Tutta colpa dei radical chic

Federico Iarlori
3 min readNov 10, 2016

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(Questo pezzo è uscito su Linkiesta)

Su Libération — quotidiano radical chic per eccellenza — un autore di libri per bambini che si dichiara über-bobo (super-borghese-bohème) ha finalmente deciso di sfogarsi pubblicamente: perché ci odiate così tanto? Lasciateci in pace! Da qualche anno a questa parte, in effetti, i bobo parigini (chiamateli benestanti di sinistra, chiamatela gauche caviar) sono sempre più nel centro del mirino. Di chi? Innanzitutto dell’estrema destra di Marine Le Pen, che su di loro ha costruito gran parte del suo successo elettorale, etichettandoli in pratica come quelli che “fanno i froci con il culo degli altri”; ma anche dell’estrema sinistra — ammesso che ne esista ancora una che abbia voce in capitolo — che, tra le altre cose, ne critica la vocazione consumistica e li accusa del progressivo imborghesimento dei quartieri più popolari della capitale.

Hillary Clinton hipster

Il fenomeno della caccia al bobo non è certo una peculiarità francese. Anzi. In questi tempi di crisi in cui la gente ne ha piene le scatole di tutto e rischia di essere sedotta dal populismo da quattro soldi del Salvini o del Trump di turno, sembra essere piuttosto alla moda anche in Italia. La crisi delle trasmissioni televisive cosiddette radical chic — che fine hanno fatto Daria Bignardi e Serena Dandini? — ne è uno dei sintomi più evidenti. Cosa sta succedendo?

Scrive Eric Senabre — il bobo di cui sopra — sulle pagine di Libération: “Sono un autore di libri per bambini e anche (un po’) giornalista; compro i miei cereali e il mio latte di soia nei negozi bio e preferisco fare la spesa nei piccoli negozi di quartiere e non nei supermercati; colleziono — e utilizzo — macchine fotografiche analogiche; bevo birra artigianale prodotta nei piccoli birrifici e spendo una fortuna in thé sfuso; ho scambiato il mio scooter per una bici […] E allora? Quale crimine ho commesso?”.

Nessuno, mi verrebbe da dire, se non fosse che conducendo una vita da borghese e votando a sinistra sei responsabile del totale sconvolgimento degli equilibri politici. In sostanza: se il Partito Socialista vince grazie ai tuoi voti — come è accaduto nel caso di François Hollande nel 2012 o degli ultimi due sindaci di Parigi Bertrand Delanoë e Anne Hidalgo — quando quel partito andrà al potere si occuperà in primis di soddisfare le tue priorità. Ovvero: quelle di chi ha soldi da buttare in un negozio di thé, mentre gli altri cercano quello meno caro al supermercato; di chi ha il tempo di farsi le passeggiate in bici e dilettarsi nell’immortalare uno scorcio della Senna con la sua reflex, mentre gli altri fessi lavorano; di chi — giustamente, per carità — vive slow, mentre gli altri corrono. Di che ci sorprendiamo, quindi, se poi le cosiddette “classi popolari” (forse il proletariato non esiste più, ma le classi popolari, fino a prova contraria, sì) votano il Front National di Marine Le Pen? E se il Front National è il primo partito di Francia e tu, in parte, ne sei responsabile, un piccolo crimine, secondo me, l’hai commesso. Ecco perché sono tutti un po’ incazzati con te.

E poi c’è quel fenomeno di cui parla Oliver Burkeman sulle pagine del Guardian: la teoria del confronto sociale. In pratica: chi ha propensione (spesso, in realtà, è questione di fortuna) a compiere una scelta etica — mangia bio, compra equo e solidale, si veste con tessuti naturali, non inquina — è insopportabilmente compiaciuto di sé e dunque irritante. Proprio come il secchioncello, il primo della classe che ti guarda dall’alto verso il basso e vuole spiegare a te, povero sfigato, come va il mondo. Lo è ancora di più quando quelle scelte etiche le fa per moda e non per senso civico.

Mi sembra un punto di vista ragionevole, no?

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