La sfida di Macron tra identità e appartenenza

Francesco Nicodemo
3 min readMar 24, 2017

“Viviamo tempi drammatici e la sfida non è più tanto tra destra e sinistra ma tra apertura e chiusura”. È solo una delle affermazioni fatte dal Macron a La Repubblica. La Francia tra il 23 aprile e il 7 maggio è chiamata a eleggere il suo prossimo Presidente. Emmanuel Macron, pur essendo stato tra le altre cose già Ministro dell’Economia tra il 2014 e il 2016 durante il secondo Esecutivo a guida Valls, è paradossalmente percepito come un outsider. Visto da qui, dall’Italia quello che più ci interessa e che in un certo senso ci riguarda è che il leader di En Marche nella sua corsa all’Eliseo mette l’Europa tra le priorità. Nell’anno del sessantesimo anniversario dei Trattati di Roma, nel periodo in cui la scarsa convinzione verso una gestione dell’Europa improntata all’austerità e basata prevalentemente su regole fiscali viene confusa con la messa in discussione del progetto europeo stesso, sapere che proprio in Francia ci sia un europeista convinto rincuora. “.. se siamo solo un po’ europei, se lo diciamo timidamente, abbiamo già perso” aggiunge ancora, e poi “Marine Le Pen vuole ricreare la conflittualità tra i Paesi europei, ma io sono nato in una zona piena di cimiteri militari e per me vale sempre la frase di Mitterrand: il nazionalismo è la guerra” Già perché il bivio è questo: aperura o chiusura, pro o contro Europa, conservatori o progressisti. Parole, solo parole, potrebbero pensare gli scettici ma Macron le parole le pesa e le distingue. Sa bene che una cosa è essere patrioti, essere orgogliosi dei propri colori e che altra è essere nazionalisti. “La battaglia che sarà condotta, è tra i patrioti che siamo noi e i nazionalisti del Front National!” si legge in un tweet del 23 marzo. Patrioti in grado di conciliare passato e futuro È consapevole del fatto che c’è differenza tra identità e appartenenza. “Più che il concetto di identità francese, io preferisco quella di appartenenza.” Ha scritto dal suo account Twitter il 9 marzo. Si è francesi o si può diventare francesi? Qui sta l’apertura, nell’essere accolti e nell’accoglierne la cultura, i precetti, i valori. Eppure i timori sono tanti, le paure legate a una società multietnica e multiculturale visti i tempi attuali esistono e non si possono ignorare. Secondo molti si rischia di soccombere all’altro, a chi viene da fuori, perdendo proprio quella identità nazionale su cui punta il Front National. Invece no, perché l’apertura è la ricchezza della cultura francese senza il rischio che quest’ultima venga dispersa o perda di consistenza, come scrive in un tweet del 17 marzo.

Le riflessioni di Macron su identità francese e appartenenza francese ci offrono il pretesto per pensare a questi stessi concetti declinati in chiave europea. Se l’identità è l’eredità delle radici da cui proveniamo, la casa in cui ci sentiamo unici e inconfondibili, l’appartenenza invece è la libertà di scegliere proprio quella casa in cui condividere valori fondanti e meritare l’eredità culturale che essa rappresenta. Quanto ci sentiamo europei? Quanto ne condividiamo i valori? Non è una domanda banale perché l’appartenenza si sperimenta soltanto in una dimensione collettiva, solo se si fa parte di un gruppo, condividendone valori, ideali, esperienze. L’Europa come gruppo esiste, siamo noi, popoli uniti non solo dai trattati, ma dalla storia e dai suoi insegnamenti. Qui si gioca il futuro che, nemmeno a dirlo, è un destino comune. Abbiamo un bagaglio da preservare, da riscoprire e soprattutto da valorizzare.

Come dice Macron, amiamo furiosamente l’Europa, ma rifondiamola, e in fretta.

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Francesco Nicodemo

Vedere tutto, sopportare molto, correggere una cosa alla volta (Bernard de Clairvaux)