come applicare un approccio che sia human-centered?

L’approccio human-centered va mantenuto in tutte le fasi dell’iter progettuale (organizzare, comprendere, progettare, realizzare e validare). Tuttavia è imprescindibile metterlo in pratica soprattutto attraverso la fase di ricerca utente grazie, ad esempio, ai kit Interviste utenti e stakeholder e questionario online, ovvero grazie agli strumenti che permettono di comprendere il quadro di utilizzo del servizio e il punto di vista diretto dei suoi fruitori. Se le interviste consentono di approfondire il contesto e l’esperienza d’uso del servizio raccogliendo informazioni tramite i resoconti verbali di tutti i soggetti coinvolti, i questionari online consentono invece di raccogliere informazioni dagli utenti in maniera strutturata, così da poterle elaborare successivamente in modo quantitativo.

3. Come coinvolgere gli stakeholder e garantire un approccio partecipato?

Anche in questo caso il coinvolgimento degli stakeholder va garantito trasversalmente lungo tutte le tappe dell’iter progettuale. Ad ogni modo, è imprescindibile che almeno nella parte relativa all’ideazione tutti gli attori più rilevanti siano coinvolti attraverso workshop di progettazione. Per questo è possibile utilizzare il kit Co-progettazione che supporta la pianificazione e la facilitazione di sessioni di lavoro di gruppo, durante le quali diversi soggetti (progettisti, utenti, stakeholder della Pubblica Amministrazione ed eventuali rappresentanti di aziende private) vengono invitati a discutere le criticità esistenti e individuare insieme delle possibili soluzioni progettuali.

4. Come essere certi di essere pienamente open?

Una delle migliori pratiche è quella di consultare il Il catalogo del software open source a disposizione della Pubblica Amministrazione creato da Developers Italia, che include le soluzioni messe a riuso dalla PA ai sensi dell’art. 69 del CAD e il software open source di terze parti destinato alla PA. Inoltre, nella personalizzazione del proprio servizio e nell’adattamento alle proprie specifiche necessità, è utile e indispensabile l’utilizzo del kit Sviluppo Interfaccia, che offre librerie dedicate allo sviluppo di siti e applicazioni web con componenti open-source pronte per l’uso.

5. Come promuovere un miglioramento continuo attraverso un approccio iterativo?

Il miglioramento continuo si mette in pratica attraverso un’attività ciclica di test e di iterazione progettuale. Solo attraverso una validazione e valutazione costante delle soluzioni è possibile infatti ottenere feedback in modo strutturato, e partire da queste informazioni per creare i nuovi requisiti da soddisfare con un nuovo ciclo progettuale. A questo scopo, può rivelarsi indispensabile l’uso del kit Test di Usabilità che supporta l’organizzazione e la facilitazione di sessioni di osservazione diretta dell’interazione tra un utente e un servizio digitale. I test vengono svolti assegnando all’utente una o più attività da svolgere, e analizzando il suo comportamento nel portarli a termine.

Le cinque fasi del processo di progettazione proposte da Designers Italia: 1 Organizzare | 2 Comprendere | 3 Progettare | 4 Realizzare | 5 Validare

Iniziamo da oggi a progettare in maniera responsabile

L’High-Level Expert Group on Artificial Intelligence (HLEG-AI) della Commissione Europea ha creato uno strumento (ALTAI — Assessment List for Trustworthy Artificial Intelligence) per supportare le aziende e le organizzazioni nel processo di autovalutazione dell’affidabilità dei sistemi di intelligenza artificiale, riadattando alcune domande del capitolo relativo a Diversità, Non-discriminazione e Correttezza, ed espandendone l’ambito di applicazione al fine di valutare la qualità e, più in generale, l’affidabilità dei servizi pubblici digitali sviluppati o ancora in fase di sviluppo.

Di seguito riportiamo tre semplici quesiti, essenziali per una rapida autovalutazione dei propri servizi:

  • Il tuo prodotto/sistema/servizio risponde alla varietà di preferenze e abilità presenti nella società?
  • L’interfaccia del tuo prodotto/sistema/servizio è fruibile da persone con bisogni speciali, disabilità o a rischio di esclusione?
  • Il tuo prodotto/sistema/servizio è in grado di prevenire o evitare possibili impatti negativi sul potenziale utente finale e/o sull’ambiente?

Se anche per una sola di queste domande la risposta è negativa, allora è sicuramente consigliabile attivare un nuovo ciclo di progettazione per migliorare l’impatto dei servizi messi a disposizione del cittadino.

Buon lavoro!

[nota]

l’11 Novembre Designers Italia ha partecipato con un talk al WUD (World Usability Day), format internazionale sviluppato in più di 200 città del mondo, dedicato al tema dell’usabilità. Ogni anno la giornata unisce professionisti, ricercatori e amatori per l’approfondimento di buone pratiche, l’aggiornamento nel campo del design e lo scambio di opinioni tra i membri della community. Quest’anno il tema proposto è stato ‘Design our online world: trust, ethics and integrity’ (Progettare il nostro mondo online: fiducia, etica e integrità). Focalizzandosi sul tema dell’etica gli autori hanno proposto un contributo dal titolo Make me think: a responsible approach to web usability (Fammi pensare: un approccio responsabile all’usabilità del web), che rivisita provocatoriamente il titolo del famoso testo del designer americano Steve KrugDon’t make me think: a common-sense approach to web usability’ (Non farmi pensare: un approccio di buon senso all’usabilità del web).

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