UGANDA 1950–1966. DALL’INDIPENDENZA AL COLPO DI STATO DI OBOTE

Il Ricercatore Storico
19 min readOct 29, 2023

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1950–1961 RIVALITA’ POLITICHE NEL PROTETTORATO.

L’Uganda si presenta agli inizi degli anni ’60 come un paese tormentato da scontri tra le varie etnie per accaparrarsi i primi posti della scena politica all’indomani della propria indipendenza, era anche lo scontro tra due tipi di generazione: una legata alle vecchie tradizioni e una più aperta alle idee democratiche che stavano circolando nel continente africano. Uno dei principali ostacoli all’idea inglese di uno stato con un forte governo unitario era il regno del Buganda governato dal Kabaka (Re) Edward Mutesa II, che chiedeva invece per il suo regno l’autonomia. Ben presto si ebbe nel territorio ugandese una polarizzazione politica tra i gruppi politici del Buganda e quelli contrari all’egemonia dello stesso. All’interno dello stesso movimento politico del Buganda si trovavano delle divisioni, principalmente di carattere religioso tra protestanti, vicini al Kabaka Mutesa II e al suo entourage, e cattolici riuniti nel Partito Democratico (PD) guidato da Benedicto Kiwanuka, che era il partito meglio organizzato del Protettorato. Nel 1960 emerse un nuovo partito il Congresso dei Popoli dell’Uganda (UPC) guidato da Milton Obote, di etnia Langi, che ben presto guadagnò numerosi sostenitori per la sua politica progressista e socialista.

Milton Obote e Edward Mutesa erano personaggi carismatici che dominavano la scena politica ugandese, il primo era venuto dal nulla e si impose per sue doti oratorie e fiuto politico, il secondo veniva dall’alto, grazie al suo sangue blu, ma tutti e due avevano un preciso e un comune obiettivo il potere.

Edward Mutesa II era il figlio del Kabaka del Buganda Daudi Cwa II, aveva frequentato le migliori scuole inglesi ed era un ufficiale dell’esercito inglese con il grado di capitano. Alla morte del padre viene incoronato Kabaka il 19 novembre 1942 all’età di diciotto anni.

Agli inizi degli anni ’50, il governo inglese aveva deciso di riunire i territori inglesi dell’Africa Orientale (Kenya, Uganda e Tanganica) in una federazione, ma gli africani si erano opposti per fatto che sarebbero caduti sotto il dominio della comunità bianca del Kenya, come stava succedendo in Rhodesia e nel Nyasaland. Il Kabaka Mutesa II avrebbe perso la poca autonomia che restava al suo regno, protestò presso l’amministrazione coloniale inglese guidata dal governatore Sir Andrew Cohen. Nel 1953 le proteste sfociarono in disordini e manifestazioni, il governatore Cohen cercò in una serie d’incontri con il Kabaka Mutesa II di rassicurarlo che il Buganda non avrebbe perso la sua autonomia, ma ciò non lo rassicurò, anzi appoggiato dal Consiglio del Buganda minacciò di proclamare la secessione. Il governatore Cohen spinto dall’intransigenza del Kabaka si appellò all’articolo 6 del trattato del 1900, nel quale il governo inglese poteva togliere il riconoscimento al Kabaka in carica. In breve, fu dichiarato lo stato di emergenza e il Kabaka Mutesa II fu arrestato ed esiliato a Londra, con l’ordine di non tornare in Buganda. Il Kabaka si stabilì all’Hotel Savoy in un esilio dorato, mentre i suoi sostenitori combattevano in modo pacifico per un suo ritorno. Il governatore Cohen cercò di sostituire Mutesa con un nuovo Kabaka, fu impossibile come contrastare le proteste della popolazione, la cui fedeltà a Mutesa era incrollabile. Una delegazione del Buganda fu ben accolta a Londra e nel settembre 1954 ripresero i negoziati tra rappresentanti bugandesi e inglesi che portarono all’Accordo del 1955, firmato dal governatore Cohen e dal Kabaka Mutesa II che pose fine al braccio di ferro tra il Buganda e il governo coloniale inglese, che trasformò il regno in una monarchia costituzionale, Il Kabaka abbandonò il suo dorato esilio e rientrò nel Buganda, accolto come un eroe il 17 ottobre 1955, senza aver fatto niente. Negli anni seguenti il Kabaka Mutesa II cercò per il suo regno di affermare il diritto all’autonomia e di essere il perno nel nuovo stato ugandese.

Milton Obote era nato in villaggio del Nord dell’Uganda e apparteneva all’etnia Langi. Dopo aver studiato all’università si trasferì per lavoro nel Buganda e poi in Kenya rimanendo coinvolte nelle lotte politiche locali per l’indipendenza. Rientrato in Uganda si unì al Congresso Nazionale dell’Uganda (UNC), un partito politico di ispirazione socialista legato alla Cina e all’Egitto, Obote viene eletto nel 1957 nel Consiglio Legislativo della Colonia. Nel 1959 fonda l’UPC che ben presto diventa un partito di riferimento sulla scena politica ugandese. L’UPC era partito di ispirazione socialista orientato verso il Panafricanismo e l’anticolonialismo militante, che si rifaceva alle idee politiche di Nyerere, il futuro presidente della Tanzania.

La conferenza di Londra, organizzata nel 1960 dal governo inglese, che doveva imprimere una svolta politica verso l’indipendenza e stabilire quale forma di governo fosse più appropriata, non portò a un nulla di fatto. Ma il governo inglese annunciè che nel marzo 1961 si sarebbero tenute le prime elezioni per eleggere i membri dell’Assemblea Nazionale. Queste elezioni erano un inizio per preparare gli ugandesi all’autodeterminazione.

Nel Buganda i sostenitori del Kabaka Mutesa II, delusi per non aver ottenuto l’autonomia, invitarono la popolazione, anche con metodi poco democratici, a boicottare le elezioni. Questo invito fu accolto principalmente dalla popolazione protestante, da dove provenivano la maggioranza dai sostenitori del Kabaka, mentre la maggioranza dei cattolici andò abbastanza compatta a votare; infatti, il PD ottenne 20 seggi dei 21 assegnati al Buganda. Con questo risultato il PD, nonostante avesse ottenuto meno preferenze rispetto all’UPC che aveva vinto le elezioni, riuscì ad ottenere la maggioranza dei seggi e Benedicto Kiwanuka divenne così il primo ministro con l’incarico di formare il primo governo ugandese.

Alquanto preoccupati dalla conquista del potere da parte dei rivali del PD, gli autonomisti e i conservatori del Buganda furono costretti a rivedere le loro posizioni politiche, dopo aver compreso l’errore per non avere partecipato alle elezioni, Con l’appoggio del Kabaka Mutesa si riunirono e fondarono un proprio partito; il Kabaka Yaka (KY), entrando da subito in contatto con le autorità coloniali inglesi, che prima avevano osteggiato, queste illustrarono ai leader del KY che l’Inghilterra caldeggiava per l’Uganda una forma di stato di tipo federale dove il Buganda poteva godere di certa autonomia, soprattutto se il KY sarebbe entrato nel governo.

Ma prima di arrivare a questo passo, il KY doveva sconfiggere il PD e prendere le redini del governo prima dell’avvento dell’indipendenza, dopo sarebbe stato più difficile sconfiggere il PD. Lo stesso pensiero girava nella testa di Milton Obote, leader del UPC, che per raggiungere lo scopo era pronto a qualsiasi compromesso, anche con il KY e il Kabaka Mutesa. Nel giro di poco tempo Obote raggiunse l’intesa con il KY, in cambio di una alleanza strategica per sconfiggere il PD, accettava il diritto del Buganda di avere statuti speciali all’interno del futuro stato ugandese, che il Kabaka Mutesa poteva nominare direttamente i rappresentanti all’Assemblea Nazionale e che lo stesso potesse avere la carica di presidente dell’Uganda, una carica poco esecutiva, ma che sveva una grande importanza cerimoniale tra i Buganda.

1962–1964 I PRIMI ANNI DELL’INDIPENDENZA E LA CREAZIONE DELL’ESERCITO UGANDESE.

Nel 1962 con l’Uganda Independence Act, l’Inghilterra garantiva l’indipendenza del Protettorato dell’Uganda. In aprile si tennero le elezioni definitive per l’Assemblea Nazionale, l’asse UPC -KY ottenne la maggioranza dei seggi: 43 all’UPC, 24 al KY e 24 al DP. Milton Obote divenne il primo ministro, fu incaricato di formare il nuovo governo.

Il 6 ottobre l’indipendenza era definitiva, nasceva lo Stato dell’Uganda, una federazione dei regni che avevano costituito il protettorato inglese, dei quali il regno del Buganda governato dal Kabaka (Re) Edward Mutesa II era quello egemone.

La carica di presidente era detenuta dalla Regina Elisabetta II, i cui ruoli costituzionali erano detenuti dal Governatore Generale dell’Uganda Sir Walter Coutts.

L’anno successivo con l’avvento definitivo della repubblica e l’approvazione della nuova costituzione, la carica di Governatore Generale viene abrogata e sostituita con quella di Presidente della Repubblica. Rispettando gli accordi presi, il primo ministro Obote e l’UPC appoggiano il KY per far eleggere come presidente il Kabaka Mutesa II, ciò avvenne durante la sessione parlamentare del 4 ottobre 1963. Il prestigio di Edward Mutesa aumentava, non era solo il Kabaka del Buganda ma il Presidente di tutti gli ugandesi, una carica prestigiosa, ma con pochi poteri a disposizione, che poteva oscurare in popolarità il Primo Ministro. Per Obote, in quel frangente, il pericolo maggiore non era il presidente Mutesa, ma di tenere insieme il paese, combattere il tribalismo che minacciava il nuovo corso sociale e il banditismo. Obote aveva bisogno di forza militare adeguata, ma principalmente fedele ai vertici dello stato, rappresentare il simbolo della sovranità nazionale e proteggere i confini dalle turbolenze politiche che in quegli anni minacciavano la stabilità dei nuovi stati dell’Africa Centrale

L’unica forza militare presente nel paese all’indomani dell’indipendenza era il 4° King’s African Rifles (KAR) composto da 700 soldati comandati da ufficiali inglesi, con l’indipendenza il 4° KAR fu rinominato 1° Battaglione Fucilieri dell’Uganda (BFU), primo nucleo dell’esercito nazionale, ufficialmente nato il 1° agosto 1962.

Il primo comandante in capo fu il maggiore Augustine Karubaga, uno dei pochi ufficiali africani in servizio e raccomandato dal comando inglese, ma il primo ministro Obote non si fidava di lui, probabilmente perché troppo legato all’Inghilterra e non appartenente alla etnia Langi, Obote optò per il suo licenziamento, preferendo promuovere ufficiali inferiori, ma provenienti dalla etnia Langi o alleate, ma questi non erano ancora pronti per un incarico così delicato, alla fine fu costretto a fare affidamento a ufficiali inglesi, il colonello Tillet prese il comando dell’esercito ugandese. Ben presto il 1° BFU fu potenziato e portato a 1.500 effettivi, con prevalenza di reclute dell’Uganda Settentrionale. Le prime operazioni furono rivolte a contenere i continui scontri lungo il confine col Kenya tra le popolazioni Karamoja e Turkana a causa delle razzie di bestiame. Parte del 1° BFU fu inviato a reprimere il Movimento Rwenzururu nel regno di Toro. Il movimento era formato da guerrieri delle tribù dei Konjo e Amba, era stato creato negli anni ’50 per chiedere al governo coloniale inglese di creare un distretto separato dal regno di Toro, la richiesta era stata respinta; quindi, iniziò una guerriglia a bassa intensità, controllata dalle autorità inglesi. Con l’indipendenza dell’Uganda il Movimento Rwenzururu aveva ripreso slancio e reclamava la creazione di un regno indipendente. Il Movimento guidato da Isaia Mukirania nel 1962 aveva proclamato la secessione, le milizie del regno di Toro erano intervenute per reprimerla, l’anno successivo in seguito ai continui scontri che avevano causato decine di morti tra popolazione civile, il primo ministro Obote decise di intervenire inviando una parte dell’esercito a sostegno delle milizie di Toro, la durissima repressione si concluse nel giugno 1964 e costrinse i ribelli a ritirarsi sulle falde inaccessibili del monte Rwenzori, riportando una certa calma nella regione.

La crisi del Congo ex — Belga e i disordini politici in Ruanda e in Burundi, crearono una certa apprensione per il primo Ministro Obote che potevano influire negativamente anche in Uganda. Infatti, alcune bande di ribelli ruandesi sconfitte dall’esercito regolare sconfinarono in territorio ugandese, l’esercito intervenne e in alcuni scontri furono uccisi e catturati numerosi guerriglieri. Per la questione congolese, Obote, rimase fedele alle sue idee progressiste e anticolonialistiche, decise schierarsi con il governo di Lumumba contro la politica secessionista di Ciombé, collusa con gli interessi del Belgio, e dopo la morte di Lumumba al governo lubumbista di Stanleyville presieduto da Gizenga. Obote per fronteggiare queste minacce decise di potenziare l’esercito. Nel 1963 fu creato il 2° BFU, grazie anche al sostegno israeliano. Obote aveva cercato di ridimensionare la dipendenza dall’Inghilterra, allargando le relazioni con altri paesi, già dal 1962 furono stabilite relazioni con Israele e l’anno successivo fu firmato un accordo di aiuti e di assistenza, in campo militare Israele avrebbe appoggiato il potenziamento dell’esercito e la creazione di una aviazione militare, con la costruzione di un aeroporto militare a Entebbe, mentre nel campo civile gli israeliani iniziarono la progettazione di strade e infrastrutture di cui l’Uganda mancava.

Il 1964 iniziò in una grave crisi, che coinvolse anche altri stati dell’ex Africa Orientale Inglese.

In gennaio scoppiò la rivoluzione a Zanzibar, le forze armate deposero il sultano e fu proclamata la repubblica. La rivoluzione era stata orchestrata da gruppi nazionalisti panafricani che non volevano più sottostare al potere secolare della nomenclatura araba, era la rivincita della popolazione nera. La rivoluzione di Zanzibar ispirò la rivalsa della popolazione nera dell’Africa orientale verso tutte le dominazioni straniere, al grido: l’Africa agli africani, la categoria che più rimase influenzata furono le forze armate del Tanganica, del Kenya e dell’Uganda che lamentavano una lentezza nella africanizzazione dei propri quadri; infatti, questi tre eserciti erano ancora comandati da ufficiali inglesi, e chiedevano migliori condizioni economiche e sociali. Da subito l’opinione pubblica occidentale, principalmente inglese e americana, etichettò questi disordini come il tentativo comunista di penetrare nell’Africa Orientale, non ci furono prove tangibile di un coinvolgimento comunista nelle rivolte, era principalmente tentativi di migliorare la qualità di vita dei soldati e le giuste pretese di avanzamento degli ufficiali africani.

In Uganda, la rivolta scoppiò a metà gennaio, ma già a dicembre 1963 i soldati avevano chiesto al governo migliori condizioni e un aumento della paga. Il governo cercò di prendere tempo. Lo spostamento di alcuni reparti verso la capitale Kampala iniziò a mettere in apprensione il governo. Il 23 gennaio, il 1° BFU si ammutinò, gli ufficiali inglesi e le loro famiglie furono imprigionati e i rivoltosi occuparono la città di Jinja dove era di stanza il reparto. Il primo ministro Obote saputo della rivolta inviò a trattare con i rivoltosi il ministro della difesa Felix Onama, ma fu anch’egli messo agli arresti. L’alto commissario inglese Sir David Hunt convinse il primo ministro a chiedere l’aiuto delle truppe inglesi per sedare la rivolta. Dal Kenya giunsero reparti dei reggimenti Scottish Guards e Staffordshire, ma prima che potessero intervenire la rivolta era già rientrata, il ministro Onama aveva accettato le richieste dei rivoltosi; aumento della paga, l’africanizzazione dei quadri di comando che furono poi ratificate dal governo. Poche furono le azioni del governo per punire i principali responsabili della rivolta: alcuni furono imprigionati, mentre 300 furono congedati per poi essere reintegrati. Dopo pochi giorni, Shaban Opolot fu nominato comandante e capo di stato maggiore dell’Esercito Ugandese, Idi Amin Dada comandante del 1° BFU e Suleiman Hussein comandante del 2° BFU, gran parte degli ufficiali inglesi furono congedati, infine gli ufficiali ugandesi passarono da 18 a 44 e il comando dell’esercito fu spostato da Jinja a Kampala. Dopo la fine della rivolte, il primo ministro Obote aveva intuito che l’esercito era fondamentale per il paese, ma aveva anche dimostrato che poteva essere una fonte di instabilità per lo stesso, pertanto nell’aprile del 1964 istituì una forza paramilitare militarizzata che poteva essere utilizzata come intelligence interna e come un reparto di guardie del corpo per proteggere il governo, fu chiamata Servizi Generali Uniti (GSU) e interamente costituito da elementi di etnia Langi, la stessa del primo ministro e di numerosi rappresentanti governativi, era guidato da un parente di Obote, Akena Adoko e la cui forza salì ben presto a 800 uomini, addestrati dal Mossad israeliano. In luglio le unità inglesi si ritirarono dall’Uganda, Obote iniziò a ridurre la cooperazione con l’esercito inglese che considerava troppo influente e rafforzò quella con Israele, ponendo le basi per la costituzione di reparti corazzati. La politica britannica sull’Uganda iniziò a sgretolarsi, Obote iniziò una serie di mosse che porteranno, nel corso degli anni, a nazionalizzare le banche e altre imprese commerciali, iniziando così quello che in seguito fu chiamato “spostamento a sinistra”, eliminando del tutto l’influenza inglese sullo stato ugandese.

1964–1965 LO SCONTRO OBOTE — MUTESA

Un’altra crisi più complessa si profilava all’orizzonte per l’Uganda. Gli inglesi avevano lasciato al nuovo stato un problema politico irrisolto e alquanto spinoso che riguardava le contee di Buyaga e Bugangaizi che un tempo appartenevano al regno di Bunyoro, ma con il trattato del 1900 passarono al regno del Buganda. Il regno del Bunyoro non aveva mai completamente accettato la perdita di questi due contee, l’accordo del 1933 tra il governo coloniale inglese e il regno di Bunyoro portò a un nulla di fatto sul ritorno delle due contee. Alla vigilia dell’indipendenza, una commissione inglese stabilì che le rivendicazioni del Bunyoro erano legittime, ma le autorità coloniali non volevano intervenire per non irritare le autorità del regno di Buganda. Quindi il problema passò al governo di Obote, per due anni la questione delle due contee rimase congelato, ma nel 1964 ritornò alla ribalta, il primo ministro voleva mettere in difficoltà i rivali del Buganda. Il 25 agosto Obote presentò al parlamento una proposta per risolvere il problema attraverso un referendum popolare, che fu approvata. Allo stesso tempo, questa mossa provocò una fibrillazione all’interno della coalizione di governo, il KY con l’appoggio del presidente Mutesa non voleva cedere le due contee, mentre Obote e gran parte del governo voleva il ritorno delle contee al Bunyoro, ma principalmente voleva un ridimensionamento dell’influenza del Buganda e dello stesso presidente. Il presidente Mutesa con i suoi seguaci cercò di influenzare il referendum, fecero in modo che un gran numero di Buganda si trasferissero nelle contee, ma Obote emanò un decreto con il quale potevano partecipare al referendum solo le persone che erano registrate per le elezioni nazionali del 1962. Allora i sostenitori di Mutesa cercarono di corrompere gli elettori. Il 24 novembre 1964 il referendum decretò che le contee di Buyaga e di Bugangaizi ritornassero al regno del Bunyoro, con un ampio margine. Nel Buganda, la sconfitta provò la caduta del governo locale e il potere fu preso dai conservatori che esortarono il presedente Mutesa a resistere a Obote, inoltre presentarono ricorso all’alta corte suprema dell’Uganda che fu respinto.

Quando il primo ministro Obote inviò i documenti per passaggio delle contee al Bunyoro, il presidente Mutesa si rifiutò di firmarli, dichiarando che non avrebbe mai ceduto terre che appartenevano al Buganda. I documenti furono firmati da Obote e il trasferimento fu ufficializzato il 1° gennaio 1965. Il conflitto finale tra Obote e Mutesa era iniziato.

La crisi del Congo come abbiamo accennato aveva coinvolto anche l’Uganda, Obote aveva appoggiato prima Lumunba e poi Gizenga. Con la salita al potere di Moise Ciombé, da sempre osteggiato da Obote considerato un burattino delle potenze neocolonialistiche, la situazione in Congo era peggiorata, la rivolta dei seguaci di Lumumba e del movimento Simba era esplosa nelle Regioni Orientali, Obote appoggiava la rivolta di Gbenye e di Soumialot. L’esercito ugandese creò basi e rifornì di armi i ribelli Simba. Ci furono scontri lungo la frontiera con i soldati congolesi durante tutto il 1964, aerei congolesi bombardarono i villaggi ugandesi vicino al confine credendoli basi dei Simba, Obote nel febbraio e nel marzo 1965 potenziò l’esercito creando due nuovi battaglioni che portarono l’esercito a oltre 4.500 soldati e fu costituita la 1° Brigata dell’esercito ugandese. In risposta agli attacchi aerei congolesi, le truppe ugandesi lanciarono una serie di attacchi in territorio congolese: a Bunia, a Mahagi nella regione del lago Alberto e nella regione del Ruwezori. In questo periodo scoppiò lo scandalo dell’oro, in marzo il deputato del KY Daudi Ocheng accusò in Parlamento il colonello Idi Amin Dada di detenere in un conto segreto oltre 350.000 scellini, denaro illecito proveniente dalle operazioni dell’esercito ugandese in Congo a sostegno dei ribelli di Gbenye e dal profitto di commerci poco chiari in oro, avorio e caffè sempre con contrabbandieri congolesi, il governo messo sotto pressione dal parlamento fu costretto a istituire una apposita commissione, ma fu ritardata dal fatto che il regolamento militare che richiedeva che l’accusa fosse formalizzata da un ufficiale superiore o eguale, solo il comandante dell’esercito Shaban Opolot era di grado superiore e nessun ufficiale ugandese aveva un grado equivalente, l’ufficio del procuratore designato a indagare volle rivedere tutti i regolamenti dell’esercito, provocando un notevole ritardo nell’inchiesta, inoltre, subì un ulteriore ritardo dal fatto che i numerosi guerriglieri congolesi che la commissione voleva interrogare si erano divisi in numerose unità e solo ad agosto il ministro della difesa Felix Onama poté interrogarne la maggior parte di essi. A settembre l’inchiesta era ancora in alto mare, pertanto il deputato Ocheng presentò una mozione al parlamento per sollecitare la commissione ad arrivare a una conclusione, il primo ministro Obote rassicurò il deputato che si stavano facendo progressi nell’inchiesta e la mozione fu ritirata. Obote sapeva bene che, se Amin Dada un suo protetto fosse stato incriminato poteva essere accusato di complicità e costretto a dimettersi.

Nel gennaio 1966, la commissione non aveva ancora completato il suo rapporto sullo scandalo dell’oro, Ocheng ripresentò al parlamento la mozione, nelle sue intenzioni il governo doveva per forza agire e dare delle spiegazioni. Il 31 gennaio; Obote convocò in segreto i parlamentari dell’UPC per spiegare i ritardi, Amin Dada aveva confermato che il conto era intestato a lui e che quei soldi provenivano da Gbenye e servivano per comprare armi e rifornimenti ai guerriglieri Simba. I parlamentari decisero che la mozione doveva essere respinta perché la questione riguardava informazioni sensibili per la sicurezza nazionale. Subito dopo Obote partì, per questioni non del tutto chiare, per il nord Uganda. Pochi giorni prima della sessione parlamentare del 4 febbraio, si riunì il gabinetto di governo senza Obote e senza metà dei ministri, i restanti si fecero convincere da Grace Stuart Ibingira a votare a favore della mozione. Grace Stuart Ibingira era il principale avversario di Obote nell’UPC, inoltre era segretario del partito ed era appoggiato dal presidente Mutesa, accumunati più per odio verso Obote che per affinità politiche. Infatti. il presidente Mutesa aveva colto al balzo che lo scandalo avrebbe potuto ridimensionare il potere di Obote e forse farlo cadere, ed era riuscito a convincere Ibingira, l’unico interno dell’UPC che abbastanza carisma per convincere i parlamentari maggioritari dell’UPC ad approvare la mozione.

Durante la sessione parlamentare del 4 febbraio, Ocheng rilancia le accuse su Amin Dada e allo stesso tempo accusa il primo ministro Obote, il ministro della difesa Onama e il ministro della pianificazione economica Adoko Nekyon di essere complici di Amin, rincarando la dose, secondo una fonte anonima, dichiara che Obote ha ricevuto per questi traffici illeciti 50.000 sterline, Onama e Nekyon 25.000 sterline ciascuno, che il denaro depositato sul conto dello scandalo era il compendo di Amin Dada quale organizzatore dei traffici, oltre al denaro gli era stato promesso di diventare capo dell’esercito, per finire Amin era probabilmente coinvolto insieme ad appartenenti del governo in probabile colpo di stato. Ocheng concluse la sua arringa dicendo che Amin se fosse stato processato avrebbe parlato e per questo che Obote aveva deliberatamente ritardato le conclusioni della commissione. Il parlamento approvo la mozione, con il solo voto contrario del deputato Kakonge. Il giorno successivo, il ministro della difesa Onama congedò provvisoriamente Idi Amin Dada, mentre il ministro degli interni Basil Bataringaya nominò una nuova commissione, il 15 Febbraio, finalmente Obote rientrò a Kampala e prese in mano la situazione, fece arrestare i membri della nuova commissione, tra i quali Ibingira, Emanuel Lumu, Balaki Kyria, Mathias Ngodi e George Magezi, eliminando in un sol colpo i suoi principali rivali con l’accusa di voler rovesciare il legittimo governo. Non contento accusò il presidente Mutesa di aver appoggiato i presunti golpisti. Obote non aveva digerito la dura reazione del Presidente Mutesa verso il risultato del referendum delle due contee. Il governo annunciò la sospensione di Mutesa da presidente dell’Uganda, per aver ordinato spostamento di soldati senza consultazione ministeriale e aver chiesto sostegno militare a potenze straniere, in pratica una accusa di alto tradimento. Mutesa protestò contro le azioni del governo, chiedendo anche l’intervento del Segretario generale dell’Onu U Thant. Il brigadiere Sharan Opholot capo dell’esercito ugandese e fedele a Mutesa, gli aveva consigliato di far arrestare il primo ministro Obote, ma Mutesa per paura di innescare una guerra civile aveva rifiutato, Obote in seguito destituì il Brigadiere Opholot nominandolo capo di stato maggiore della difesa, un titolo puramente formale, sostituendolo con il colonello Idi Amin Dada come comandante dell’esercito e dell’aereonautica. Obote designò una nuova commissione che completò la sua inchiesta solamente nel 1971 e immancabilmente non trovò prove di alcun illecito.

1966 — OBOTE AL POTERE

Il 2 marzo, il primo ministro Obote con l’appoggio dell’esercito e della polizia assunse i pieni poteri. Un golpe che presenta due fatti insoliti: il primo consiste che il capo del governo attacca lo stato, in pratica contro se stesso, il secondo che Obote fa il golpe da solo, in nome di se stesso. In aprile impose al parlamento una nuova costituzione, si autoproclamò presedente esecutivo col motto “un solo paese, un solo parlamento, un solo governo, un solo popolo”, pose fine alla posizione previlegiata del Buganda, in pratica veniva eliminata la federazione dei regni, i capi locali e gli amministratori non eletti venivano destituiti, i vari sistemi giudiziari locali venivano dichiarati decaduti, infine i monarchi locali non potevano più detenere incarichi ufficiali, Mutesa veniva così a perdere le prerogative politiche nazionali. Nel Buganda, la maggior parte dei dignitari non abbandonò il proprio posto, anzi invitarono la popolazione a ribellarsi. Mutesa ricorse all’ONU e all’Inghilterra, intanto fece arrivare dall’Europa un carico di armi per armare i suoi seguaci e reagire a quello che in pratica era un colpo di stato. Obote inviò un ultimatum al Buganda: entro il 30 maggio tutti i funzionari non eletti dovevano abbandonare i loro posti. I seguaci di Mutesa eressero alcune barricate in alcune vie di Kampala, in modo da resistere all’imminente attacco dell’esercito. Obote non attese la scadenza dell’ultimatum, il 22 maggio Obote convocò una riunione segreta con il ministro della difesa, il ministro degli interni e il comandante della polizia, si prese la decisione di far intervenire l’esercito e di procedere all’arresto dei principali oppositori Buganda. il 23 maggio, tre influenti capi Buganda furono arrestati e fu imposto il coprifuoco nel regno, dall’alba al tramonto, fu convocato al palazzo del governo il colonello Idi Amin Dada e Obote gli ordinò di occupare il Palazzo Reale, posto sulla collina di Mengo.

Il giorno seguente al 1° BFU al comando del colonello Idi Amin Dada avanzò il Palazzo Reale, immediatamente iniziò un furioso combattimento tra i soldati e le guardie del palazzo, Mutesa lanciò un proclama per una insurrezione in tutto il Buganda. Gli scontri avvennero principalmente a Kampala, proseguirono per due giorni, alla fine la resistenza fu vinta, dopo 12 ore di combattimenti, e il Palazzo Reale fu occupato e le principali barricate furono eliminate. Mutesa riuscì a scappare e con un taxi sì rifugiò nella cattedrale di Rubaga, dove fu accolto dai canonici, da qui raggiunse la contea di Busiro, dove i capi locali lo aiutarono a raggiungere il Buganda occidentale. Sempre braccato dai soldati di Amin, dopo alcuni giorni passò la frontiera col Burundi raggiungendo Bujumbura, per poi rifugiarsi finalmente a Londra. Alla fine dei combattimenti non ci fu un rapporto ufficiale del numero dei caduti nella battaglia di Mengo e dei vari disordini nel Buganda, più fonti dichiararono che i morti erano più di mille morti, La Tanzania del Presidente Nyerere inviò alcune unità militari alla frontiera con l’Uganda, pronte ad intervenire in appoggio di Obote in caso di sollevazione generale in Buganda. Non ci fu una sollevazione generale, per alcuni giorni l’esercito pattugliò la capitale, poi la calma ritornò in tutto il paese. L’autonomia del Buganda e dei regni era finita, iniziava così una nuova era per l’Uganda, non certo più felice e tranquilla. Edward Mutesa nel 1969 morì in esilio a Londra per aver bevuto troppo alcool, questa fu la versione ufficiale, probabilmente fu avvelenato da agenti dai servizi segreti di Obote.

BIBLIOGRAFIA

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A State of Blood. The Inside Story of Idi Amin — Henry Kyemba — Paddington Press, Ltd.

Se Tutta l’Africa — Ryszaet Kapuscinski — Narrativa Feltrinelli.

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