Festival di Sanremo, è tutta una questione di schemi (director’s cut)

Giorgia Olivieri
6 min readFeb 8, 2016
1972. Mike Bongiorno, Paolo Villaggio e Sylva Coscina ©Ansa.it

Per ragioni di spazio, l’intervista a Eddy Anselmi è apparsa ridotta su un portale con cui collaboro. Siccome si tratta di un pezzo a mio avviso ricco di aneddoti, spunti, curiosità e ghirigori che piacciono a noi appassionati, la pubblico qui senza sforbiciate. Vi auguro una buona lettura che vi impegnerà qualche minuto che non quantifico. Non sono mica Vanity Fair!

Festival di Sanremo 2016 al via. Ai blocchi di partenza, Carlo Conti con la sua squadra: al suo fianco, in qualità di co-conduttrice Virginia Raffaele, il ruolo della valletta tradizionalmente intesa è affidato alla bellissima Madalina Ghenea e, scelta abbastanza inusuale, sul palco salirà anche un bellissimo, Gabriel Garko, che si smarca subito e dice ai cronisti “non chiamatemi valletto”. Per ripercorrere gli “schemi” (come li chiama lui prendendo in prestito il lessico del calcio) della conduzione del Festival di Sanremo, abbiamo fatto quattro chiacchiere con Eddy Anselmi, giornalista e storico della manifestazione canora.

Eddy, c’è uno schema ideale?
No, non c’è una formula vincente. Il festival è uno show di canzoni e se reggono queste anche lo spettacolo regge. Lo spettacolo gioca negli spazi televisivi tra una canzone e l’altra, quindi è importantissimo il lavoro degli autori, rispetto alle scelte che fanno rispetto ciascun protagonista sul palco.

Gli schemi quindi li decidono gli autori.
Sì, più o meno, insieme ai direttori artistici e ai presentatori. Per fare degli esempi, pensiamo al Sanremo del 1998 condotto da Raimondo Vianello con Eva Herzigova e Veronica Pivetti. In quell’occasione non inventarono nulla che non si fosse già visto in “Stasera niente di nuovo”, una trasmissione Rai dei primi anni ’80 in cui Sandra battibeccava con una giovane Heather Parisi, così come la Pivetti interpretava il ruolo della bruttina gelosa nei siparietti con la bella modella ceca. O torniamo indietro nel tempo, nel 1972. Quella fu la prima volta che il Festival si sgessò: presentava Mike Bongiorno, Paolo Villaggio faceva il guastatore e poi c’era Sylva Coscina, lo stesso schema, mutatis mutandis, che ripropose Mike nel 1997 con Piero Chiambretti e Valeria Marini. La formula proposta quest’anno, lo schema del presentatore affiancato da due belle figure e una comica che fa ridere, che mi ricordi, non si era mai visto. Ma è un discorso di schemi: non importa il giocatore che hai, conta come stai sul palco e che parte reciti. In fondo è finzione.

Qualcuno ha avuto il coraggio di rompere certi schemi?
Chi fece davvero qualcosa di diverso fu Fabio Fazio nel 2000: con lui Ines Sastre, Teo Teocoli e Luciano Pavarotti.

Per molti di noi il Festival ha lo schema presentatore e valletta-bionda e valletta-mora. Chi introdusse questo modello?
Fu Pippo Baudo nel 1995 quando condusse Sanremo affiancato da Claudia Koll e Anna Falchi. Loro erano vallette in piena regola. Ma non è sempre stato così, Baudo passa per quello che ha scritto l’alfabeto del Festival di Sanremo, quindi tutti hanno cercato di copiare quel modello.

Ma qualche anno prima Baudo non era circondato da donne? Vallette anche loro?
Nel 1992 volle con sé Milly Carlucci, Brigitte Nielsen e Alba Parietti: una che non sbaglia un colpo, una che era la diva del momento e un’altra imponente nella sua avvenenza. La sua idea era quella di qualcosa di cui parlare al pubblico a casa, nella testa di Baudo quindi una sorta di tv interattiva ante litteram.

Chi fu la prima donna che salì sul palco del Festival?
Maria Teresa Ruta
nel 1955.

Ma come è possibile?
Non era la Ruta che conosciamo noi ma la zia, una annunciatrice che di fatto era anche presentatrice.

Oltre a lei?
Mi viene in mente il caso di Nicoletta Orsomando che venne chiamata in extremis nell’ultimo Festival di Nunzio Filogamo. Con lui c’erano due attrici di grido nel 1957, Marisa Allasio e Fiorella Mari, che sullo schermo erano doppiate: un conto quindi girare un film, un altro è stare su quel palco. La Orsomando salvò la situazione e le altre si limitarono poi a portare i fiori.

Quindi nel passato, le donne erano molto di più che vallette come le intendiamo noi adesso.
Assolutamente, la valletta presentava.

Chi fu invece la prima conduttrice donna? Loretta Goggi?
In realtà il primo festival presentato da donne risale al 1961. A condurlo furono chiamate due attrici, Lilly Lembo e Giuliana Calandra. Ma se passiamo ai tempi del Sanremo a colori, allora sì, è Loretta Goggi nel 1986, insieme a tre di Discoring, due dei quali uomini, Sergio Mancinelli e Mauro Micheloni.

Tornando al Sanremo di quest’anno, Garko quindi valletto o co-presentatore?
Sulla carta direi che è più valletto, se ci pensiamo sarebbe un’operazione che funzionerebbe di più, ma tutto dipende dal ruolo che avrà sul palco dell’Ariston e dal copione che gli autori hanno in serbo per lui. Di attori come Garko però ce ne sono stati tantissimi. Andrea Giordana condusse il festival nel 1983 insieme alle tre ragazze di Discoring Isabel Russinova, Emanuela Falcetti e Anna Pettinelli. Lui fu impeccabile ma troppo ingessato. Prima di lui sono passati dalla città dei fiori Enrico Maria Salerno, Gianni Agus, Carlo Giuffrè, solo per fare qualche nome.

E Andrea Occhipinti.
Già. Anche se smise dopo poco, visto che probabilmente l’attore non era il suo mestiere. Nel 1991 presentò il Festival con Edwige Fenech, con testi che non stavano in piedi e quando Occhipinti provò a improvvisare andò ancora peggio. In quel caso sembravano l’uno la valletta dell’altro, nessuno dei due poteva essere definito presentatore. A mio avviso, fecero peggio loro che i famosi “figli di” nel 1989.

Come dimenticare.
In realtà i figli d’arte (Danny Quinn, Gianmarco Tognazzi, Rosita Celentano e Paola Dominguin) erano stati scelti in qualità di giovani chiamati ad affiancare un padrone di casa. Lo stesso schema di Giordana e Loretta Goggi insieme ai ragazzi di Discoring, ma nel caso dei “figli di” il presentatore saltò e loro si ritrovarono il Festival addosso. Nessuno era capace di sostenere il palco, tra di loro l’unico che si salvava era Tognazzi. Bisogna considerare anche che a quei tempi la musica era la vera protagonista e gli schemi contavano molto meno…

Tra le vallette chiamiamole moderne, qualche commento?
Secondo me la peggiore è stata Federica Felini con Bonolis ma anche Ivana Mrazova, sul palco con Gianni Morandi e Rocco Papaleo non scherzava. E per quanto riguarda Belen, tutti a dire che era brava ma in realtà non si atteneva mai al suo copione e faceva sue le battute della Canalis sembrando più spigliata della collega. Ma quella non è bravura.

Qualche anno fa però in realtà si videro degli uomini nelle vesti di valletti. Molte di noi si ricordano bene David Gandy…
Sì, li chiamò Bonolis, ma sono stati memorabili. Insomma, su di loro non sono stati cuciti dei ruoli particolari e poi ce n’era uno a sera.

Ma Madalina Ghenea, valletta o co-conduttrice invece?
Sulla carta mi piace perché è rumena e credo sia la prima rumena sul palco dell’Ariston. La presenza della Ghenea aiuterà a sfatare certi stereotipi e pregiudizi rispetto alla gente del suo paese d’origine.

Leggendo qua e là la Ghenea sembra anche una ragazza in gamba, magari riuscirà ad eclissare il suo collega. Potrebbe essere una rivincita per le donne.
La vera parità potrebbe essere raggiunta, secondo me, con una presentatrice e un valletto al suo fianco. Quello sì che sarebbe uno schema nuovo.

A proposito di schemi, ce n’è uno che non è mai stato sperimentato?Una formula che non si è mai vista è comico e spalla, immagino qualcosa alla Dean Martin e Jerry Lewis, molto semplice. Certo è che se mi devo immaginare qualche accoppiata che secondo me funzionerebbe, penso a un Carlo Conti e le Storie Tese oppure, perché no, Carlo Conti e Checco Zalone.

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Giorgia Olivieri

Giornalista, scrive quello che vede come se fosse al bancone del bar. Marchigiana, vive a Bologna da troppo tempo.