ode ai pazzi

Gaetano Gorgone
4 min readDec 11, 2022

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a poco più di 202 decenni dalla presunta nascita di Yeshùa, per tutti Gesù, devi mostrarti un po’ pazzo per avere un minimo di credibilità. sì perché, le abbiamo viste pressoché tutte e la monotonìa, derivazione dal greco monòtonos, ovvero “uniformità di tono”, ci ha esageratamente annoiato. in una canzone fatta di bassi una nota acuta risalta all’orecchio di chi ascolta, e viceversa in una canzone dalle tonalità alte si farà nota-re la nota grave. l’essere pazzi per uscire dalla normalità e mettersi in mostra non è però il tipo di pazzia che fa per me. i pazzi veri sono quelli la cui pazzia è un arcano che risiede nel profondo io di ciascuno, ed è un arcano irrisolvibile anche per chi lo custodisce ogni giorno.

mi reputo un pazzo. uno di quei, pazzi.

uno di quelli talmente pazzi da pensare cose che facciano dire agli altri frasi del tipo: “come ha fatto anche solo a pensarci?”. noi siamo coloro a cui passano per la testa cose che non dovrebbero neanche prendere forma nella mente di un essere, cosiddetto, umano razionale. la Congiura dei Pazzi, avvenuta nella Firenze di fine XV secolo, fu una congiura architettata dalla famiglia de’ Pazzi, con l’appoggio del papato, nei confronti dell’egemonia dei Medici. solo dei Pazzi potevano anche solo immaginare di tentare di impensiere Lorenzo il Magnifico e la sua famiglia. fallirono, è vero, eppure fu l’unica congiura nella storia fiorentina a portare all’uccisione di un membro de’ Medici, Giuliano. solo dei Pazzi potevano riuscirci, Pazzi di nome e di fatto.

il fascino della pazzia è senza tempo, tant’è vero che se pensavo di essere il primo a tessere le lodi dei pazzi, mi sbagliavo di grosso. infatti, in un certo senso, già Miguel de Cervantes aveva scritto una sorta di “ode ai pazzi” nel suo capolavoro “El Ingenioso Hidalgo Don Quijote de la Mancha”, per tutti Don Chisciotte. in quello che è verosimilmente il più grande poema cavalleresco di tutti i tempi, veniva scritto:

A tutti gli illusi, a quelli che parlano al vento.
Ai pazzi per amore, ai visionari,
a coloro che darebbero la vita per realizzare un sogno.
Ai reietti, ai respinti, agli esclusi. Ai folli veri o presunti.
Agli uomini di cuore,
a coloro che si ostinano a credere nel sentimento puro.
A tutti quelli che ancora si commuovono.
Un omaggio ai grandi slanci, alle idee e ai sogni.
A chi non si arrende mai, a chi è deriso e giudicato.
Ai poeti del quotidiano.
Ai “vincibili” dunque, e anche
agli sconfitti che sono pronti a risorgere e a combattere di nuovo.
Agli eroi dimenticati e ai vagabondi.
A chi dopo aver combattuto e perso per i propri ideali,
ancora si sente invincibile.
A chi non ha paura di dire quello che pensa.
A chi ha fatto il giro del mondo e a chi un giorno lo farà.
A chi non vuol distinguere tra realtà e finzione.
A tutti i cavalieri erranti.
In qualche modo, forse è giusto e ci sta bene…
a tutti i teatranti.

e a me, aggiungerei, e a tutti quelli come me, che siamo un po’ tutte queste cose messe insieme tutte in una volta. a me che tante volte è stato detto di essere troppo giovane per fare qualcosa e invece l’ho fatta lo stesso. a noi che siamo costantemente troppo qualcosa o troppo poco qualcos’altro, ma ci proviamo lo stesso. menefreghisti? no. pazzi? si, ma a modo nostro. non c’è forse un po’ di pazzia in Rosa Parks che sceglie di sfidare un forte e minaccioso uomo bianco o non erano un po’ pazzi quei Mille che decisero di risalire l’Italia intera contro tutto e tutti?

ebbene sì, i pazzi hanno fatto la storia, o forse la storia è piena di pazzi, vedetela come volete. quelli però, sono pazzi straordinari, poi ci sono i pazzi i ordinari, quelli che la loro pazzia la vivono nella vita di tutti i giorni. sono quelli che impazziscono per lo spiraglio di luce che filtra da sotto la porta che distrugge la perfezione del buio totale, gli stessi che danno di matto per ogni ingiustizia del mondo, ma sanno benissimo di non poterle combattere tutte, e probabilmente di non poterne risolvere nessuna.

la pazzia trascende l’ordinario e lo straordinario, non è fatta da grandi o eclatanti gesti, vive anche e soprattutto nelle piccole cose. non ha uno scopo o un interesse, non ha una causa e non è una patologia, è un modo di essere. è la consapevolezza che “ci è arrivato” un mondo e una vita che sono così ma che potevano benissimo essere in infiniti altri modi e se sono così è per una serie altrettanto infinita di casualità. ma è una consapevolezza che, allo stesso tempo, questo possa essere l’unico dei mondi e l’unica delle vite possibili, che esclude tutte le altre possibilità, è, di fatto, una non-possibilità. contraddittorio e conciliante, questa è pazzia.

pazzia non è riconoscere che tutto possa essere, né riconoscere che tutto é ma c’è qualcosa che non è, pazzia è già riconoscere, pazzia è già la semplice azione, pazzia è fare, chi fa è pazzo. i non-pazzi subiscono la vita.

forse ho teorizzato la filosofia della pazzia, o forse sono solo un po’ pazzo, o forse, invece, dovreste essere un po’ più pazzi anche voi.

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